Operazione di Polizia giudiziaria a Regina Coeli: Commissario Capo perde ricorso al TAR
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SENTENZE TAR E CONSIGLIO DI STATO Operazione di Polizia giudiziaria a Regina Coeli: Commissario Capo perde ricorso al TAR 26/08/2018 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima Quater)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 7067 del 2017, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato Antonella Pasqualone, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, Piazzale Clodio 18;
contro

Ministero della Giustizia, in persona del Ministro Pro-Tempore, non costituito in giudizio;
per l'annullamento

del decreto n.427304-2016/44838/ds 02 del 24.5.2017 notificato al ricorrente in data 1.6.2017, emesso dal Ministero della giustizia, Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria – Direzione Generale del Personale e delle Risorse – Ufficio Secondo (prot. Mdg- GDAP PU -0174265 del 25.5.17) con la quale veniva irrogata al ricorrente in servizio presso la Casa Circondariale di Roma, Regina Coeli, la sanzione disciplinare della pena pecuniaria nella misura di 3/30° di una mensilità di stipendio.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Vista l’ordinanza n.4379 del 2017 che ha fissato la trattazione della causa alla odierna udienza;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 15 maggio 2018 il Cons. Mariangela Caminiti e uditi per le parti i difensori presenti, come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1.Il Commissario Capo -OMISSIS- riferisce che in data 15.11.2016 il funzionario istruttore ha notificato l’atto di contestazione di addebiti, quale comunicazione di avvio del procedimento disciplinare, per “essersi reso responsabile con un comportamento non consono alla qualifica di Comandante di Reparto, così come risultato dagli approfondimenti svolti dal Provveditorato Regionale del Lazio, Abruzzo e Molise, dei fatti appresso indicati ed ascrivibili alla fattispecie prevista e punita, quale infrazione disciplinare, dall'art.4 lett.b del d.lgs 449/92 e in particolare 'nel dare prove manifeste di negligenza nel comando o nel mantenere la disciplina' ”.

In particolare nella comunicazione si faceva riferimento ad una operazione di polizia giudiziaria disposta dalla Procura della Repubblica di Velletri, svoltasi all' interno della Casa circondariale di Regina Coeli in data 4.3.2016, della cui esecuzione il dott. -OMISSIS- non informava preventivamente il Direttore dell’Istituto. Alla attività investigativa partecipava anche personale proveniente da altre strutture penitenziarie, che avrebbe dovuto essere autorizzato per l'accesso dal Direttore. Tale comportamento non avrebbe consentito al Direttore “di esercitare la propria funzione di garante dell'ordine e della sicurezza dell’Istituto esponendo e mettendo a rischio l’intero Istituto, la sicurezza del personale e dei detenuti e l'intera Amministrazione nella sua immagine e integrità”.

Il Comm.Capo -OMISSIS- ha presentato memoria difensiva con la quale ha esposto le proprie osservazioni e i rilievi fattuali sulla vicenda in contestazione, con riferimento anche alla circostanza della delega dell’ordine impartito a personale sottoposto, attesa la propria assenza dal lavoro nella predetta giornata programmata per la operazione di polizia giudiziaria, oggetto di informativa al Direttore dell’Istituto.

Avverso il decreto indicato in epigrafe il Comm. Capo -OMISSIS- ha proposto ricorso ed ha dedotto quali motivi:

1) Violazione di legge con riferimento all'art.10 del d.lgs. n.449 del 1992. Violazione del diritto di difesa: in base alla norma rubricata ogni superiore è competente a contestare al subordinato gerarchico le infrazioni ("il superiore che rileva l'infrazione deve contestare la mancanza al responsabile"). Nel caso in esame il Direttore avrebbe omesso la contestazione della eventuale infrazione rilevata al soggetto responsabile, impedendo allo stesso di essere messo a conoscenza nell'immediatezza dei fatti, dell'inizio dell’accertamento con finalità disciplinare a suo carico. Il ricorrente sarebbe venuto a conoscenza del procedimento disciplinare a suo carico in data 15.11.2016, otto mesi dopo la presunta infrazione e dopo essere stato sentito il 10.8.2016 a sommarie informazioni testimoniali dall'Ufficiale di PG, senza preventiva informazione e in violazione del diritto di difesa.

2) Violazione della legge n.241 del 1990 per mancato accesso a tutti gli atti del procedimento disciplinare: dalla lettura degli atti del fascicolo disciplinare emergerebbe la presenza di una nota riservata del Direttore dell’Istituto (n.236/ris del 7.3.2016) con diniego all'istanza di accesso, e non sarebbe condivisibile la natura di atto riservato a giustificazione della mancata messa a disposizione dello stesso.

