Lugi Bodenza, ucciso dalla mafia il 25 marzo 1994: Assistente Capo di Polizia Penitenziaria del carcere di Catania
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CADUTI Lugi Bodenza, ucciso dalla mafia il 25 marzo 1994: Assistente Capo di Polizia Penitenziaria del carcere di Catania 25/03/2020 

La notte del 25 marzo 1994, l’assistente capo di Polizia Luigi Bodenza venne ucciso con 13 colpi di pistola all’altezza di via Due Obelischi mentre stava rincasando dopo il servizio. Terminato il turno di servizio presso la Casa circondariale di Catania, sta per fare ritorno a casa, a Gravina di Catania, quanto viene affiancato da un’auto con a bordo due killer che lo colpiscono a morte. L’omicidio era stato ordinato da un capo mafia detenuto nel carcere di Firenze Sollicciano, per mandare un segnale di intimidazione alla Polizia Penitenziaria affinché venisse abbassata la guardia verso i detenuti sottoposti al regime ex 41 bis. Luigi Bodenza diventa, quindi, vittima designata e paga per la sua intransigenza e senso dello Stato.


All’ergastolo vennero condannati il boss Di Giacomo, e Vittorio La Rocca, mentre i collaboratori di giustizia Alfio Giuffrida e Salvatore Troina a 15 e 16 anni di reclusione.

 

LUIGI BODENZA

Luigi Bodenza, primogenito di altri due fratelli, nasce a Enna il 26 settembre ‘44. Luigi frequenta le elementari e, in seguito, s’iscrive all’avviamento professionale e, ottenuta la licenza, comincia a lavorare a Enna come apprendista idraulico. È molto scrupoloso nello svolgere il lavoro assegnatogli, apprendendo subito i segreti del mestiere. Proprio per questa sua capacità professionale viene assunto da una ditta del Nord che a Enna si era aggiudicata la gara per l’impianto idraulico nei nuovi padiglioni ospedalieri.In seguito, il giovane Luigi parte per Milano dove svolgerà il lavoro di saldatore specializzato all’Alfa Romeo fino al momento del servizio militare. Ottenuto il congedo, ritorna a Enna e decide di partecipare a un concorso per entrare nel Corpo degli Agenti di Custodia. Superati gli esami e il corso di addestramento, come primo incarico, è assegnato alla Casa circondariale di Capraia, un’isoletta dell’Arcipelago Toscano. Dopo un paio d’anni ottiene il trasferimento a Catania, dove conosce una giovane di Gravina. Si chiama Rosetta e dopo pochi mesi decidono di sposarsi, nascono Paola e Giuseppe. Anno dopo anno, finalmente arriva il ’94, una data molto importante per la famiglia Bodenza perché, dal 1 luglio, Luigi andrà in pensione e avrà molto tempo in più da dedicare alla moglie e ai figli.

La mattina del 24 marzo, fra la gioia e la commozione, Luigi chiama Rosetta in cucina e le mostra un documento in cui è scritto che il giorno prima la direzione del carcere aveva espresso parere favorevole affinché la famiglia Bodenza potesse utilizzare a tempo indeterminato l’ultima cabina in riva al mare, presso il lido balneare catanese riservato alla Polizia Penitenziaria.

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ONORIFICIENZE

Medaglia d'oro al merito civile – Mentre ritornava a casa a bordo della propria auto, dopo aver prestato il servizio presso la locale Casa Circondariale, veniva raggiunto da numerosi colpi d'arma da fuoco sparatigli contro da alcuni sicari in un vile e proditorio agguato, commissionato da una potente organizzazione malavitosa. Mirabile esempio di elette virtù civiche e di alto senso del dovere spinti fino all'estremo sacrificio. 25 marzo 1994 – Località Gravina (CT)

Vittima del dovere – Riconosciuto "Vittima del Dovere" ai sensi della Legge 466/1980 dal Ministero dell'Interno.

 

INTITOLAZIONI

Gli sono stati intitolati la Casa Circondariale di Enna, la caserma della Polizia Penitenziaria di Caltagirone, il campo da calcio del carcere di Siracusa e, a San Pietro Clarenza (CT) dove si trova la scuola del Corpo di Polizia Penitenziaria, gli è stata intitolata la via.

