Duemila agenti sgomberano il carcere romano di Rebibbia
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STORIA Duemila agenti sgomberano il carcere romano di Rebibbia 23/02/1974 

L'operazione, durata due ore, si è svolta nella massima calma - Da 2 mesi l'istituto di pena era in mano ai detenuti - Un giovane si è ferito. Ore 7: nel carcere modello di Rebibbia, periferia Sud della città a fianco del ghetto di San Basilio, entrano mille agenti. Il tascapane, l'elmo e il manganello sono agganciati al cappotto. Sono disarmati; qualcuno, nervoso, fuma una sigaretta. Comincia l'operazione per riportare l'istituto di pena alla normalità.

Da due mesi, e in seguito alle manifestazioni di protesta dell'estate scorsa, Rebibbia era in mano ai detenuti che non rientravano nelle celle e «controllavano» la situazione. Gli agenti di custodia potevano avere accesso in zone determinate e solo per lasciare il rancio. I movimenti dei carcerati erano seguiti dai «monitor» dell'impianto televisivo a circuito chiuso.

L'operazione è durata cinque ore e si è svolta nella massima calma. Già alle 6 l'esterno del complesso era stato circondato da polizia e carabinieri: altri mille uomini armati di mitra. Lo sgombero è avvenuto con cautela. Ieri la direzione lo aveva preannunciato, invitando tutti alla calma. Dei 1150 presenti hanno reagito in 5. Un giovane ha tentato di ferirsi al ventre con una scheggia di vetro per farsi portare in infermeria e non lasciare Rebibbia; tre hanno opposto resistenza passiva; uno si è arrampicato sulla terrazza più che altro per protestare contro una cauzione troppo alta da pagare per tornare libero.

Accompagnati nel cortile interno i detenuti hanno risposto all'appello. Poi sono stati letti i nomi di coloro che dovevano essere trasferiti. «Solo un centinaio — ha detto il direttore di Rebibbia — lasciano Roma; per altri cento si sta trovando una sistemazione Qui o a Regina Coeli». Alle 13 il primo pullman si è allontanato sotto scorta. E' stato affittato da privati; accanto al guidatore il cartello «gita turistica». Appena si scorgevano i volti dei trasferiti che andranno a Pisa, Livorno, Volterra, Nuoro, Trapani e Palermo.

La «rivolta» è finita. Da prima di Natale non era più possibile un dialogo. Una delegazione di detenuti, due settimane fa, si era incontrata coi giornalisti ed aveva spiegato che questo era un modo per protestare contro la mancata, e promessa, riforma dei codici e quella del sistema carcerario. Nei giorni scorsi il procuratore della Repubblica di Roma, Elio Siotto, aveva avuto un vertice con il ministro Zagari, il vicequestore Vicario Provenza, il direttore generale degli istituti di pena. Era ' stata decisa l'operazione sgombero anche in seguito a denunce di detenuti che accusavano altri carcerati di violenza carnale, intimidazione e gravi episodi di intolleranza.

L'operazione è stata'fatta alla presenza di due magistrati, Del Vecchio e La Cava. Contemporaneamente alla «normalizzazione» gli agenti hanno perquisito le celle dei 28 bracci. Le sezioni «G8» (quella dei giovani adulti), «G9» e «Gli» sono state trovate danneggiate. Tutte avevano le serrature scardinate; all'interno sono state trovate rudimentali armi improprie. Secondo quanto affermano gli agenti, un gruppo di detenuti se ne sarebbe servito per imporre ad altri i servizi più umilianti e per spadroneggiare. Per questo motivo nei giorni scorsi due giovani si erano tagliati i polsi per farsi ricoverare in ospedale. Tra il materiale sequestrato, oltre alle numerose armi improprie, una scala a pioli fatta con lenzuola tagliate e cucite. Circa duecento brande sono state trovate distrutte. Danni anche alle suppellettili e alle strutture murarie interne.

«Abbiamo agito — ha detto il sostituto procuratore Del Vecchio, che guardava dai 21 televisori del circuito chiuso. — in base alle denunce di violenza carnale, ad un tentativo di evasione, a gravi atti dì insubordinazione e ad altri episodi di violenza. Ora indagheremo per accertare le responsabilità dei singoli». Da più di due mesi a Rebibbia non c'era più stato l'appello e la direzione temeva che vi fossero state delle evasioni. Si è appreso che i trasferiti sarebbero gli animatori dell'occupazione del carcere.

Un «portavoce» dei detenuti all'esterno di Rebibbia ha detto: «Con la scusa delle denunce si è voluto colpire la protesta di chi inutilmente chiede riforme e non viene ascoltato». Alle 16 tutti i detenuti trasferiti hanno lasciato Roma in treno. Quando l'ultimo contingente è salito sul convoglio diretto all'Ucciardone di Palermo quattro carcerati hanno reagito ferendosi alle braccia in modo lieve. Sono stati fatti scendere e trasportati all'infermeria di Regina Coeli.

La Stampa 23 febbraio 1974


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