Idranti a Tolmezzo: dura replica della Direttrice del carcere al Garante nazionale dei detenuti Mauro Palma
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EVENTI CRITICI Idranti a Tolmezzo: dura replica della Direttrice del carcere al Garante nazionale dei detenuti Mauro Palma 01/06/2019 

Nei giorni scorsi è apparso un articolo ne "Il Dubbio" (quotidiano del FAI, Fondazione dell'Avvocatura Italiana) il quale, nel riportare la visita del Garante nazionale dei detenuti Mauro Palma, aveva citato anche la denuncia depositata dal Garante nei confronti degli agenti di Polizia Penitenziaria, accusati dal Garante di aver utilizzato per un'ora gli idranti contro un singolo detenuto.

Garante nazionale detenuti visita il carcere di Tolmezzo: depositata in Procura la denuncia su utilizzo idranti da parte della Polizia Penitenziaria

Ieri, Irene Iannucci, direttore della Casa circondariale di Tolmezzo, ha replicato alle parole del Garante attraverso una lettera inviata alla redazione GNEWS, testata online del Ministero della Giustizia che l'ha pubblicata integralmente. Si tratta probabilmente del primo caso in cui un Direttore penitenziario replica direttamente sul sito web del Ministero e in modo così "puntuale" nei confronti del Garante nazionale dei detenuti, chiudendo la lettera con una frase che dovrebbe far riflettere: "Mi piacerebbe far capire che delegittimare con ricostruzioni incomplete e superficiali l’operato di una istituzione penitenziaria può risultare estremamente pericoloso, soprattutto a fronte delle criticità e difficoltà che ogni giorno, con spirito di abnegazione e senso del dovere, il personale deve affrontare."

 

Spettabile GNews,

con riferimento all’articolo “Tolmezzo, per un’ora sotto gli idranti e lasciato una notte nella cella allagata”, pubblicato il 28 maggio scorso a pagina 9 del quotidiano “Il Dubbio”, è doveroso e necessario da parte mia rappresentare quanto segue.

In primo luogo, “il cittadino straniero” protagonista dell’episodio richiamato nel pezzo è Saber Hmidi, detenuto per reati di terrorismo internazionale, appartenente al gruppo islamico ‘Ansar Al Sharia’, collegato all’Isis e sottoposto da 2 anni e mezzo al regime detentivo di cui all’art. 14 bis per i gravi e reiterati comportamenti posti in essere in vari istituti italiani, dove ha gravemente e seriamente danneggiato sia le camere detentive sia i sistemi tecnici e tecnologici, tanto da essere periodicamente trasferito per evidenti difficoltà nella sua gestione.

Per temporanea assegnazione del DAP, il soggetto è giunto in data 1.12.2018 alla Casa circondariale di Tolmezzo e fin da subito ha posto in essere gravi comportamenti disciplinarmente e penalmente rilevanti, per i quali è stato sanzionato e deferito alla Procura della Repubblica e per i quali si è reso necessario prorogare il suddetto regime speciale.

Passati i primi giorni e fino alla fine di aprile scorso il detenuto ha mantenuto una condotta relativamente regolare, non incorrendo in alcun comportamento disciplinarmente rilevante: per questo sono state autorizzate delle “aperture” nei suoi confronti, anche in considerazione del periodo di Ramadan, al fine di consentirgli la regolare fruizione del mese di culto. Tuttavia già sul finire di aprile egli riproponeva atteggiamenti disciplinarmente e penalmente rilevanti per i quali veniva nuovamente sanzionato e denunciato all’AG. Atteggiamenti che si sono ripetuti con cadenza quasi quotidiana e che, la sera del 19 maggio scorso, hanno raggiunto livelli particolarmente gravi e pericolosi per la sicurezza dell’Istituto.

