Riforma ordinamento penitenziario: il testo del parere contrario del relatore della Commissione Giustizia della Camera
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DOCUMENTI Riforma ordinamento penitenziario: il testo del parere contrario del relatore della Commissione Giustizia della Camera 15/07/2018 

CAMERA DEI DEPUTATI

Schema di decreto legislativo recante riforma dell'ordinamento penitenziario (Atto n. 17).


PROPOSTA DI PARERE

La II Commissione,

esaminato il nuovo schema di decreto legislativo recante riforma dell'ordinamento penitenziario (Atto 17), emanato in attuazione della delega legislativa conferita al Governo dalla legge 23 giugno 2017, n. 103 recante «Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e all'ordinamento penitenziario» nella parte relativa alle modifiche all'ordinamento penitenziario (Articolo 1, commi 82, 83 e 85, lettere a), b), c), d), e), f), h), i), l), m), o), r), s), t) e u));

premesso che:

il 16 gennaio 2018, in regime di prorogatio, era stato trasmesso alle Camere un primo schema di decreto legislativo recante riforma dell'ordinamento penitenziario (atto 501), sul quale le Commissioni Giustizia di Camera e Senato si erano espresse in data 7 febbraio 2018 con pareri favorevoli con condizioni e con osservazioni;

il Governo ha inteso conformarsi alle condizioni recate nel parere della Commissione Giustizia della Camera, mentre ha inteso disattendere in gran parte le condizioni rese nel parere reso dalla Commissione Giustizia del Senato;

il nuovo schema di decreto legislativo in oggetto è quindi trasmesso alle Camere nel rispetto della norma di delega (articolo 1, co. 83, legge n. 103 del 2017) che impone al Governo, quando non intenda conformarsi ai pareri parlamentari espressi sul primo schema di decreto originario, di trasmettere nuovamente il testo dello schema con le sue osservazioni e con eventuali modificazioni, corredate dei necessari elementi integrativi di informazione e motivazione, al fine dei pareri definitivi delle Commissioni parlamentari;

considerato che:

il complessivo intervento riguarda diversi ambiti dell'ordinamento penitenziario e del diritto processuale penale, dettando disposizioni in materia di: assistenza sanitaria in ambito penitenziario (Capo I); semplificazione dei procedimenti di esecuzione delle pene e concessione delle misure alternative (Capo II); eliminazione degli automatismi e delle preclusioni per l'accesso a benefici penitenziari e misure alternative alla detenzione (Capo III); ampliamento dell'ambito di applicazione delle misure alternative (Capo IV); valorizzazione del ruolo del volontariato sociale (Capo V); vita all'interno del carcere (Capo VI);

il Governo e il Parlamento della precedente legislatura hanno inteso fornire attraverso il provvedimento in esame una risposta alla nota questione del sovraffollamento carcerario mediante misure finalizzate a deflazionare il sistema, in particolare ampliando l'accesso alle misure alternative alla carcerazione e ai benefici, senza realmente migliorare la qualità della vita all'interno degli istituti carcerari;

tale risposta risulta quindi finalizzata unicamente a conseguire effetti deflattivi in termini processuali e carcerari a totale discapito della sicurezza della collettività e con sacrificio del principio della certezza della pena;

il provvedimento detta norme sulla vita in carcere senza operare un adeguato bilanciamento con l'esigenza di garanzia della sicurezza nelle carceri medesime;

valutato che:

il Parlamento è stato coinvolto sul primo schema di decreto legislativo, dopo un ampio periodo dalla conclusione degli Stati generali dell'esecuzione della pena, durante il periodo di prorogatio delle Camere;

tale circostanza ha di fatto determinato un'inadeguata istruttoria parlamentare rispetto ad una riforma dell'ordinamento penitenziario, la cui adozione risale a più di quaranta anni fa;

occorrerebbe maggiore ponderazione al fine di prendere in considerazione l'impatto della riforma sugli operatori del settore, e in particolare l'inevitabile dispersione di risorse amministrative e giudiziarie e le altre disfunzioni gestionali che potrebbero derivarne;

