Terroristi fuori dal carcere: dove sono e cosa fanno oggi
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NOTIZIE Terroristi fuori dal carcere: dove sono e cosa fanno oggi 03/01/2019 

Di Cesare Battisti in Brasile si sono perse le tracce non appena è circolata la notizia del mandato di arresto nei suoi confronti e della possibile estradizione in Italia. L’ex terrorista è ufficialmente “latitante” e la polizia federale ha diffuso una sua foto segnaletica accompagnata da 20 rielaborazioni di come potrebbe essere ora (con barba o capelli bianchi, barba o cappello). Ma che fine hanno fanno altri ex esponenti delle Brigate Rosse e terroristi? Di alcuni non si hanno più notizie, mentre altri non mancano di alimentare ciclicamente polemiche, come Barbara Balzerani che la scorsa primavera, in occasione dei 40 anni dal sequestro di Aldo Moro ha presentato un nuovo libro accusando le vittime del terrorismo di approfittare della loro condizione. O come Renato Curcio, tra i fondatori delle BR, arrestato, evaso, condannato, uscito di prigione e al centro di una recente bufera per essere stato scelto come destinatario di un premio dell’ANPI (riconoscimento poi cancellato). Cosa fanno e dove vivono oggi gli ex “leader” degli anni di piombo?

Cesare Battisti
“Se mi arrivasse un invito ad andare e prendere un aereo per riportare in Italia un terrorista e un delinquente, che ha morti e morti sulla coscienza e che non dove starsene in spiaggia in Brasile ma in galera in Italia, io lo prendo al volo”. Così il ministro dell’Interno, Matteo Salvini, il 16 dicembre a poche ore dalla notizia della scomparsa di Cesare Battisti in Brasile. Gli abitanti di Cananeia, dove risiedeva abitualmente da tempo, non lo vedono dal 28 ottobre, giorno della vittoria di Bolsonaro alle elezioni.

Il nuovo presidente brasiliano in campagna elettorale aveva promesso di concedere l’estradizione dell’ex brigatista all’Italia. Il 14 dicembre un giudice federale ne ha ordinato l’arresto per “evitare il pericolo di fuga in vista di un’eventuale estradizione”. Ma il 63enne ex leader dei Proletari armati per il comunismo, condannato in Italia per 4 omicidi, si è dato alla fuga prima di essere catturato, forse diretto in Bolivia. Si trovava in Brasile dal 2010, quando aveva ottenuto la residenza permanente dall’ex presidente Lula Da Silva nell’ultimo giorno del suo mandato.

Renato Curcio
E’ stato tra i fondatori delle Brigate Rosse, condannato a 28 anni come mandante dell’omicidio di Graziano Giralucci e Giuseppe Mazzola (marzo 1974), due militanti del Movimento Sociale Italiano uccisi nella sede del partito in via Zabarella a Padova. Curcio scrisse il volantino di rivendicazione insieme agli altri dirigenti delle BR. Arrestato, evaso e tornato in cella più volte, all’indomani dell’uccisione di Aldo Moro definì l’omicidio “il più alto atto di umanità possibile per i proletari comunisti e rivoluzionari, in questa società divisa in classi”.

Oggi, a 77 anni, Curcio è tornato a dedicarsi alla sociologia, studiata da universitario a Trento. Dopo aver fondato una cooperativa che si occupa di immigrati, disabili e detenuti, stava per ricevere un premio dall’ANPI, a Orsara di Puglia, paese d’origine della madre. Sarebbe salito in cattedra e tenere un seminario sull’Analisi sociale sulle condizioni di vita in alcune istituzioni italiane, con particolare attenzione a carceri, orfanotrofi e case di cura per anziani.

Ma la lezione e la successiva cerimonia (con consegna da parte del Sindaco di una pergamena dell’ANPI alla memoria di Antonio Curcio, zio di Renato e giovane partigiano morto in guerra) sono saltate all’ultimo momento, dopo le polemiche scatenate dalla notizia. L’associazione dei partigiani ha fatto marcia indietro, prendendo le distanze dall’iniziativa, nel frattempo annullata dal primo cittadino del comune del foggiano. Curcio non ha commentato.

