Evasioni: uso legittimo delle armi da parte della Polizia Penitenziaria, circolare DAP
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DOCUMENTI Evasioni: uso legittimo delle armi da parte della Polizia Penitenziaria, circolare DAP 31/01/2019 

Riportiamo ampia parte della circolare DAP 92858 del 21 marzo 2007

L'uso legittimo delle armi da parte del personale appartenente al Corpo di Polizia Penitenziaria è riconducibile all'art. 53 c.p.

“Ferme le disposizioni contenute nei due articoli precedenti, non è punibile il pubblico ufficiale che, al fine di adempiere un dovere del proprio ufficio, fa uso ovvero ordina di far uso delle armi o di un altro mezzo di coazione fisica, quando vi è costretto dalla necessità di respingere una violenza o di vincere una resistenza all'autorità.
La stessa disposizione sia applica a qualsiasi persona che, legalmente richiesta dal pubblico ufficiale, gli presti assistenza.
La legge determina gli altri casi, nei quali è autorizzato l'uso delle armi o di un altro mezzo di coazione fisica”.

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Il terzo comma dell'articolo, prevede espressamente che la legge possa stabilire talune eccezioni alla regola generale e trattandosi di scriminante di carattere generale, la riserva sta ad indicare che per alcuni espressi casi la legge può consentire l'uso legittimo delie armi in presenza di presupposti meno rigorosi di quelli indicati dall'articolo 53 del codice penale.

Fra le ipotesi speciali che il codice Rocco aveva inteso conservare al momento della sua entrata in vigore nel 1931, vi era quella di cui all'articolo 181 del R.D. 18 giugno 1931, n.787 (regolamento per gli istituti di prevenzione e di pena), poi sostituito dall'articolo 169 del R.D. 30 dicembre 1937, n. 2584 (regolamento per il Corpo degli agenti di custodia degli istituti di prevenzione e pena). A seguito dell'entrata in vigore del Regolamento di servizio del Corpo di Polizia Penitenziaria (D.P.R. 15 febbraio 1999, n. 82), l'art. 169 del R.D. n.2584137 non è stato riprodotto in alcuna nuova disposizione e, pertanto, ai sensi dell'articolo 29,comma 2, lettera a), della legge n. 395190, deve ritenersi definitivamente abrogato.

La norma abrogata concernente il Corpo degli Agenti di Custodia era speciale rispetto all'articolo 53 del codice penale poiché legittimava comportamenti eccedenti la generale regola: la sua eliminazione impone pertanto che nelle condotte che importano l'uso delle armi o degli altri mezzi di coazione fisica si osservino i rigorosi limiti previsti dalla scriminante sopra citata.

La condizione di persona detenuta è, per definizione, quella di c.d. minorata difesa, in quanto il soggetto è custodito, osservato, sottoposto a regole comportamentali imposte coattivamente, limitato nel possesso di beni, controllato nei contatti con le altre persone. Da una siffatta situazione, evidentemente, consegue che le sue eventuali reazioni sono, di massima prevedibili e prevenibili secondo regole e prassi consolidate. Sicchè tutto ciò che attiene a condotte di mera fuga anche attraverso modalità non violente, ma soltanto di agilità (ad esempio, saltare giù dall'automezzo sorprendendo il personale e fuggire via tra la folla) è azione non solo prevedibile, ma anche prevenibile attraverso modalità e strumenti consentiti dall'ordinamento, finalizzati a limitare in modo decisivo la libertà di movimento del detenuto. I1 rispetto, quindi, dei parametri imposti dall'articolo 53 codice penale deve essere improntato ad estremo rigore.

La violenza è un'azione, è l'uso della forza contro il pubblico uff'ciale, mentre la resistenza attiva è una concreta, attuale minaccia di far uso della forza: in questi casi, la norma consente l'uso delle armi (o di altri mezzi di coazione fisica), sempre che si tratti di mezzi e modalità proporzionali alla violenza o alla minaccia. Fuori da questi ambiti, l'uso delle armi è illegittimo e l'operatore sarebbe responsabile, al minimo, di eccesso colposo nell'uso delle armi. Per unanime e consolidato orientamento giurisprudenziale la mera fuga è una forma di resistenza passiva, e pertanto l'uso delle armi per fermarla è sempre illegittimo; anche l'evasione, seppur attuata con destrezza e agilità, non è contrastabile con le armi (ad esempio, da parte del personale con compiti di sentinella o di scorta e piantonamento). Nel caso invece di resistenza attiva con violenza sulle persone, l'uso delle armi è legittimo purchè esista un rapporto di proporzione tra la violenza e la risposta; da ciò consegue che la violenza portata senza armi non giustifica mai una risposta armata.

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