la nuova maggioranza parlamentare non condivide pertanto l'impianto del provvedimento, ritenendo che i pur condivisibili obiettivi debbano essere perseguiti attraverso misure di diverso genere che comunque non depotenzino l'efficacia dell'esecuzione della pena, garantendo comunque la certezza della pena per coloro che delinquono e la maggiore tutela della sicurezza dei cittadini;

ritenuto, in particolare, che:

suscita perplessità l'intervento di cui all'articolo 4, comma 1, lettera c), nn. 2), 3) e 4) che interviene sull'articolo 35-bis, prevedendo la soppressione del reclamo al tribunale di sorveglianza avverso la decisione del magistrato di sorveglianza, contemplando quindi la sola ricorribilità in Cassazione;
la sola ricorribilità in Cassazione, oltre a sovraccaricare il lavoro della Suprema Corte, potrebbe avere un effetto dissuasivo del ricorso medesimo, rendendo sostanzialmente indisponibile l'unico mezzo di impugnazione previsto;

all'articolo 7, che modifica l'articolo 4-bis dell'ordinamento penitenziario, si riduce il perimetro delle preclusioni all'accesso ai benefici penitenziari e alle misure alternative extramurarie attraverso lo spostamento di alcuni reati dal comma 1 – dove l'accesso alle misure alternative è subordinato alla collaborazione, salvo i casi di collaborazione irrilevante e ferma restando in questi ultimi la necessità che siano stati acquisiti elementi tali da escludere l'attualità di collegamenti con la criminalità organizzata, terroristica o eversiva – ai commi 1-tere 1-quater, ai sensi dei quali i benefici possono essere concessi salvo che siano acquisiti elementi tali da far ritenere la sussistenza di collegamenti con la criminalità organizzata, terroristica o eversiva;

tale spostamento non appare condivisibile in quanto coinvolge fattispecie delittuose che non sono affatto caratterizzate da un minore disvalore sociale;

l'articolo 8 elimina l'obbligo di aver espiato almeno 1/3 della pena al fine dell'assegnazione al lavoro all'esterno per i condannati per i delitti di cui ai commi 1-ter ed 1-quater dell'articolo 4-bis, lasciando fermo l'obbligo per quelli rientranti nel comma 1 del medesimo articolo 4-bis;

tale modifica estende in modo eccessivo, anche riguardo a delitti di particolare gravità (tra cui, omicidio, prostituzione minorile, violenza sessuale, sequestro di persona), l'accesso alla misura premiale;

l'articolo 12 novella gli articoli 90 e 94 del decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, testo unico in materia di sostanze stupefacenti, che disciplinano le modalità di accesso alle misure alternative alla detenzione speciali – sospensione dell'esecuzione della pena e affidamento in prova in casi particolari- previste per i reati commessi in relazione allo stato di tossicodipendenza, aumentando in particolare a 6 anni il limite massimo della pena da eseguire, al fine di poter usufruire delle misure alternative per i reati ricompresi ai commi 1-ter e 1-quater dell'articolo 4-bis dell'ordinamento penitenziario;

tale modifica implicherebbe l'applicabilità di un regime agevolato in relazione a reati di particolare gravità, che non è affatto condivisibile;

l'articolo 14, comma 1, lettera b), introduce l'articolo 47-septies nell'ordinamento penitenziario, prevedendo l'affidamento in prova al servizio sociale di condannati con infermità psichica, secondo il modello dell'analogo istituto previsto per i soli tossicodipendenti e alcooldipendenti; in relazione a tale fattispecie appare eccessivo il limite dei sei anni di pena detentiva da eseguire per l'accesso alla misura;

