Alfonso Bonafede: niente taser per la Polizia Penitenziaria, forse in futuro
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INTERROGAZIONE PARLAMENTARE Alfonso Bonafede: niente taser per la Polizia Penitenziaria, forse in futuro 02/12/2018 

Rispondendo alla Camera ad una interrogazione del 1 agosto 2018 a prima firma della deputata reggiana Benedetta Fiorini (Forza Italia), il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede ha risposto il 28 novembre 2018 che “l’Amministrazione penitenziaria, pur avendo preso parte ai lavori del gruppo tecnico (istituito nel novembre 2017 presso l’ufficio per il coordinamento e la Pianificazione delle forze di polizia del dipartimento di pubblica sicurezza) ha ritenuto di soprassedere, in questa prima fase, alla sperimentazione della pistola elettrica in ambito penitenziario, ferma restando la possibilità di valutare possibili proiezioni future dell’impiego di tale dispositivo anche in tale delicato contesto”.

 

Atto Camera

Interrogazione a risposta scritta 4-00891
presentato da
FIORINI Benedetta
testo di
Mercoledì 1 agosto 2018, seduta n. 36
FIORINI, BIGNAMI e VIETINA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

con il superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari (Opg), l'intera struttura penitenziaria di Reggio Emilia è stata trasformata in casa circondariale – casa di reclusione e riorganizzata proprio per l'aumento delle molteplici difficoltà operative in cui è chiamato a operare il Reparto di Polizia Penitenziaria di Reggio Emilia;

le sezioni e le tipologie di detenuti gestiti nell'istituto penale di Reggio Emilia sono: una sezione accoglienza per detenuti nuovi giunti; quattro sezioni per detenuti comuni e media sicurezza fino a quattro 4 anni di custodia cautelare; una sezione con una diramazione interna di 3 sottosezioni per la gestione di detenuti comuni pericolosi, ex articolo 32 della legge n. 354 del 1975, recante l'ordinamento penitenziario, detenuti sottoposti a grande sorveglianza per il rischio suicidano e una per l'esecuzione dei provvedimenti disciplinari dell'esclusione dalle attività in comune; due sezioni dell'articolazione igiene e salute mentale; una sezione reclusione per condanna definitiva da 4 anni a salire, fino all'ergastolo; una sezione AS3 di detenuti partecipanti al cosiddetto processo Aemilia (12 imputati di ’ndrangheta sui quali gli agenti sorvegliano anche durante le udienze); una sezione AS3 femminile «Z»; una sezione per trans; una sezione per detenuti dimittenti; una sezione per detenuti semiliberi e lavoranti all'esterno; infine, dagli spazi dell'ex ospedale psichiatrico giudiziario sono state ricavate due sezioni dell'articolazione igiene e salute mentale, che raccoglie soggetti con problematiche;

il reparto di Reggio Emilia lamenta una carenza di risorse umane, meccaniche e tecnologiche per il supporto necessario a garantire maggiore sicurezza nella gestione di eventi pericolosi e per contrastare atti di aggressioni a cui si espone l'incolumità fisica e professionale di ogni singola unità di personale;

in merito, le cronache riportano alla mente due recenti e gravi episodi di aggressione che hanno messo a dura prova gli agenti: un tunisino che inneggiando all'Isis ha appiccato del fuoco nella cella; l'aggressione di un comandante da parte di un detenuto marocchino a rischio islamizzazione;

ad oggi, nella casa circondariale scontano la pena 370 detenuti – di cui il 68 per cento stranieri – e operano circa 170 agenti, invece dei 240 previsti. Si stima una mancanza di 80 agenti necessari per fronteggiare adeguatamente le azioni di controllo e repressione necessari nella struttura, se non a costo di 12 ore di lavoro quotidiano e riposi saltati. Si evidenzia, inoltre, che il 10 settembre 2018 ulteriori 7 unità saranno inviate nelle scuole di formazione e aggiornamento per partecipare al corso allievi per vice ispettori;

la situazione del carcere di Reggio Emilia non è un caso isolato in regione. Solo per fare un esempio, il 28 luglio 2018, nel carcere di Rimini, durante la messa, è scoppiata una rissa tra due gruppi contrapposti di albanesi e marocchini. Solo grazie all'intervento della Polizia Penitenziaria è stata sedata ma due ispettori sono finiti in ospedale;