 

TERRORISMO MAFIOSO DIETRO L'OMICIDIO DELL'AGENTE DI CUSTODIA

Articolo de L'Unità del 26 marzo 1994 – Walter Rizzo

Si affaccia un'ipotesi inquietante sull'assassinio di Luigi Bodenza, l'assistente della Polizia Penitenziaria ucciso a Catania la scorsa notte da un commando di killer mafiosi.
Il direttore del carcere di Catania e i colleghi dell'agente parlano di un attacco alla divisa, un gesto di terrorismo mafioso. Le indagini intanto non riescono ancora a trovare un movente nell'attività di servizio dell'agente. Ai funerali oggi pomeriggio sarà presente il ministro Conso.
CATANIA Un attacco di tipo terroristico contro chi si batte contro la mafia in una delle trincee più esposte quella delle carceri. I colleghi di Luigi Bodenza l'assistente capo della Polizia Penitenziaria massacrato a Catania da un commando mafioso non hanno dubbi. Ieri mattina tra le vecchie mura fatiscenti del carcere catanese di piazza Lanza c'era la rabbia ma anche la lucidità per dare una chiave di lettura che fa accapponare la pelle. Un omicidio emblematico con una vittima sacrificale presa a caso per dimostrare a chi lavora nelle carceri ma anche a chi sta fuori che la potenza di Cosa Nostra è ancora intatta che le grandi operazioni di polizia e magistratura che hanno portato dentro quelle mura centinaia di uomini d'onore non hanno scalfito il potere di vita e di morte che Cosa Nostra ha sulla città. Un sospetto atroce che viene avvalorato dalle dichiarazioni del Direttore del carcere di Piazza Lanza Giovanni Mazzone. Non c'era un motivo per ucciderlo, non era addetto a compiti particolari. Credo che si tratti di un attacco alla divisa, di un gesto di terrorismo mafioso rivolto a tutti noi per intimidirci e costringere lo Stato ad abbassare la guardia soprattutto nella realtà delle carceri. I colleghi di Luigi Bodenza che ieri per protesta hanno rifiutato il rancio lo descrivono come un professionista molto equilibrato che si era guadagnato il rispetto anche dei detenuti. Aveva quarantanove anni una moglie due figli e una gran voglia di smetterla con quel lavoro massacrante nell'inferno di Piazza Lanza dove sono ammassati in condizioni limite ben 750 detenuti. A luglio ci sarebbe nuscito godendosi finalmente la pensione dopo trentanni. A casa lo aspettavano Rosetta sua moglie e poi Paola e Giuseppe i suoi tigli di 20 e 14 anni. Una famiglia modesta che vive in un appartamento al quarto piano di una palazzina in via Caduti del Lavoro a due passi dal centro di Gravina. A quella pensione però Luigi Bodenza assistente capo della polizia penitenziana non è mai arrivato. Lo hanno fermato pochi minuti dopo la mezzanotte di giovedì con una scarica di proiettili.

Aveva appena finito il suo turno nel carcere di Piazza Lanza per guadagnare tempo non si era neppure cambiato e indossava ancora la divisa. Guidava tranquillo la sua vecchia Volkswagen Golf alla radio trasmettevano un programma di quiz e canzoni. Domande stupìdine inframmezzate dagli ultimi successi di Sanremo. Supera il quartiere di Barnera e si immette su via Due Obelischi. Tra pochi minuti sarà a casa. Tutto tranquillo come ogni sera tranne quella luce che gli sta dietro da un pezzo. I killer si lanciano in avanti dopo aver seguito pazientemente la loro vittima dall'uscita del carcere. Adesso è il momento giusto per colpire. La strada è larga e perfettamente illuminata. Non si vede un anima. L'autista della moto spinge a fondo l'acceleratore e la moto schizza. Un colpo poi un altro e un altro ancora in una successione rapidissima. I proiettili mandano in frantumi i lunotti laterali della Volkswagen, forse colpiscono Bodenza. La vecchia auto va avanti ancora per una trentina di metri ma i killer gli sono subito addosso. Sparano ancora sei volte. Questa volta a pochi metri dal bersaglio. Bodenza non può far nulla, i proiettili lo colpiscono al volto e al tronco. Muore in un attimo.

A quasi ventiquattrore dal delitto, mentre la citta assiste sonnolenta e distratta, non si riesce ancora a trovare un movente. Le notizie frammentane ed imprecise su un diverbio con un detenuto al quale Bodenza si sarebbe rifiutato di stringere la mano non riescono a trovare una conferma.

«Cosa volete che vi dica di mio padre – dice Paola – vi posso solo dire che non so perchè qualcuno possa averlo ucciso». «Era una persona allegra, sempre disponibile con tutti – dice Giuseppe Maugeri il cognato dell'agente assassinato – siamo storditi frastornati è come se ci avessero chiuso in faccia una saracinesca lasciandoci al buio. Non riusciamo a capire perché lo abbiano fatto, perché proprio lui. Forse era facile colpirlo». Rosetta Maugeri non parla, sale veloce in auto. Va all'istituto di medicina legale per salutare per l'ultima volta in privato il marito trucidato prima dei funerali che si svolgeranno questo pomeriggio nella Chiesa parrocchiale di Gravina, alla presenza del vice direttore degli istituti di pena Francesco Di Maggio e del Ministro della Giustizia Giovanni Conso «L'azione di questi deli criminali ha detto il ministro non fermerà l'attività istituzionale degli operatori penitenziari né ostacolerà il corso della giustizia che proprio a Catania sta riscuotendo significativi successi.

archiviostorico.unita.it


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