Barbara Balzerani
“Fare la vittima è ormai un mestiere”. Così Barbara Balzerani, in occasione della presentazione di un suo libro, lo scorso marzo a Firenze, criticando “questa figura stramba per cui la vittima ha il monopolio della parola. Io non dico che non abbiano diritto a dire la loro, figuriamoci. Ma non ce l’hai solo te il diritto, non è che la storia la puoi fare solo te” aggiunse, suscitando reazioni di condanna.

Queste parole sono state pronunciate, infatti, in occasione dei 40 anni dell’anniversario della strage di via Fani in cui venne ucciso Aldo Moro. Un omicidio che vide coinvolta in prima persona la ex terrorista, membro delle Brigate Rosse dal 1975, arrestata a giugno dell’85, condannata a sei ergastoli e poi tornata in libertà nel 2011 dopo 21 anni di carcere. A gennaio del 2018 aveva già fatto discutere con un post su Facebook, in cui aveva scritto: “ Chi mi ospita oltre confine per i fasti del 40nnale?”.

Oggi la Balzerani, quasi 70enne, è una scrittrice prolifica con all’attivo libri come Compagna luna e Perché io, perché non tu, o Cronaca di un’attesa, o ancora Lascia che il mare entri.

Francesca Mambro
Anche la ex terrorista “nera” Francesca Mambro è stata al centro di polemiche. Dopo sei condanne all'ergastolo per vicende legate al terrorismo di destra, è intervenuta alla festa di Comunione e Liberazione del 2004 insieme a Nadia Mantovani, ex componente della direzione strategica delle Brigate Rosse ed ex compagna di Curcio. Entrambe sorridenti, hanno raccontato della propria vita e delle proprie esperienze da un palco del consueto meeting di Rimini. Nonostante le parole di pentimento (“Abbiamo scelto una strada senza uscita” ha detto Mambro, ex leader dei Nar, i Nuclei Armati Rivoluzionari) e “misericordia”, non sono mancate le critiche. Le stesse rivolte alla ex brigatista rossa Mantovani.

Oggi Mambro è ancora imputata nel processo bis sulla strage di Bologna, insieme al marito Giusva Fioravanti, anche se ha sempre negato ogni responsabilità in quell’episodio, rivendicando invece decine di altre azioni dei NAR. E’ stata condannata complessivamente a 9 ergastoli, per un totale di 84 anni e 8 mesi di reclusione. Nel 1998 è stata ammessa al regime di semilibertà, trasformato nel 2002 in detenzione domiciliare speciale. Dal 2013 la pena è definitivamente estinta.

Nadia Mantovani
Quanto alla Mantovani, ex militante di Autonomia Operaia, entro poi nelle BR e fu compagna di Curcio, dopo la morte della moglie di quest’ultimo Margherita Cagol. Nota col nome di battaglia di Giulia, partecipò all’assalto alla sede della Dc di Mestre. In seguito venne arrestata, condannata ai domiciliari dai quali fuggì, e ricatturata nel covo brigatista di via Montenevoso a Milano, per poi essere condannata a 20 e 2 mesi per terrorismo, banda armata, sequestro di persona (per il coinvolgimento del rapimento Moro), rapina e associazione sovversiva. Si è dissociata dalla BR nel 1985 ed è diventata amica della Mambro dopo aver diviso con lei la cella per tre anni.

Ha terminato di scontare la sua pena nel 1996 e ha fondato l’associazione Verso casa, che si occupa di reinserimento di detenuti nella società.