3) Violazione di legge per manifesta insussistenza delle infrazioni di cui all'art. 3 del d.lgs.449/1992. Carenza di motivazione e indeterminatezza sull’effettiva infrazione rilevata con la sanzione applicata. Violazione del diritto di difesa: il decreto non indicherebbe quale tipo di infrazione indicata nella norma rubricata riguardo la sanzione pecuniaria applicata al ricorrente, con lesione del diritto di difesa. Alla luce delle risultanze istruttorie il comportamento del ricorrente sarebbe stato svolto nel rispetto dei propri doveri di ufficio, senza omissioni, senza ravvisare alcuna negligenza. La delega dell'ordine di riferire al Direttore, posta in essere dal Comandante di reparto nei confronti di altro ufficiale responsabile delle attività di polizia giudiziaria da svolgersi nell’Istituto, non potrebbe tradursi in violazione dei doveri e quale comportamento pregiudizievole al corretto adempimento dei compiti istituzionali. Peraltro l'art. 31 del dPR n.82 del 1999 stabilisce che il Comandante informa il Direttore, senza precisare se direttamente o mediante altro personale; tra l’altro tale delega sarebbe generalmente applicata nell’ambito dell’Istituto Circondariale, costituito da una struttura macroscopica dalle molteplici attività di polizia giudiziaria delegate.

4) Violazione di legge e conseguente nullità del procedimento disciplinare per violazione art.15 comma 4 del d.lgs. n. 449/92: la nomina del funzionario istruttore sarebbe avvenuta in data 28.10.2016, con notifica dell'atto di contestazione degli addebiti all'incolpato in data 15.11.2016, in violazione della disposizione rubricata la quale stabilisce che il funzionario istruttore provvede entro 10 giorni a contestare gli addebiti al trasgressore, invitandolo a presentare giustificazioni.

Conclude con la richiesta di annullamento dell'atto impugnato, previa sospensione dell'efficacia dello stesso.

L’Amministrazione intimata non risulta costituita in giudizio.

Con ordinanza n. 4379/2017 è stata fissata l'odierna udienza pubblica per la trattazione del merito.

Alla udienza pubblica del 15 maggio 2018 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1.Il ricorso è infondato per le ragioni di seguito riportate.

1.1. Osserva il Collegio - alla luce di quanto rappresentato e della documentazione in atti relativa al procedimento, da cui emergono i fatti in contestazione e i rilievi intervenuti – che non sussiste il lamentato vizio procedurale di cui all’art.10 del d.lgs. n. 449 del 1992 (primo mezzo) e nessuna violazione può essere rilevata, tenuto conto che la contestazione da parte del funzionario istruttore segna l'avvio del procedimento disciplinare e nel corso della procedura per la rilevazione di infrazioni ai sensi del predetto art.10 l’interesse del soggetto coinvolto non presenta il requisito dell’attualità, in quanto nella specie, per la particolarità dei fatti con il coinvolgimento di altro personale, solo dopo la necessaria istruttoria di verifica delle diverse circostanze e fatti intervenuti e le sommarie informazioni assunte si è definita la contestazione degli addebiti.

2. Quanto alla censurata violazione della normativa in materia di accesso agli atti (secondo mezzo) con riferimento alla mancata ostensione di una nota riservata del Direttore dell’Istituto, l’argomentazione difensiva sostenuta dal ricorrente è infondata in quanto, come si desume dalla stessa Deliberazione del Consiglio Centrale di Disciplina del 7.3.2017, lo stesso Organo ha dichiarato di non essere a conoscenza della relazione – trattandosi di atto riservato – e comunque va rilevato che il ricorrente ha potuto consultare e visionare il fascicolo relativo al procedimento disciplinare e in seguito a ciò ha potuto presentare le proprie osservazioni e contestazioni, senza profili di violazione del diritto di difesa nell’ambito del procedimento a suo carico.

3. Con riferimento alla dichiarata insussistenza delle infrazioni di cui all’ art 3 d.lgs.n.449 del 1992 e alla carenza di motivazione ed indeterminatezza sull'effettiva infrazione (terzo mezzo), si rileva che il provvedimento impugnato di irrogazione della sanzione disciplinare richiama nelle premesse la predetta norma in violazione (art. 4 comma 1, lett. b) del codice disciplinare) nonché la Deliberazione del Consiglio centrale di disciplina dell’udienza del 7 marzo 2017, le cui motivazioni sono richiamate per relationem quali parti integranti del provvedimento stesso, dalla quale emerge la ricostruzione scrupolosa dell’Autorità procedente sui fatti di causa e le motivazioni delle valutazioni assunte dall’Organo, tenendo conto delle osservazioni e discolpe addotte dall'interessato. Come si ricava dagli atti, dalla contestazione degli addebiti il ricorrente è stato incolpato di violazione dell’ art. 4 comma 1, lett. b) del codice disciplinare in quanto avrebbe tenuto un comportamento non consono alla qualifica rivestita (non avendo informato preventivamente il Direttore dell’Istituto di una attività investigativa da svolgersi all’interno della Casa circondariale il giorno 4 marzo 2016, operata da personale proveniente da altre strutture penitenziarie e da altro Corpo estraneo all' Amministrazione per i quali solo il Direttore avrebbe potuto autorizzare l’ingresso).

