Tenta il suicidio in ospedale il detenuto marocchino che ha tentato di uccidere la fidanzata durante permesso premio
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NOTIZIE Tenta il suicidio in ospedale il detenuto marocchino che ha tentato di uccidere la fidanzata durante permesso premio 20/10/2019 

Mohamed Safi, il tunisino 36enne arrestato dopo che ha cercato di sgozzare con un coccio di bottiglia la fidanzata alla periferia di Torino, ha tentato il suicidio nel reparto psichiatrico dell’ospedale Molinette dove era piantonato dagli agenti di Polizia Penitenziaria.

Ha provato a impiccarsi usando un camice monouso e alcuni brandelli di garza. È stato soccorso dai sanitari e dai Baschi azzurri. Safi ha tentato il suicidio dopo che, nel pomeriggio, gli è stata negata una sigaretta. Gli agenti gli hanno risposto che non si può fumare in ospedale. Il tunisino è così tornato in stanza, e con un cappio rudimentale ha tentato di impiccarsi. Ma i poliziotti penitenziari lo hanno fermato in tempo.

Ha tentato di uccidere la fidanzata durante permesso premio dal carcere
Safi, che dopo l'aggressione alla compagna era stato arrestato a Torino per tentato omicidio, stava usufruendo di un permesso lavoro da detenuo del carcere Lorusso e Cutugno, infatti l'uomo stava scontando 12 anni di reclusione perchè nel 2008 aveva ucciso a Bergamo la fidanzata, la 21enne Alessandra Mainolfi. Sei mesi fa aveva iniziato a frequentare una torinese di 44 anni, ma ieri la donna aveva scoperto i suoi precendenti ed voleva lasciarlo, così Safi in preda all'ira, all'una di notte nel quartiere Barriera di Milano, si è scagliato contro la vittima con una bottiglia di vetro, sfregiandola al volto. Ora la 44enne è ricoverata in gravi condizioni all'ospedale Maria Vittoria. Ha subìto una brutta lesione del nervo facciale, che è stato riparato al microscopio con un intervento chirurgico.

In ospedale dopo l’arresto
«La Polizia Penitenziaria ha dimostrato professionalità e spirito di sacrificio, e il fatto che non facciamo differenze tra i detenuti, che consideriamo tutti esseri umani. Nonostante sia accaduto che associazioni e gruppi di interesse le vogliano fare nei confronti degli agenti, definiti in certi contesti torturatori», afferma il segretario generale dell’Osapp, Leo Beneduci. Safi è al repartino delle Molinette dal momento dell’arresto, avvenuto venerdì notte in corso Giulio Cesare. Dopo aver sfregiato al volto Concetta, 43 anni, seguendola sul tram venerdì notte, Safi era stato inseguito dagli agenti del commissariato Barriera di Milano, che lo avevano ammanettato in via Leinì. Il tunisino era completamente ubriaco e durante la fuga era andato a sbattere contro un palo della luce, rovinando a terra. Era svenuto ed era stato trasportato dai poliziotti al repartino dell’ospedale Molinette, dove tuttora si trova piantonato. Fino a sabato Safi era sedato. Poi ha ripreso conoscenza. La sua avvocata di fiducia, Daiana Barillaro, ha chiesto, oggi, domenica, di entrare al repartino e di poter parlare con il proprio assistito, ma il permesso le è stato negato per un problema burocratico, di nomina, e perché la domenica, così pare, gli avvocati non potrebbero accedere.

«Salvata da una sciarpa spessa»
«Avevo una sciarpa spessa e solo per questo ho evitato il peggio», le parole di Concetta, la donna che ha rischiato la vita e ha ricostruito i terribili momenti dell’aggressione. «In via Lauro Rossi sono scesa dal tram e lui mi ha seguita. In via Verres mi ha presa alle spalle e mi ha fatta cadere. Ha preso una bottiglia e mi ha colpita più volte. Urlava: “Prima ti ammazzo e poi mi ammazzo io”. Per fortuna passavano di lì i poliziotti». Concetta ha indicato agli agenti del commissariato la direzione di fuga del tunisino, che è stato ammanettato poco distante. «Siamo vicini alla vittima di questo ennesimo tentato femminicidio, tema che rimane grave e urgente nel Paese», ha detto la sindaca di Torino Chiara Appendino.


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