I detenuti in rivolta incendiano un braccio dei carcere a Genova
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STORIA I detenuti in rivolta incendiano un braccio dei carcere a Genova 03/06/1974 

Forse si tratta di un'azione nel quadro del piano "Arancia meccanica" - Segnalazioni di una imminente ribellione erano pervenute da Roma - I vigili del fuoco lottano contro le fiamme II carcere è circondato dalla polizia - Nel pomeriggio una prima sommossa era stata domata.
Un braccio del carcere di Marassi è in fiamme. Il fuoco è stato appiccato da una trentina di detenuti che, nel tardo pomeriggio, sono usciti dalle celle ed hanno raggiunto il laboratorio della terza sezione D, nonostante la sorveglianza degli agenti. I rivoltosi sono riusciti ad appic| care il fuoco al laboratorio, I poi, a quanto si è appreso dalle prime, frammentarie notizie, hanno fatto ritorno nelle celle. Le fiamme hanno covato a lungo. Verso le 20,20, dense volute di fumo hanno cominciato ad uscire dalle finestre della sezione. Poi, pochi minuti dopo, il fuoco è esploso, violentissimo. E' stato dato l'allarme: sono accorsi polizia, carabinieri e numerose squadre di vigili del fuoco con sei autobotti e due autoscale. I vigili sono penetrati all'interno del cortile della casa di pena. Si cerca di spegnere l'incendio, particolarmente pericoloso: infatti in un magazzino che non dista molto dal braccio D c'è un deposito di bombole di gas e di acqua ossigenata. Le fiamme si alzano oltre i tetti. Lo spettacolo è impressionante. Fuori dalle mura del carcere, una folla segue la vicenda. Ci sono anche numerosi parenti di carcerati. Impossibile riuscire ad entrare nel carcere e dall'interno non arriva nessuna comunicazione. I vigili alle 22 circa erano ancora al lavoro per cercare di spegnere l'incendio che ha assunto proporzioni vastissime. Non sembra, per il momento, che ci siano feriti né tra i detenuti, né tra il personale di custodia della casa di pena. Già questo pomeriggio, verso le 15,30, al termine del periodo « d'aria » si era temuto che stesse per scoppiare una rivolta. Il personale di sorveglianza era stato avvertito che poteva scoppiare una rivolta legata al piano « Arancia meccanica ». C'è stata invece, soltanto, una breve protesta di una trentina di detenuti che all'apparire della forza pubblica all'interno del carcere sono rientrati nelle celle. Le forze dell'ordine comunque hanno presidiato fin da quel momento il carcere. Sintomi di irrequietezza erano stati notati da alcuni giorni: durante la notte fra giovedì e venerdì un gruppetto di detenuti aveva appiccato il fuoco ai pagliericci e tentato di prendere in ostaggio due guardie. Sabato alcuni detenuti « in transito » avevano cercato di chiudere una guardia in una cella. Questa notte, si è sparsa la voce che il piano « Arancia meccanica» sarebbe stato portato a compimento. Una telefonata da Roma alla questura di Genova dava una scadenza precisa: le 14,30. Si diceva che un detenuto era in possesso di armi e che la rivolta sarebbe stata appoggiata dall'esterno da gruppi extraparlamentari armati di bombe. In effetti la rivolta è stata ritardata, forse non a caso, per cogliere il personale di sorveglianza di sorpresa. In mattinata, era scattata l'azione preventiva della direzione del carcere che aveva chiesto l'intervento di polizia e carabineri. Su ordine del giudice di vigilanza dottor Scolastico e del sostituto procuratore dottor Jacone, era stata compiuta una attenta perquisizione in tutte le celle ed in vari locali, quali l'infermeria. Non erano state trovare armi da fuoco, ma soltanto quattro sbarre di ferro e due temperini, comunque ugualmente utili per riuscire a disarmare alcune guardie carcerarie. L'operazione è durata alcune ore, e si è protratta fin verso le prime ore del pomeriggio. Alle 15,30, al termine dell'ora d'aria, circa trenta detenuti della seconda sezione (attualmente il carcere di Marassi, dopo la ribellione verificatasi a fine aprile, ospita soltanto 278 detenuti; oltre un centinaio è stato infatti trasferito ad altre case di pena) si sono rifiutati di rientrare in cella per protestare contro la perquisizione. I magistrati hanno allora disposto l'intervento della forza pubblica, che stazionava all'esterno del carcere. Sessanta tra carabinieri e guardie di pubblica sicurezza entrati nel cortile, e questo è bastato perché i detenuti rientrassero nelle rispettive celle senza che si verificassero incidenti.

La Stampa 3 giugno 1974


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