Pertanto l’assunto della carenza di motivazione ed indeterminatezza della effettiva sanzione non si rileva nella specie in considerazione del contenuto del decreto e della Deliberazione del Consiglio centrale di disciplina richiamata e delle argomentate motivazioni che muovendo dalla violazione contestata descrivono specificamente il comportamento dell’incolpato e i fatti intervenuti, come sopra indicato, tenendo anche conto delle osservazioni di parte. Le argomentazioni articolate nella Deliberazione (richiamata parte integrante del Decreto) sul comportamento negligente in relazione alla mancata comunicazione, che necessariamente doveva essere assicurata tra Comandante e Direttore nel rispetto dell’obbligo di diligenza proprio del Comandante di reparto dell’Istituto, conducono a giustificare adeguatamente la sussistenza dell’illecito contestato, come riscontrato dalle risultanze istruttorie. Perciò, differentemente da quanto assunto dalla parte ricorrente, emergono gli elementi di fatto e le ragioni giuridiche che hanno condotto l’Amministrazione ad adottare la sanzione oggetto di contestazione (con l’applicazione della pena pecuniaria, peraltro, giustificata dal complessivo percorso professionale dell’incolpato e dall’assenza di precedenti disciplinari).

Nè varrebbe obiettare, come sostenuto dal ricorrente, che riguardo i compiti del Comandante la norma regolamentare di cui all’art. 31 del d.P.R. n. 82 del 1989 - laddove è previsto "informa il direttore, immediatamente su ogni fatto dal quale possa derivare pericolo per l’ordine e la sicurezza dell’ istituto..." - non indicherebbe la modalità come effettuare tale informativa (in proprio o mediante altro personale delegato), ammettendo la delega come di fatto applicata dal ricorrente, in quanto osserva il Collegio che la norma dispone la necessaria informativa da parte del Comandante al Direttore "immediatamente ", nel senso di assicurare con rapidità tale flusso informativo, tanto da non lasciare spazio, secondo l’ordinaria diligenza, all’istituto della delega. Del resto di ciò è consapevole lo stesso ricorrente e si ricava dalle stesse doglianze e dal verbale di trattazione orale del procedimento disciplinare del 7.3.2017, in atti, laddove riguardo l’affidamento all’Ispettore sottoposto della intera questione della comunicazione al Direttore, il ricorrente “precisa, inoltre, pur ammettendo la sua mancanza e che avrebbe in effetti ben potuto avvisare telefonicamente il Direttore dell’Istituto, che in quei giorni era molto preso per la sua vicenda familiare”: con l’ammissione dell’interessato medesimo, quindi, della omissione di un comportamento - una telefonata al Direttore – che avrebbe reso la informativa “immediatamente”, come prescritto dalla stessa norma richiamata dal ricorrente.

4. Infine, anche l’esame dell’ultimo motivo di impugnazione sulla nullità del procedimento disciplinare per la violazione dell’art. 15, comma 4, del d.lgs. n. 449 del 1992 non può condurre il Collegio a sovvertire l’esito del giudizio sul ricorso in esame. Al riguardo si rileva che detta disposizione prevede che il funzionario istruttore a cui è stato affidato lo svolgimento di una inchiesta disciplinare "provvede, entro 10 giorni, a contestare gli addebiti al trasgressore invitandolo a presentare le giustificazioni...". Il termine indicato in tale norma, che il ricorrente ritiene irrimediabilmente superato, non ha carattere perentorio ma sollecitatorio non essendo il superamento dello stesso espressamente sanzionato dalla norma, in quanto termine riferito ad atto endo – procedimentale (che tiene conto dello svolgimento di una attività istruttoria con tempi che possono essere più dilatati). Dalle suddette considerazioni discende, conseguentemente, che anche l’eventuale accertamento del superamento del termine non cagionerebbe comunque l’illegittimità del provvedimento disciplinare sanzionatorio (cfr. Cons. Stato, sez. III, 23 settembre 2008, n. 4687; Cons. Stato, sez. IV, 3 maggio 2011, n. 2643).

5. In conclusione il ricorso è infondato e deve essere respinto.

6 - Stante la soccombenza del ricorrente, nulla deve, tuttavia, disporsi in ordine alle spese di giudizio, in assenza di costituzione in giudizio dell’Amministrazione.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Quater), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Nulla per le spese di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'art. 52, comma 1 D. Lgs. 30 giugno 2003 n. 196, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare il Commissario Capo -OMISSIS-.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 15 maggio 2018 con l'intervento dei magistrati:

Salvatore Mezzacapo, Presidente

Mariangela Caminiti, Consigliere, Estensore

Laura Marzano, Consigliere



L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Mariangela Caminiti Salvatore Mezzacapo


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