La tragedia nel carcere di Trieste: due vittime
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STORIA La tragedia nel carcere di Trieste: due vittime 22/08/1972 

Durante la cena alcuni detenuti minorenni si sono ubriacati - Gli agenti, accorsi per riportare la calma, hanno punito un pericoloso esagitato - I giovani erigono barricate e poi le incendiano - Due muoiono in ospedale - Tre ricoverati per asfissia - Coraggiosa opera di soccorso.

Solo per il coraggio di due detenuti e di alcuni agenti, la tragedia del carcere triestnno del Coroneo non ha assunto proporzioni disastrose. Sfidando le fiamme e il fumo asfissiante essi hanno portato in salvo, ad uno ad uno, i quindici ragazzi rimasti bloccati nel braccio in cui si erano asserragliati, dopo aver dato fuoco per protesta a sedie e materassi. Due sono i morti, altri due giovani sono ricoverati al Centro di rianimazione dell'Ospedale Maggiore per asfissia, ma il bilancio avrebbe potuto essere molto, molto più grave.

Le due vittime sono due ragazzi di 17 anni, in attesa di essere giudicati per furto: Giorgio Brosolo, nato a Trieste ma residente ad Udine, ed Ivano Ghiaini, nato a Vicenza e residente a Mantova, trasferito a Trieste dal carcere di Torino perché implicato in una sommossa. Hanno fatto una fine orribile: dopo essersi ustionati nell'inutile tentativo di abbattere la barricata da loro stessi costruita, si sono rifugiati nelle loro celle, dove sono stati uccisi dal fumo dell'incendio. La rivolta è scoppiata verso le 20,30 di ieri sera nel braccio al primo piano del carcere, dove si trovano le celle riservate ai minorenni. Durante'la cena, sei o sette minorenni' erano riusciti farsi dare dai detenuti più anziani la loro razione di vino (mezzo litro, che non invece concesso ai minori) dando loro in cambio sigarette o generi alimentari. Dopo la passeggiata nel cortile del carcere, ì giovani erano rientrati nel loro braccio, dove la direzione del carcere ha allestito una sala giochi attrezzata con televisore e ping pong. L'alcool aveva però eccitato gli animi e verso le 20, nel braccio dei minorenni, regnava il caos più asso luto.

Quando.alcuni agenti di custodia sono intervenuti per riportare la calma, si è verificato l'incidente da cui scaturita la rivolta. Diego Fabbro (un giovane che nel febbraio di quest'anno a Servata, una frazione di Trieste, uccise a sangue freddo con uno stiletto il benzinaio Calmilo Bora, che aveva dato un bacio sulla guancia a sua moglie, ima ragazza di 16 anni, madre da un mese) ha aggredito uno degli agenti di custoria. Conoscendone la pericolosità — è arrivato al carcere del Coro neo da appena un mese dopo essere stato dimesso dal manicomio criminale di Reggio Emilia — le guardie hanno isolato il Fabbro. « Era completamente ubriaco — ha raccontato un agente — e dato che è un violento lo abbiamo legato al letto della sua cella, anche perché non si facesse del male. Voleva sbattere la testa contro il muro. Abbiamo anche fatto intervenire un medico per. cercare di calmarlo ».

E' stata questa decisione che ha scatenato la rivolta tra i minorenni. Chiedendo che il Fabbro venisse immediatamente liberato, i giovani si sono barricati nel loro braccio accatastando contro il cancello quanto avevano a portata di mano, sedie, tavolini, armadietti e i materassi dei loro letti. Qualcuno, per rendere più efficace la protesta, ha dato fuoco alla barricata. In pochi minuti il braccio dei minori è stato invaso da un fumo denso e acre, spinto verso le celle dei giovani dall'aria che entrava da alcuni vetri che i ragazzi avevano rotto. Soltanto in quel momento i minorenni hanno compreso di essersi messi in una orribile trappola con le proprie mani. Hanno tentato di spegnere le fiamme e abbattere la barricata, ma il fuoco e il fumo li hanno respinti. Chi si è avvicinato al cancello ha riportato ustioni alle mani, al torace ed al viso.

Ben presto il panico si è trasmesso agli altri 215 detenuti, che hanno cominciato ad urlare, A quell'ora gli agenti di servizio erano pochi. Alcuni hanno fatto uscire i prigionieri dalle celle, altri sono accorsi al braccio dei minori. I primi a recarsi verso le celle dei giovani sono stati due carcerati addetti ai servizi intemi: Guido Furlan.un triestino di 60 anni, ex-campione italiano di lotta, in carcere per contrabbando e Giorgio Zocco, 30 anni, in prigione per una serie di furti.

Quando un agente è riuscito ad aprire il cancello del reparto minori, i ragazzi erano ormai semiasfissiati e non avevano nemmeno la forza di trascinarsi fuori. Guido Furiarli, Giorgio Zocco e un paio di guardie hanno ripetutamente saltato la barriera di fiamme trascinando in salvo a uno a uno i giovani. « Furiarli — racconta uno degli agenti — è stato eccezionale. E' forte come un toro e se ne caricava sulle spalle due alla volta. Senza il suo intervento le vittime sarebbero state senz'altro superiori».

Contemporaneamente, da un cortile Intèrno al carcere, i vigili del fuoco di Trieste indirizzavano potenti getti di acqua verso la'barricata in fiamme. Le altre guardie carcerarie erano invece alle prese con i 215 detenuti che, radunati in un cortile, minacciavano di rivoltarsi. Ci sono stati alcuni episodi di violenza, sono stato forzate un paio di serrature, abbattuto un cancello e qualcuno, ha tentato di approfittare della confusione per raggiungere l'uscita pricipale ed evadere. Ma quando i rivoltosi si sono resi conto che il carcere era ormai stato circondato da polizia e carabinieri, ogni tentativo di ribellione è finito.

Dei quindici ragazzi estratti dalle celle invase dal fumo, i più gravi erano gli ultimi. Giorgio Brosolo e Ivano Gelami, Mohaket Fathesk, un giovane arabo arrestato per sospetta appartenenza ai gruppi di guerriglieri palestinesi, Luigi Cherchi, 17 anni, residente a Genova e trasferito a Trieste dal carcere di Treviso, Giovanni Lattinl, 23 anni, abitante a Triesti, Roberto Giudici, 18 anni, residente a Roma ed infine Diego Fabbro sono stati trasportati con ambulanze all'Ospedale Maggiore di Trieste. Il Fabbro dichiarava di essere stato picchiato e di aver ingerito lamette da barba. Al centro di rianimazione dell'ospedale, il Brosolo ed il Gelami morivano pochi minuti dopo il ricovero. Roberto Giudici e Giovanni Lattini venivano ricoverati con prognosi di pochi giorni. Gli altri, dopo le cure del caso, venivano riportati all'infermeria del carcere, dove si trovano anche buona parte dei giovani rivoltosi medicati sia per ustioni riportate nel tentativo di abbattere la barricata, sia per principi di asfissia.-

Quello di ieri è stato il primo grave incidente di massa avvenuto nel carcere di Trieste che, se non è moderno, è senza dubbio uno del più funzionali d'Italia. L'edificio è stato costruito nel 1913. Il braccio riservato ai minori è poi fra i migliori. Ogni, giovane ha una cella con i servizi igienici interni separati dalla stanza in £ui il detenuto dorme. Sulla rivolta di ieri sera è stata aperta una inchiesta.

La Stampa 22 agosto 1972
 


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