dal 2016 al 2017, per i dati del sindacato Sappe, le aggressioni e colluttazioni sono aumentate notevolmente, passando da circa 8.500 a oltre 9.500;

il 6 luglio 2018, il primo firmatario del presente atto di sindacato ispettivo ha toccato con mano la situazione in cui opera la Polizia Penitenziaria durante una visita al carcere di Reggio Emilia –:

se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto sopra esposto;

quali iniziative abbia assunto e intenda assumere per garantire adeguati standard di sicurezza nelle strutture afferenti alla gestione del Ministero della giustizia;

quali iniziative si intendano mettere in campo per prevenire aggressioni a danno del personale carcerario, e se, anche alla luce di quanto illustrato, non ritenga di adeguare, nel più breve tempo possibile, gli organici della Polizia Penitenziaria del carcere di Reggio Emilia alle reali necessità dell'istituto;

se si intenda dotare il Corpo della Polizia Penitenziaria di nuovi strumenti, tra cui, monitor di videosorveglianza, spray urticanti, unità cinofile e, in particolare, Taser.
(4-00891)

Atto Camera

Risposta scritta pubblicata Mercoledì 28 novembre 2018
nell'allegato B della seduta n. 92
4-00891
presentata da
FIORINI Benedetta
Risposta. — Con l'atto di sindacato ispettivo in esame si chiede conto delle iniziative assunte dall'amministrazione in relazione a due gravi episodi di aggressione, uno posto in essere ai danni del comandante degli istituti penali di Reggio Emilia, dal detenuto Ouahrane Mohamed, già noto per azioni violente e individuato quale soggetto a rischio radicalizzazione, e l'altro riguardante l'incendio della cella da parte di un detenuto tunisino. Chiedono, altresì, di sapere quali misure siano state adottate per far fronte alla carenza di organico di personale di Polizia Penitenziaria presso gli istituti dell'Emilia-Romagna e se si intenda intervenire per innalzare gli standards di sicurezza anche dotando il Corpo di polizia di nuovi strumenti di vigilanza e difesa.
Vanno preliminarmente ricostruiti gli eventi verificatisi quali presupposto della richiesta dell'interrogante.
L'aggressione del comandante degli istituti penali di Reggio Emilia, per quanto comunicato dal dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, si è verificato l'8 giugno 2018, allorquando il medesimo si recava presso la camera di pernottamento del detenuto Ouahrane, al fine di tentare un dialogo con il medesimo che, poco prima, per futili motivi, aveva rivolto minacce al personale di Polizia Penitenziaria.
In particolare, non appena veniva aperta la camera, il detenuto si scagliava contro il comandante colpendolo con un pugno al volto e avvinghiandolo con una presa al collo e, solo il pronto intervento del personale addetto al piano, evitava che l'aggressione potesse avere ulteriori e più gravi conseguenze.
Il comandante aggredito, su richiesta del medico di guardia che assicurava le prime cure, veniva condotto per ulteriori accertamenti presso il locale pronto soccorso, da cui veniva dimesso con una prognosi di 15 giorni. Le tre unità di personale intervenute in ausilio del comandante, sottoposte a visita medica presso l'ambulatorio dell'istituto, riportavano, due di esse, 5 giorni di prognosi, e la terza 1 giorno.
La direzione avviava il procedimento disciplinare con immediata convocazione del consiglio di disciplina, che comminava, nei confronti dell'autore dell'aggressione, la sanzione della esclusione dalle attività in comune per 15 giorni.
Inoltre, in considerazione della gravità dell'accaduto e ritenuta l'opportunità che l'autore del grave gesto fosse allontanato dall'istituto, il provveditorato regionale disponeva, per ragioni di sicurezza, il trasferimento del detenuto presso il penitenziario di Fossombrone, chiedendo, contestualmente, alla direzione generale detenuti e trattamento di provvedere al trasferimento presso un istituto al di fuori del distretto. L'11 giugno, la predetta direzione disponeva il trasferimento del detenuto presso la casa circondariale di Catanzaro, eseguito il 23 giugno 2018, al termine della sanzione disciplinare inflitta.
Della vicenda veniva, altresì, notiziata la locale procura della Repubblica per le ipotesi delittuose di resistenza, oltraggio e lesioni aggravate.