Alberto Franceschini
Ex terrorista ed ex fondatore delle BR insieme a Curcio e Cagol, anche Franceschini è diventato scrittore. Nel 1974 organizzò e partecipò al sequestro del giudice Mario Sossi a Genova, liberato un anno dopo; arrestato, rivendicò dal carcere anche il delitto Moro, salvo poi prendere le distanze dalla violenza delle Br. Ottenuti i domiciliari alla fine degli anni ’80, dal 1992 la pena è stata ritenuta definitivamente stinta. Franceschini ha iniziato a lavorare presso l’Arci a Roma, come dirigente di una cooperativa che si occupa di immigrati, minori a rischio, tossicodipendenti e detenuti.

Nel 2007 suscita polemiche (e l’intervento dell’ex Capo dello Stato, Napolitano) un suo intervento in tv da via Fani, nel quale racconta del sequestro e dell’omicidio di Aldo Moro e della scorta. Nel corso degli anni ha rilasciato numerose interviste sulla sua storia da ex brigatista e sullo stesso tema ha scritto diversi libri a partire dal 1988, tra i quali Che cosa sono le Br. Le radici, la nascita, la storia, il presente.

Mario Moretti
Anima delle Brigate Rosse, principale ideatore e organizzatore del sequestro Moro, fu lui a interrogare l’esponente politico durante i 55 giorni di prigionia e si ritiene sia stato l’esecutore materiale del suo omicidio. Dopo 9 anni di clandestinità, viene arrestato nel 1981 a Milano e condannato complessivamente a 6 ergastoli. Pur ammettendo il fallimento del progetto di lotta armata, non si è mai dissociato dalle BR e non ha mai voluto collaborare con gli inquirenti.

Dal 1997 ha ottenuto il regime di semilibertà e presta servizio per il centro di recupero di ex detenuti Giorno dopo, facendo ritorno in cella alla sera nel carcere milanese di Opera. Sono una quindicina i libri dei quali è protagonista l’ex leader brigatista: tra questi anche Brigate Rosse. Una storia italiana, scritto insieme alle giornaliste Carla Mosca e Rossana Rossanda, entrate per sei giorni nell’istituto di pena per intervistarlo.

Giorgio Panizzari
Componente dei NAP, i Nuclei Armati Proletari, Panizzari venne arrestato nel 1970 insieme ad altri esponenti della formazione di estrema sinistra e condannato nel ’72 per l’omicidio di un orefice nel corso di una rapina. Dal carcere ha rivendicato il rapimento del giudice Giuseppe Di Gennaro, e ha sostenuto e partecipato a diverse rivolte di detenuti: al manicomio giudiziario di Aversa, dove nel ’74 sequestrò due guardie e ne ferì una, a Viterbo, dove ferì altre due guardie, infine all’Asinara, insieme ai brigatisti Curcio e Franceschini nel ‘79. Le BR ne avevano chiesto la liberazione in cambio di quella di Aldo Moro.

Nell’84 fece scalpore la sua protesta contro la condizione in cella, perché arrivò a cucirsi i genitali e la bocca. Nel 1993 ha ottenuto la semilibertà, lavorando in una cooperativa informatica. Nuovamente arrestato per una serie di rapine in banca compiute con tre terroristi dei Nar anche loro in semilibertà, è stato assolto in appello, ma senza poter tornare in semilibertà. Per questo inizia uno sciopero della fame. Nel 1998 l’allora Capo dello Stato, Scalfaro, gli ha concesso la grazia. Nel frattempo ha scritto due libri, Il sesso degli angeli e Libero per interposto ergastolo.

E’ stato coinvolto nelle indagini per l’omicidio di Massimo D’Antona e per costituzione di banda armata.

Massimo Canfora
Ex Lotta Continua e Prima linea, nel 1983 fu classificato dalle forze dell’ordine come appartenente al gruppo di Sergio Segio, uno degli ultimi e inafferrabili leader del terrorismo, arrestato quello stesso anno. Si disse che poteva contare su “pedine di rilievo nel nuovo gotha del terrorismo”. Collaborò con i Comunisti Organizzati per la Liberazione Proletaria e i Nuclei Comunisti, che avevano come scopo principale la liberazione dei compagni imprigionati e l’attacco alle carceri speciali.

