Trasferimento Legge 104: Assistente Capo Polizia Penitenziaria perde il ricorso per la revoca del trasferimento
Home > SENTENZE TAR E CONSIGLIO DI STATO

 

SENTENZE TAR E CONSIGLIO DI STATO Trasferimento Legge 104: Assistente Capo Polizia Penitenziaria perde il ricorso per la revoca del trasferimento 23/10/2018 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 834 del 2017, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato Nicola Putignano, con domicilio eletto presso il suo studio in Bari, piazza Aldo Moro 37;
contro

Ministero della Giustizia Dipartimento Penitenziaria, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale Stato Di Bari, domiciliata ex lege in Bari, via Melo, 97;
per l’annullamento della sentenza del T.A.R. per la Puglia, Bari, Sezioni Unite, 26 settembre 2016, n. 1131, previa declaratoria di nullità, per violazione o elusione del giudicato, del provvedimento del 26 aprile 2017, prot. GDAP PU 0139238, con il quale il Ministero della Giustizia- Dipartimento

dell’Amministrazione Penitenziaria ha revocato il trasferimento del ricorrente ai sensi dell’art. 33, comma 5, Legge n. 104/92, dalla Casa Circondariale di Bologna alla Casa Circondariale di Bari, nonché di ogni altro atto presupposto, conseguente o comunque connesso;

e, in subordine, previo mutamento del rito, per l’annullamento del provvedimento del 26 aprile 2017, prot. GDAP PU 0139238.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero della Giustizia Dipartimento Penitenziaria;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 17 ottobre 2018 la dott.ssa Valeria Nicoletta Flammini e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. Con un primo ricorso depositato il 04/08/2016 il Sig. -OMISSIS-, Assistente Capo della Polizia Penitenziaria, già assegnato alla Casa Circondariale di Bologna e trasferito presso la Casa Circondariale di Bari con provvedimento del 02.11.2011 ai sensi dell’art. 33, comma 5, l. 104/1992, impugnava la revoca del trasferimento adottata il 03.05.2016 dal competente Ministero, in esito all’accertato declassamento dell’handicap della persona assistita.

2. Con sentenza n. 1131/2016, passata in giudicato in data 26.03.2017, questo Tribunale accoglieva la domanda, ritenendo che l’Amministrazione, in violazione dell’autovincolo istruttorio imposto dalla Circolare n. 3582/2003, non avesse adeguatamente motivato in ordine alla situazione del disabile: quest’ultima, per quanto “declassata, si manifesta non certo del tutto risolta ed esente da profili di gravità in sé per il tipo di patologia”; statuiva, inoltre, che non erano state tenute in nessun conto “le controdeduzioni dell’interessato del 20 aprile 2016”.

3. In esito alla pronuncia, l’Amministrazione riesaminava la posizione del ricorrente confermando, con provvedimento prot. GDAP PU 0139238 del 26.04.2017, la disposta revoca del trasferimento.

Con ricorso ex art. 112 c.p.a., il sig. -OMISSIS- impugnava la nuova determinazione, ritenendola violativa/elusiva della decisione n.1131/2016 nonché, in subordine, viziata per: 1) violazione degli artt. 33, comma 5, l. 104/1992, 3 e 18 l.241/1990, 22, comma 1, l.300/70 e 6, comma 1, Accordo Nazionale Quadro per il Personale appartenente al Corpo di Polizia Penitenziaria del 2004; 2) eccesso di potere e carenza di istruttoria, illogicità, contraddittorietà e violazione del principio di proporzionalità.

4. Con la sentenza non definitiva n.1285/2017 questo Tribunale, ritenendo che il provvedimento impugnato non fosse in contrasto col giudicato formatosi sulla propria precedente decisione, rigettava il primo motivo, disponendo il mutamento del rito per l’esame della doglianza articolata in via subordinata.