Il detenuto Ouahrane, durante il periodo trascorso presso la casa circondariale di Catanzaro, si è reso autore di un episodio di «colluttazione» con altro detenuto, nonché di due atti di aggressione fisica ai danni del personale di Polizia Penitenziaria. In data 7 settembre 2018 il medesimo è stato assegnato presso la casa circondariale di Vibo Valentia ove, allo stato, si trova ristretto. Durante il periodo di detenzione presso la citata struttura penitenziaria, il detenuto si è reso nuovamente autore di atti di aggressione e minaccia nei confronti del personale di Polizia Penitenziaria.
Il ristretto ha dimostrato di essere un soggetto tendente alla violenza, turbolento e refrattario alla disciplina. Gli episodi di particolare gravità ai cui si è, reso responsabile evidenziano la sua pericolosità per i modi arroganti e minacciosi tenuti sia nei confronti di altri detenuti sia nei confronti del personale di Polizia Penitenziaria.
Il suo curriculum penitenziario è segnato da numerosi comportamenti contrari alle regole interne, con un progressivo peggioramento della sua condotta, tanto da richiedere la costante e particolare attenzione degli operatori penitenziari. In conseguenza degli eventi descritti, il detenuto, in data 15 ottobre 2018, è stato sottoposto al regime di sorveglianza particolare di cui all'articolo 14-bis dell'ordinamento penitenziario, per la durata di mesi sei.
Il secondo degli eventi critici sopra segnalati, è stato posto in essere dal detenuto Tebini Haitem, di nazionalità tunisina, che in data 16 giugno 2018, alle ore 21.40 circa, successivamente ad un litigio occorso con altra persona ristretta nella medesima sezione detentiva, dolosamente incendiava gli effetti personali ed i beni presenti all'interno della propria camera di pernottamento.
Il personale di Polizia Penitenziaria, malgrado la resistenza offerta dal detenuto ed il suo tentativo di impedire il tempestivo intervento degli agenti, riusciva a porre in essere le procedure di evacuazione di tutti gli altri detenuti presenti nella sezione e a domare, con l'utilizzo degli estintori, le fiamme che avevano già interessato gran parte dell'arredo e generato fumo che aveva invaso il corridoio della sezione medesima.
Il detenuto Tebini Haitem, tanto durante le concitate fasi di evacuazione e spegnimento dell'incendio, quanto in quelle successive, brandendo una lama da barba, minacciava gli operatori di Polizia Penitenziaria di compiere ulteriori azioni violente, auto ed etero dirette, pronunciando più frasi inneggianti all'Isis.
Alle ore 23.15 circa, anche a seguito dell'intervento del comandante di reparto, il detenuto desisteva dall'azione intrapresa, gettava la lama da barba posseduta ed accettava di sottoporsi al controllo medico delle proprie condizioni di salute.
Successivamente, al fine di prevenire danni a persone, nonché l'insorgenza di ulteriori disordini, veniva trasferito in camera individuale di altra sezione detentiva, ai sensi dell'articolo 78 del decreto del Presidente della Repubblica del 30 giugno 2000, n. 230.
Tutti i detenuti coinvolti, così come il personale di Polizia Penitenziaria intervenuto, sono stati visitati dal medico di turno, che non riscontrava particolari problematiche fisiche.
La direzione avviava procedimento disciplinare con immediata convocazione del consiglio di disciplina che comminava la sanzione della esclusione dalle attività in comune per 15 giorni. Del fatto, veniva, altresì, portata a conoscenza la locale procura della Repubblica per le ipotesi delittuose di cui agli articoli 336, 337, 341-bis, 423 e 635 del codice penale.
Considerata la gravità dell'accaduto nonché l'opportunità che l'autore del grave gesto fosse allontanato dall'istituto di Reggio Emilia, il provveditorato regionale in data 20 luglio 2018 disponeva, per ragioni di sicurezza, il trasferimento del detenuto presso il penitenziario di Bologna chiedendo, contestualmente, alla competente direzione generale di valutare la possibilità di allontanare il detenuto in un istituto al di fuori del distretto. Alla luce di tale richiesta il detenuto, il successivo 30 luglio 2018, veniva assegnato alla casa di reclusione di Padova.
Tanto rappresentato sulle vicende specifiche, preme rilevare, in via generale, come il fenomeno del verificarsi degli eventi critici, con particolare riguardo alle aggressioni ai danni del personale, sia alla costante attenzione del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria.