Ma è sempre riuscito a sfuggire all’arresto. Ufficialmente latitante il 62enne vivrebbe a Parigi dove sarebbe diventato imprenditore, fondando una casa editrice che nel 2016 si dice abbia fatturato oltre un milione e mezzo di euro.

Giuseppe Valerio Fioravanti
Insieme alla moglie, Francesca Mambro, Giuseppe Valerio Fioravanti (detto Giusva) rappresenta l’esponente di maggiore spicco e fama del terrorismo cosiddetto “nero”: ha fondato i Nuclei Armati Rivoluzionari, considerati dei estrema destra. Prima bambino prodigio come attore negli anni ’60 (nel popolare sceneggiato La famiglia Benvenuti), poi militante del Movimento Sociale Italiano, a metà degli ’70 diede vita i NAR. Il Tenente, come era soprannominato, venne arrestato nel 1981 e condannato complessivamente a 8 ergastoli, per un totale di 134 anni e 8 mesi di reclusione. Non ha mai rinnegato le sue responsabilità, tranne che per la strage di Bologna, a cui continua a dirsi estraneo.

Dal 2004 ha ottenuto la liberazione condizionale. Cinque anni più tardi, come previsto dalla legge, e dopo 26 anni di detenzione, è tornato un uomo libero ottenendo la patria potestà sulla figlia. Dagli anni ’90 collabora con l’associazione Nessuno tocchi Caino, contro la pena di morte e in favore dei reinserimento sociale dei detenuti. Una decina i libri sulla sua storia, tra i quali quello firmato in prima persona, Questi benedetti genitori… Un libro per bambini che possono leggere anche i grandi, pubblicato nel 1969 dalle Edizioni Paoline. Sull’ex NAR e la moglie è stato realizzato anche un film nel 2014, Bologna 2 agosto... i giorni della collera firmato dai due registi i due registi Giorgio Molteni e Daniele Santamaria Maurizio. Nel 2004 Francesco Patierno aveva progettato un film sui due terroristi “neri” (Banda armata), ma le proteste dei familiari delle vittime e un esposto di Mambro e fioravanti fermarono i lavori in fase di pre-produzione. Nel 2011 lo stesso Patierno ha firmato un docufilm su Fioravanti.

Pochi in carcere. E gli altri?
Dei protagonisti degli “anni di piombo” sono in pochi ad essere ancora in carcere. Dei 6.000 che vennero arrestati nel corso degli anni perché coinvolti a vario titolo nelle stragi terroristiche, oggi sono in carcere in poco più di una cinquantina, meno dell’1%. Tra questi ci sono personaggi protagonisti di episodi più recenti, come Nadia Desdemona Lioce, appartenente alle Nuove Brigate Rosse, condannata per aver partecipato agli omicidi Biagi e D’Antona.

Molti degli ex terroristi degli “anni di piombo”, invece, sono ancora latitanti, per lo più fuggiti all’estero. L’elenco ufficiale ne conta 36. Tra c’è Paolo Ceriano Sebregondi, nobile poi diventato brigatista, condannato all’ergastolo per omicidio, ma che da tempo vivrebbe in Francia. Maurizio Baldesseroni, invece, era tra i componenti di Prima Linea e fu protagonista della strage di Via Adige a Milano, dove con altri terroristi fece irruzione in un locale nel 1978 aprendo il fuoco con pistole e fucili a pallettoni per la caccia al cinghiale. Per quel gesto non ci fu ufficialmente alcun “movente politico”. Non è chiaro se sia ancora vivo: le ultime notizie lo davano attivo nel traffico di droga in Perù.

Incerto anche il destino di Sergio Tornaghi, ex BR condannato all’ergastolo, e di Oscar Tagliaferri, coinvolto anch’egli nella strage di Via Adige. Vivrebbe, invece, in Francia Ermenegildo Marinelli, ex membro del Movimento Comunista Rivoluzionario, che sarebbe diventato imprenditore nel settore del commercio all’ingrosso nella cittadina di Vincennes.

Eleonora Lorusso - panorama.it


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