Coniugi in prigione da un mese per la cambiale d'un televisore
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STORIA Coniugi in prigione da un mese per la cambiale d'un televisore 04/09/1973 

A Palermo - L'uomo, manovale, padre di sei figli, è stato scarcerato ; la moglie resta ancora alI'Ucciardone - Non hanno pagato il debito di cinquantamila lire. Un debito insoluto di 50.000 lire ha tenuto in carcere per un mese Giuseppe Paolozzi, un manovale di 35 anni, padre di sei figli. L'uomo, grazie a un cavillo procedurale, ha potuto lasciare oggi le carceri dell'Ucciardone, mentre sua moglie, Santina Lo Vito, di 27 anni, che deve rispondere dello stesso reato, rimane alle carceri delle Benedettine, in attesa che il difensore riesca ad individuare un nuovo appiglio alla sentenza di condanna.

Tutti e due, infatti, sono stati ritenuti in contumacia responsabili di appropriazione indebita di un televisore e condannati a 14 mesi di reclusione ciascuno, al pagamento delle spese processuali, alla rifusione del danno. La storia ha inizio nel marzo del '68 quando i coniugi Paolozzi acquistano presso il negozio Singer di Palermo un televisore rilasciando 24 cambiali di 12 mila lire ciascuna. Pagano il debito puntualmente sino a quando il capo famiglia lavora; poi, conseguenza della stanca del mercato edilizio, Paolozzi rimane disoccupato e le cambiali del televisore insolute. Cominca una prima procedura: i debitori ne hanno notizia, si accordano col venditore rilasciandogli un effetto di 50 mila lire, che pagheranno in coda a tutti gli altri.

Ma sono promesse che si fondano sul posto di lavoro fìsso divenuto, nella Palermo economicamente dissestata, quasi una chimera. Anche il cambialone va in protesto. Seconda «procedura»: questa volta, però le missive raccomandate di intimazione tornano indietro. I Paolozzi hanno cambiato casa. Sul televisore, per la sfortuna, era stata apposta clausola del riservato dominio, il che significa che il bene diventa di proprietà dell'acquirente solo dopo che ha saldato interamente il debito. Tale clausola fa scattare, nel momento in cui il debito, e quindi il bene, sono irreperibili il reato di appropriazione indebita. Ed è di questo che, in contumacia, difesi da un avvocato d'ufficio, i Paolozzi rispondono dinanzi al pretore penale di Palermo, dottor Mirotta, che li condanna.

Le ricerche a vuoto prima del processo hanno alla fine di luglio esito positivo e la polizia giudiziaria trova gli intestatari dei due ordini di carcerazione in una casetta minima del borgo. E' la galera, i sei figli lasciati ai parenti, alla comprensione dei vicini di casa.

La Stampa 4 settembre 1973


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