In tale direzione, il 12 giugno 2018, il capo del dipartimento ha diramato apposita circolare, con la quale, nell'esprimere vicinanza e solidarietà agli operatori, ha invitato i provveditori regionali, i direttori penitenziari e i comandanti di reparto a verificare l'effettiva adozione delle misure precauzionali – già indicate con circolare del 2015 – atte a preservare, innanzitutto, l'incolumità del personale.
In particolare, è prevista l'istituzione, nell'ambito delle unità operative, di un servizio di controllo, deputato a supportare il personale in servizio, e non solo al momento del verificarsi dell'evento critico; è altresì prevista, compatibilmente con le specifiche esigenze ricettive degli istituti, la creazione delle sezioni di cui all'articolo 32 del regolamento di esecuzione.
Nell'ambito di tali misure precauzionali, è altresì raccomandata, a fronte di episodi critici ai danni del personale, la prontezza della risposta dell'amministrazione sia sul versante disciplinare, attraverso la tempestiva convocazione del consiglio di disciplina, sia sul versante penale, in presenza di fatti integranti gli estremi di reato, da segnalare prontamente all'autorità giudiziaria.
E giova rilevare come, nelle vicende richiamate dagli interroganti, la risposta della direzione dell'istituto sia stata assolutamente tempestiva e in linea con le misure raccomandate.
Va poi aggiunto che, con la medesima circolare dello scorso giugno, il capo del dipartimento ha invitato l'ufficio per l'attività ispettiva e del controllo a proseguire nel periodico monitoraggio della situazione relativa agli eventi critici in argomento.
Da ultimo, con nota del 9 settembre 2018, è stata diramata apposita disposizione ai provveditori regionali, ai direttori degli istituti e ai domandanti di reparto affinché – in presenza di eventi critici di particolare gravità, tra i quali gli episodi di aggressione – sia assicurata tempestiva comunicazione al capo dipartimento dell'amministrazione penitenziaria per le conseguenti necessarie valutazioni e iniziative.
Certo non può negarsi, e veniamo all'ulteriore tema posto dagli interroganti, che la situazione presso gli istituti penitenziari di Reggio Emilia risulti aggravata dalla significativa carenza di organico.
Pur trattandosi, purtroppo, di un dato comune a molte strutture presenti sul territorio nazionale, a Reggio Emilia risultano in servizio 192 unità di Polizia Penitenziaria a fronte di una previsione in pianta organica pari a 240, registrandosi una carenza di organico pari al 20 per cento.
Considerato, poi, che la popolazione detenuta presente è di complessive 389 unità – a fronte di una capienza pari a 297 posti – il rapporto personale/detenuti, che mediamente si attesta sul 62 per cento risulta, nell'istituto in questione, particolarmente deficitario, essendo ridotto al 49,3 per cento.
Le carenze maggiori riguardano, in particolar modo, il ruolo dei sovrintendenti e degli ispettori, rispettivamente all'82,9 per cento e al 75,0 per cento.
A tale riguardo occorre, tuttavia, rilevare come l'amministrazione penitenziaria mantenga alta l'attenzione su tale istituto e, con l'obiettivo di colmare il gap esistente, ha previsto, una serie di interventi nella direzione oggetto della richiesta formulata dagli interroganti, sebbene la carenza di organico esaminata, tuttavia, lungi dall'essere peculiare dell'istituto in oggetto, è comune alla generalità degli istituti nazionali.
Invero, è prevista una correzione della situazione descritta con l'immissione in ruolo di 976 nuovi vice ispettori del corpo di Polizia Penitenziaria, nominati al termine del relativo corso di formazione già avviato. Quanto, invece, al ruolo dei sovrintendenti, sono già state attivate le procedure per il concorso interno a complessivi 2.851 posti per la nomina alla qualifica di vice sovrintendente del ruolo maschile e femminile del corpo di Polizia Penitenziaria, a seguito del decreto legislativo 29 maggio 2017, n. 95, in materia di revisione dei ruoli delle Forze di polizia. Per quanto riguarda, invece, il ruolo agenti-assistenti nell'istituto in argomento si registra un esubero pari al +2,3 per cento rispetto all'organico previsto (20 unità femminili +153 unità maschili), giusta previsione di cui al decreto ministeriale 2 ottobre 2017, come dettagliato con Pcd 29 novembre 2017. Si vuole, da ultimo, rilevare che Istituto de quo, tramite mobilità ordinaria dell'anno in corso, che si è definita nel mese di settembre 2018, è stata oggetto di un incremento di 9 unità maschili e 4 unità femminili, appartenenti alla qualifica degli agenti/assistenti del corpo.