l'articolo 15 riformula l'articolo 47-ter dell'ordinamento penitenziario relativamente alla detenzione domiciliare, prevedendo che, quando sia idonea al recupero sociale del condannato, essa possa essere applicata per l'espiazione della pena detentiva da eseguire in misura non superiore a 4 anni, qualora non sia possibile la concessione dell'affidamento in prova a causa del pericolo di commissione di altri reati. Inoltre viene abrogata la disposizione vigente che esclude dalla misura alternativa della detenzione domiciliare generica tutti i reati ricompresi all'articolo 4-bis dell'ordinamento penitenziario;

tale abrogazione determinerebbe un eccessivo ampliamento del ricorso alla detenzione domiciliare, in particolare per reati di eccezionale gravità e pericolosità, che, a norma di delega, andrebbero peraltro specificati nella norma delegata;

in ogni caso si riterrebbe opportuno escludere l'accesso alla misura per tutti i reati di cui all'articolo 4-bis e non solo per quelli di eccezionale gravità;

al nuovo articolo 47-ter, comma 1, lettere a) e b), e al nuovo articolo 47-quinquiesdell'ordinamento penitenziario, previsti all'articolo 15, viene contemplata la possibilità di concessione della misura della detenzione domiciliare per le detenute madri, escludendo l'applicabilità del divieto previsto dal comma 1 dell'articolo 4-bis dell'ordinamento medesimo;

si tratta di una previsione che potrebbe porre seri rischi per l'ordine pubblico nella misura in cui consenta ad appartenenti alla criminalità organizzata di stampo mafioso di ottenere la possibilità di beneficiarne al determinarsi di condizioni impeditive del ruolo della madre;

l'articolo 16 novella la disciplina della semilibertà riducendo il periodo di detenzione necessario ai fini della ammissione alla misura alternativa per coloro i quali commettano delitti di cui ai commi 1-ter e 1-quater dell'articolo 4-bis dell'ordinamento penitenziario, riducendo alla metà il limite attualmente previsto (aver scontato i 2/3 della pena);

tale modifica non è condivisibile, in quanto finisce per coinvolgere anche delitti di particolare gravità (tra i quali, omicidio, prostituzione minorile, violenza sessuale, sequestro di persona);

in ordine alla disciplina di preclusione dei benefici penitenziari per i condannati alla pena dell'ergastolo, gli articoli 16 e 19 intervengono sugli istituti della semilibertà e della liberazione condizionale;

in particolare, all'articolo 16, non si condivide la riduzione di cinque anni del tempo necessario per l'accesso al beneficio della semilibertà, stante che, secondo la normativa vigente, il condannato all'ergastolo può accedervi, tra l'altro, dopo l'espiazione di almeno 10 anni di pena;

anche all'articolo 19, che introduce l'articolo 54-bis relativo alla liberazione condizionale, si prevede – in modo non condivisibile – che il condannato alla pena dell'ergastolo possa esservi ammesso anche nel caso in cui abbia sperimentato in modo positivo e costante per almeno 5 anni consecutivi il regime di semilibertà, salvo che per i delitti commessi per finalità di terrorismo, ovvero per i delitti di cui all'articolo 416-bis c.p. o al fine di agevolare le associazioni in esso previste;

in ogni caso l'articolo 19 non specifica i casi di eccezionale gravità e pericolosità che, a norma di delega, andrebbero individuati, non potendo ritenersi sufficiente l'operatività dei divieti dell'articolo 4-bis, poiché essi possono essere superati ove ricorrano determinati presupposti, quali la collaborazione prestata ovvero impossibile o irrilevante e l'assenza di elementi tali da far ritenere la sussistenza di collegamenti con la criminalità organizzata, terroristica o eversiva;

le considerazioni di cui sopra in ordine agli articoli 16 e 19 sono avvalorate dal fatto che la normativa vigente già prevede un sistema flessibile e generoso nei confronti di chi commette reati particolarmente gravi e di grave allarme sociale;

ribadite comunque le osservazioni non accolte recate nel parere della Commissione Giustizia della Camera espresso in data 7 febbraio 2018,

esprime

PARERE CONTRARIO.

Riforma ordinamento penitenziario: il testo del parere contrario del relatore della Commissione Giustizia del Senato

 


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