Onerava poi l’Amministrazione al deposito (ordinanza istruttoria adottata all’udienza pubblica n.729 del 21 marzo 2018) della “comunicazione del 25.1.2016 n. 1857, indicata nel corpo dell’impugnato decreto ministeriale del 26.4.2017, con la quale la Direzione della Casa Circondariale di Bari comunicava che a seguito dei controlli ex artt. 71e 72 DPR 445/000 si apprendeva il declassamento dello stato di handicap del congiunto per il quale il ricorrente aveva ottenuto il beneficio ex l. 104/92” nonché “il verbale redatto all'esito della visita di revisione” ed il “il decreto di declassamento dello stato di handicap del congiunto del sig. -OMISSIS--OMISSIS-”. (ordinanza istruttoria n.729 del 21 marzo 2018).

All’udienza di merito del 17 ottobre 2018, il ricorso veniva trattenuto in decisione.

DIRITTO

1. L'art. 33, l. n. 104 del 1992, nel testo in vigore dal 24 novembre 2010, stabilisce, al comma 7bis, l’automatica decadenza dal trasferimento disposto ex comma 5, nel caso di accertata cessazione dei presupposti legittimanti: “il lavoratore di cui al comma 3 decade dai diritti di cui al presente articolo qualora il datore di lavoro o l'INPS accerti l'insussistenza o il venir meno delle condizioni richieste per la legittima fruizione dei medesimi diritti”.

La norma è completata, sul piano regolamentare, dalla Circolare GDAP n. 457451 del 28 dicembre 2012 che, al par. 22, prevede espressamente: "nel caso di cessazione dei presupposti, l'Amministrazione avvierà d'ufficio le procedure di revoca del trasferimento".

Il vigente quadro normativo – che esclude margini di discrezionalità, per l’Amministrazione, nella revoca del beneficio - si presenta pertanto radicalmente mutato rispetto alla disciplina previgente l’entrata in vigore dell’art. 24 l. 183/2010, a suo tempo attuata dalle circolari GDAP n. 3582/2003 e n. 253970/2006.

In precedenza, infatti, all’Amministrazione era riconosciuta una mera facoltà (e non un obbligo) di revoca del disposto trasferimento: quest’ultimo, godeva, pertanto, di un regime di tendenziale e sostanziale stabilità, sicché eventuali determinazioni successive e contrarie, pur tenendo conto della sopravvenuta carenza dei presupposti legittimanti, avrebbero dovuto doverosamente contemperare, unitamente all’interesse pubblico, anche l’interesse del dipendente a permanere nella sede di lavoro precedentemente individuata in base all’assistito.

L’attuale regime, al contrario, è sorretto dall’opposta ratio per cui, il trasferimento ai sensi dell'art. 33, co. 5, L. n. 104 del 1992 è disposto a vantaggio e nell'interesse non dell'Amministrazione né del richiedente, bensì esclusivamente del disabile, sicché "si è, in particolare, di fronte ad un movimento non definitivo, ma subordinato ad un presupposto di fatto esterno ed estraneo all'ambito lavorativo, la cui perdurante presenza è condizione non solo per l'iniziale disposizione del trasferimento, ma anche per la sua perdurante efficacia. Tale natura funzionalizzata del trasferimento è in re ipsa e non necessita […] di un'espressa indicazione nel provvedimento che lo dispone, trattandosi di un dato costitutivo, di un tratto genetico, di un carattere consustanziale del movimento" (Cons. di Stato, IV, sent. n. 4671/2017).

Ne consegue che, al cessare dei presupposti per la fruizione dell’istituto, il provvedimento di trasferimento originariamente adottato è “irrimediabilmente privato della propria costitutiva ragione d'essere, e, dunque, impone all'Amministrazione la revoca del movimento a suo tempo disposto: l'interesse pubblico all'ottimale allocazione del personale, non più compresso dal concorrente interesse alla cura del disabile, di rilievo parimenti pubblico in virtù della qualificazione normativa recata dalla l. n. 104, torna, infatti, a riespandersi pienamente” (Tar Puglia- Bari, decisione n.1007/2018).

2. Orbene, il trasferimento oggetto del presente giudizio, come peraltro ritenuto dalla giurisprudenza amministrativa ormai univoca in casi analoghi (cfr., in proposito, T.A.R. Campania- Napoli n.5625/2018 e n. 2750/2018), nonché da questa stessa sezione (T.A.R. Puglia – Bari, decisione n. 1197/2016) - essendo stato disposto in data successiva (02/11/2011), alle modifiche normative di cui alla l.183/2010 ricade, necessariamente, nella disciplina attualmente in vigore, con conseguente infondatezza del ricorso.