Con riferimento, invece, al tema delle misure volte al contrasto della radicalizzazione di matrice jihadista, si evidenzia che, ormai da anni, l'amministrazione penitenziaria, attraverso il nucleo investigativo centrale della Polizia Penitenziaria, provvede allo studio del fenomeno del terrorismo internazionale, anche mediante il monitoraggio dei detenuti ristretti per tali reati e dei soggetti segnalati per rischio proselitismo e radicalizzazione violenta in ambito penitenziario.
Per tali ragioni, i soggetti imputati o condannati per il reato di terrorismo internazionale o per reati ad esso connessi sono inseriti nel circuito penitenziario alta sicurezza 2, che prevede la rigorosa separazione dalla restante popolazione detenuta e dagli altri appartenenti al medesimo circuito, al fine di evitare fenomeni di proselitismo.
In considerazione dell'innalzamento della minaccia terroristica, sono state poi adottate, nel corso degli anni, una serie di misure di controllo di carattere preventivo sempre più affinate, volte a contrastare il rischio di radicalizzazione violenta di natura confessionale e di proselitismo anche nelle sezioni di media sicurezza.
I risultati delle attività di controllo, monitoraggio ed osservazione sono condivisi con il comitato di analisi strategica antiterrorismo, con la direzione nazionale antimafia e antiterrorismo e, in presenza di fatti di rilievo penale, con l'autorità giudiziaria.
Coerentemente con tali misure di prevenzione, come riferito dal dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, il detenuto Ouahrane, dal 1° giugno 2017, è stato inserito tra i profili ad alto rischio radicalizzazione anche perché, sin dal suo ingresso nel circuito penitenziario, ha posto in essere comportamenti sempre più aggressivi, con gravi minacce al personale e atti di aggressione, tempestivamente comunicati alle procure della Repubblica di Parma, Piacenza e di Reggio Emilia, che, come riferito, in relazione a tali fatti hanno aperto dei procedimenti penali.
Il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria ha, inoltre, comunicato di aver segnalato il detenuto e le gravi condotte tenute al comitato di analisi strategica antiterrorismo per le determinazioni in ordine all'adozione di misure di prevenzione da applicare al termine della detenzione.
Relativamente, infine, alla possibilità di dotare la Polizia Penitenziaria di strumenti di difesa – premesso che è già prassi consolidata la previsione, negli istituti penitenziari, di impianti di videosorveglianza (impianto di recente implementato presso l'istituto di Reggio Emilia attraverso l'acquisto di un congruo numero di telecamere) e dell'utilizzo, allorquando necessario, di unità cinofile – si rappresenta, quanto all'uso della pistola taser, che l'amministrazione penitenziaria, pur avendo preso parte ai lavori del gruppo tecnico (istituito nel novembre 2017 presso l'ufficio per il coordinamento e la Pianificazione delle forze di polizia del dipartimento di pubblica sicurezza) – ha ritenuto di soprassedere, in questa prima fase, alla sperimentazione della pistola elettrica in ambito penitenziario, ferma restando la possibilità di valutare possibili proiezioni future dell'impiego di tale dispositivo anche in tale delicato contesto.
Alla luce di quanto rappresentato, le iniziative intraprese dimostrano dunque l'attenzione riservata all'istituto di Reggio Emilia e si inseriscono coerentemente nell'azione del Ministero della giustizia in tema di esecuzione penale, le cui linee programmatiche proprio l'11 luglio 2018 sono state illustrate dal Ministro dinanzi alle commissioni giustizia del Senato e della Camera.
Questo non significa che le cose vadano bene, la mancanza di personale nelle nostre carceri resta critica.
In tale direzione, partendo da una seria ed approfondita interlocuzione con tutti gli operatori coinvolti, l'impegno sarà quello di assicurare un decisivo miglioramento delle condizioni e del funzionamento del sistema penitenziario nel suo complesso, attraverso interventi incisivi anche sugli organici di Polizia Penitenziaria, con il duplice obiettivo di assicurare, da un lato, il pieno rispetto della dignità del detenuto in carcere, dall'altro, piena sicurezza e dignità lavorativa al personale di Polizia Penitenziaria, che quotidianamente continua ad adempiere con grande professionalità al proprio dovere.
Il Ministro della giustizia: Alfonso Bonafede.


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