Il reddito di cittadinanza del M5S ai boss della ndrangheta: la Guardia di Finanza incrocia i dati con l'INPS
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MAFIA 41-BIS Il reddito di cittadinanza del M5S ai boss della ndrangheta: la Guardia di Finanza incrocia i dati con l'INPS 25/05/2020 

Che orribile giornata è stata, ieri, per il Movimento 5 stelle e per le sue «bandiere». Mentre in Senato la maggioranza salvava con molti imbarazzi e in extremis il ministro grillino della Giustizia, Alfonso Bonafede, colpito da due mozioni di sfiducia presentate dalle opposizioni per la sua disastrosa gestione delle carceri e per il sospetto di aver subito le pressioni dei boss mafiosi nelle nomine del capo del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, la Guardia di finanza ha inferto un mortale colpo d'immagine al reddito di cittadinanza, il rdc: l'assegno universale che lo stesso Movimento 5 stelle un anno fa aveva imposto all'agenda del primo governo di Giuseppe Conte e celebrato enfaticamente dal balcone di Palazzo Chigi come «sconfitta della povertà».

Ieri le fiamme gialle di Reggio Calabria hanno denunciato che per un anno almeno 101 'ndranghetisti, tutti considerati «organici» alle principali cosche della provincia, hanno indebitamente incassato il rdc.

L'inchiesta, denominata «Mala civitas», è partita dall'analisi di circa 500 calabresi condannati definitivamente per associazione maflosa o per altri reati di mafia. È bastato incrociare i dati del casellario giudiziario con quelli dei percettori dell'assegno dell'inps. A quel punto, è stato un po' come giocare a battaglia navale: un nome su cinque compariva in entrambe le liste. La statistica è sconfortante: il 20% di casi positivi. In base alla legge istitutiva del rdc, il decreto numero 4 del gennaio 2019 che era stato fortissimamente voluto dall'allora ministro grillino del Lavoro, Luigi Di Maio, nessuno dei 101 denunciati avrebbe mai dovuto ricevere il sussidio.

In teoria, la norma esclude chi abbia subito una condanna definitiva. In realtà, e non è certo la prima volte che lo si scopre (è accaduto anche con diversi terroristi e moltissimi condannati per reati comuni), basta un'autocertificazione fasulla. Nel caso di Reggio Calabria, gli inquirenti sospettano il coinvotgimento e forse la complicità di alcuni impiegati dell'amministrazione pubblica o nei Centri di assistenza fiscale. Accanto alta «Carica dei "101" 'ndranghetisti, infatti, risultano indagati altri 15 soggetti. Tutti e 116 sono stati segnalati alle procure di Reggio Calabria, Locri, Palmi, Vibo Valentia e Verbania. Nell'elenco, però, spiccano soprattutto boss e gregari delle 'ndrine della Locride.

«A incassare l'assegno di povertà», dice un ufficiale della Guardia di finanza, «c'era davvero il Gotha della mafia calabrese». In effetti ci sono mèmbri di tutte le grandi famiglie: i Conunisso-RumboFigliomeni di Siderno, i Cordi di Loeri, i Manno-Maiolo di Caulonia, i D'Agostino di Canolo... Tra i denunciati c'è anche Alessandro Pannunzi, condannato per traffico internazionale di cocaina. Pannunzi è uno dei figli di Roberto Pannunzi, detto il «Pablo Escobar italiano», e a sua volta considerato dagli investigatori italiani e americani tra i principali broker di cocaina.

Il pubblico ministero antimafia Nicola Gratteri, procuratore di Catanzaro e proba bilmente il massimo esperto al mondo di 'ndrangheta, racconta che Pannunzi senior avesse addirittura comprato una nave di no metri, la Mirage 2, per importare cocaina dal Sud America, e che si vantasse di «pesare i soldi piuttosto che contarli»: molto più modestamente, suo flglio Alessandro compare tra i presunti indebiti percettori del Reddito di cittadinanza grillino. Ora le fiamme gialle di Reggio Calabria hanno anche segnalato lui e gli altri 'ndranghetisti all'Inps, perché almeno possa al più presto partire la revoca dei benefici ottenuti, circa 516.000 euro. Gli inquirenti calcolano che, se la frode fosse durata fino al termine dei due anni di erogazione del reddito di cittadinanza, i 101 mafiosi avrebbero incassato altri 470.000 euro.

Sullo scandalo, ieri, si è subito accesa la polemica politica. Il leader leghista Matteo Salvini ha subito collegato l'indagine calabrese ai disastri attribuiti a Bonafede: «Dopo la scarcerazione dei boss, le rivolte nelle carceri e gli scioperi degli avvocati, ecco che emerge un'altra notizia inquietante: e cioè 'ndranghetisti pagati dallo Stato con il reddito di cittadinanza. Noi vogliamo un'Italia e una Calabria pulite. Governo, sveglia».

Molto dura con i grillini anche Mariastella Geunini, capogruppo di Forza Italia alla Camera: «II reddito di cittadinanza ai boss, e zero aiuti a imprese e lavoratori onesti», ha commentato la parlamentare, «questa è la doppia morale a 5 stelle». Che il reddito di cittadinanza comportasse un elevato rischio di frodi non era certo un mistero nemmeno nel marzo 2019, quando il sussidio era partito tra le celebrazioni dei grillini. In base alle stime dell'Inps, l'alierà presidente Tito Boeri segnalava che soltanto nel primo anno «gli erronei destinatari potrebbero essere una platea significativa».

Il ministro Di Maio, all'epoca, aveva fatto spallucce anche davanti all'allarme della Guardia di finanza, che giustamente poneva il problema delle false dichiarazioni Isee sul reddito, poste alla base della concessione dell'assegno: nel 2019 le fiamme gialle denunciavano che «circa il 60% delle dichiarazioni Isee sono false», quindi era probabile ci il reddito di cittadinanza andasse a chi non ne aveva affatto bisogno. Certo nessun un anno fa, avrebbe osato immaginare che si sarebbero messi in fila anche i mafie calabresi.

La Verità 21 maggio 2020


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