Nel dettaglio: a seguito della mancata autorizzazione a passare ad altro detenuto il fornelletto (che gli era stato autorizzato esclusivamente nel mese del Ramadan e soltanto per il tempo strettamente necessario alla cena), Hmidi ha iniziato con inaudita violenza a sbattere contro il muro la porta blindata della propria camera, per circa mezz’ora, senza sosta. Tale comportamento gli consentiva di danneggiare la serratura del blindato, staccare il pesantissimo spioncino e usarlo come ariete sulla serratura del cancello, danneggiandola seriamente. Nel contempo iniziava a utilizzare il fornello per scaldare qualcosa di non meglio definito, ma che si ritiene improbabile, visto il ripetuto disordine creato, che avesse a che fare col cibo.

In tale situazione non può non apparire evidente – almeno a chi guardi con occhio privo di preconcetti e a chi conosca la quotidianità del carcere – il grave rischio per l’ordine e la sicurezza, oltre che per la incolumità di tutti i presenti, anche perché una eventuale uscita del detenuto dalla camera avrebbe potuto determinare conseguenze altamente pericolose. Altrettanto pericolosa avrebbe potuto risultare l’eventuale manomissione della serratura e l’impossibilità di apertura della camera nel caso si fosse reso necessario intervenire urgentemente, in quanto dall’interno iniziava a provenire un forte odore di gas.

Pertanto, ottenute le necessarie autorizzazioni e messo in sicurezza l’ambiente operativo, il personale dopo essersi dotato dei dispositivi di protezione è ricorso all’utilizzo dell’idrante. Dalla visione delle telecamere si evince chiaramente che, diversamente da quanto rappresentato nell’articolo, nel tempo intercorrente tra l’inizio (ore 20:15) e la fine dell’intervento degli agenti (ore 21:45), l’idrante è stato utilizzato soltanto ad intervalli, ciascuno della durata di qualche minuto, per un totale di circa 15 minuti non continuativi. L’intervento si concludeva con la consegna da parte del detenuto di tutti gli oggetti contundenti e pericolosi nella sua disponibilità e soltanto quando si ha avuta la certezza che non vi sarebbero stati ulteriori pericoli.

Considerate la violenza reiterata e continuativa del soggetto e la sua pericolosità, non si è potuto procedere all’apertura immediata della camera, la cui serratura era comunque danneggiata; né allo spostamento in altra camera, poiché non vi erano le condizioni minime di sicurezza e neppure un numero adeguato di agenti in servizio per affrontare una nuova emergenza, considerata anche l’imprevedibilità del soggetto.

Così si decideva di consegnare al detenuto una maglietta, una maglia pesante e una coperta. La mattina successiva il soggetto veniva momentaneamente spostato in altra stanza, così da consentire al personale della MOF di risistemare la serratura e lo spioncino della camera di pernottamento. Successivamente questi faceva rientro nella propria stanza, dalla quale non ha comunque voluto spostarsi, nonostante gli fosse stato più volte proposto.

Tutto ciò considerato, non posso non evidenziare come sia quanto meno semplicistico minimizzare i comportamenti del detenuto, quasi a renderli insignificanti, come riportato nell’articolo.

Inoltre, se il giornalista avesse interpellato la Direzione dell’istituto per cercare spiegazioni ufficiali su quanto gli era stato riportato, avrebbe saputo che tutti gli interventi effettuati dal personale, così come le immagini raccolte dalle telecamere, sono stati opportunamente relazionati e prontamente inviati alla Procura della Repubblica competente. Così come avrebbe saputo che lo stesso è stato fatto per l’altro episodio di cui si parla nell’articolo, accaduto nel mese di gennaio e relativo ad altro detenuto.

Mi piacerebbe far capire che delegittimare con ricostruzioni incomplete e superficiali l’operato di una istituzione penitenziaria può risultare estremamente pericoloso, soprattutto a fronte delle criticità e difficoltà che ogni giorno, con spirito di abnegazione e senso del dovere, il personale deve affrontare. E specialmente quando, nonostante le circostanze rischiose, devono essere (e lo sono state) garantite tanto la sicurezza, quanto l’incolumità di tutti, personale e detenuti.

Irene Iannucci, direttore della Casa circondariale di Tolmezzo


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