Tornata la calma nel carcere di Milano San Vittore dopo la sommossa
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STORIA Tornata la calma nel carcere di Milano San Vittore dopo la sommossa 15/04/1969 

La calma è tornata oggi nel carcere di San Vittore a Milano dopo 17 ore di durissima battaglia tra i detenuti e le forze dell'ordine. Le ultime resistenze sono state stroncate stamane alle 7,15 al termine di un ennesimo-attacco da parte dei carabinieri. Non è ancora possibile un bilancio precisò dei feriti: nono una quarantina tra agenti e carabinieri (compreso il comandante del gruppo di Milano, ten. colonnello Gaetano Alessi che ha riportato la frattura della clavicola sinistra) ed oltre un centinaio fra i detenuti. A questo proposito il medico del carcere, dott. Toiti, ha detto: « I prigionieri sono leggermente feriti. Per la maggior parte si tratta di escoriazioni ». Domata la rivolta, è subito cominciato il trasferimento degli ammutinati in una trentina di carceri del Sud e delle isole.

A San Vittore, gravemente devastato, rimangono 200-250 detenuti che verranno sistemati nel quarto raggio, adibito ad infermeria sussidiaria e quasi intatto. La rivolta era scoppiata ieri verso le 16. I detenuti, dopo aver devastato tutto quanto era possibile, si erano asserragliati all'interno saccheggiando i locali della mensa e picchiando coloro che non volevano prendere parte alla sommossa. Alle 22 carabinieri e polizia, appoggiati dal lancio di.,granate-i lacrimogene^ avevano- tentato l'irruzione, ma erano stati respinti con una gragnuola di lattine di olio, sassi, sbarre di ferro, tegole, buglioli. Una irruzione più massiccia, avvenuta verso l'una, aveva avuto lo stesso risultato. Alle 2, raccolti rinforzi (4 mila uomini in tutto), veniva lanciato il terzo ed ultimo attacco.

Fra le urla dei rivoltosi, i colpi di mitra sparati in aria a scopo intimidatorio e lo scoppio delle granate, carabinieri e agenti riuscivano a penetrare nel carcere illuminato dal bagliore degli incendi, dai fari allo iodio e dalle fotoelettriche dei vigili del fuoco. Dopo violenti corpo a corpo, gran parte dei rivoltosi venivano ricacciati nelle celle e alle prime luci dell'alba i carabinieri potevano raggiungere la rotonda ed entrare in cinque dei sei raggi. I carcerati, ormai stanchi, ogni tanto liberavano una delle guardie prese in ostaggio. Alle 6,50 le forze dell'ordine concludevano l'operazione con un ultimo lancio di gas lacrimogeni. I prigionieri del terzo raggio si arrendevano alzando le mani e gridando: « Basta, basta! Non ne possiamo più! ». Alle 7,15 la fine, in un improvviso e assoluto silenzio. Tutti i detenuti hanno atteso le forze dell'ordine nei propri raggi, le mani alzate, il viso al muro. I prigionieri sono stati condotti nei cortili e ad ognuno sono state messe le catene ai polsi. Al centro del gruppo la polizia con i fucili puntati.

Alle 8,30 è uscito dal carcere il magistrato dottor Vaccari: «La rivolta è completamente domata ». Un sopralluogo all'interno di San Vittore ha permesso di accertare che la distruzione tocca l'80 per cento: celle devastate, suppellettili sfasciate, demolito il «Centro osservazione». I danni ammontano a parecchie centinaia di milioni. Verso mezzogiorno è cominciato lo sfollamento dei detenuti: i primi 705 sono partiti per il Sud con due treni speciali messi a disposizione dalle Ferrovie. Giunti alla Stazione Centra le da via Ferrante Aporti i prigionieri sono stati condotti al primo binario: ognuno era legato con catena ad un carabiniere. Parecchi detenuti apparivano scalzi, feriti o contusi. In serata il vice direttore di San Vittore, dottor Santamaria, ha dichiarato: « E' stata una cosa improvvisa che non ci aspettavamo. I nostri carcerati sono stati influenzati dai fatti di Torino e Genova ». Gli è stato chiesto quali sono le cause della rivolta: « I detenuti — ha risposto il dott. Santamaria — chiedono la riforma dei codici e la riforma dei penitenziari. Avanzano molte richieste che riguardano le condizioni di vita all'interno del carcere. Non tutte sono ingiustificate. Alcune erano già prese in considerazione ».

L'attuale direttore, un anno fa, era riuscito a far approvare un piano di spesa che avrebbe dovuto consentire la costruzione di un gabinetto di decenza ogni due celle: il denaro, tuttavia, tardava ad arrivare. I detenuti di San Vittore chiedevano inoltre una migliore retribuzione del lavoro (per il quale percepiscono dalle 12 alle 14.000 lire mensili). L'abolizione della censura sulla corrispondenza e più frequenti colloquio con i familiari. La Procura della Repubblica ha deciso di non far svolgere, domani, alcun processo contro imputati in stato di detenzione tenuto conto dì quanto è accaduto nelle carceri. Due Ispettori del ministero di Grazia e Giustizia sono arrivati in serata da Roma: dirigeranno l'inchiesta giudiziaria per identificare chi ha preso parte attiva alla ribellione. Costoro verranno forse processati per direttissima. Sembra che dei 1350 detenuti presenti a San Vittore, il 40 per cento fosse costituito da « dissidenti », cioè da carcerati che non approvavano la sommossa.

La Stampa 15 aprile 1969


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