È infatti pacifico - oltreché documentalmente riscontrato (cfr., all. 21, 22 e 23 al fascicolo del ricorrente) - che il presupposto legittimante il trasferimento ex art. 33, comma 5 l.104/1992 (condizione di disabilità grave del familiare assistito) è venuto meno per effetto del declassamento (da handicap grave ex comma 3 ad handicap non grave ex comma 1 art. 1.104/1992), operato in sede di visita collegiale il 23/10/2012 e comunicato tempestivamente dallo stesso ricorrente all’Amministrazione.

Tale circostanza legittima da sé sola l’operato dell’Amministrazione Penitenziaria, che, doverosamente prendendo atto del venir meno delle condizioni richieste per la legittima fruizione delle prerogative di cui alla richiamata l. n. 104 del 1992 (in particolare lo stato di gravità del disabile assistito ex co. 3 art. 33 l.104/1992), ha dovuto disporre la decadenza del ricorrente dal beneficio.

E ciò ha fatto, peraltro, ostendendo tutte le ragioni, normativamente sufficienti, a fondamento del proprio operato, richiamando, nel provvedimento, in modo compiuto e dettagliato, l’intervenuto venir meno dei presupposti all’origine del disposto trasferimento.

Nel provvedimento del 26 aprile 2017, si legge infatti: “preso atto della comunicazione del 25 gennaio 2016, n.1857 con la quale la Direzione della Casa Circondariale di Bari comunicava che a seguito dei previsti controlli ex artt. 71 e 72 DPR 445/2000 si apprendeva del declassamento dello stato di handicap del congiunto disabile per il quale il dipendente in questione aveva ottenuto il beneficio in argomento, a far data dal 6/3/2013” e ancora: “rilevato che l’Amministrazione non possa recedere dalla determinazione assunta a causa del declassamento dello stato di handicap del congiunto disabile per il quale è stato concesso il beneficio”; “rilevato che la normativa dettata dalla l. 104 del 1992, mira a tutelare l’interesse del congiunto portatore di handicap, in situazione di gravità come riconosciuto dalla competente Commissione ASL, ad una assistenza adeguata, e non l’interesse del congiunto, che lo abbia assistito, a permanere in via definitiva nella sede che per tale ragione gli era stata assegnata; Ritenuto che la scelta della sede, pertanto, non è un privilegio che la citata Legge n.104 riconosce a chi ha prestato assistenza ad un congiunto inabile, ma è lo strumento a mezzo del quale si garantisce la continuità dell’assistenza a chi ne ha bisogno”.

In questo contesto e ritenuta la legittimità dell’operato dell’Amministrazione, non colgono nel segno le doglianze del ricorrente in ordine alla necessità, comunque, di ulteriori motivazioni e/o ponderazioni a base del provvedimento di revoca.

Si aggiunga che non vi è risconto, in atti - né il ricorrente ha provato - i profili che evidenzierebbero una disparità di trattamento con altri colleghi, tanto più che, come visto, il regime della revocabilità dei trasferimenti disposti ex art. 33 comma 5 l.104/1992, segue, attualmente, un “doppio binario” in ragione del momento in cui sono stati adottati i relativi provvedimenti (prima o dopo l’entrata in vigore della l.183/2010).

Né rilevano in questa sede, eventuali violazioni del principio di proporzionalità da parte dell’Amministrazione che non avrebbe considerato il sacrificio imposto alla vita familiare e di relazione del ricorrente, ormai fortemente radicata sul territorio e complicata dalla situazione di salute precaria dei congiunti. Tali elementi, idonei, eventualmente, a giustificare la fruizione, in futuro - come adombrato dall’Amministrazione e sussistendone i presupposti - di altri istituti che consentono di contemperare le esigenze lavorative con i bisogni familiari, in nulla inficiano la valutazione – vincolata - effettuata dall’Amministrazione alla luce del chiaro disposto normativo (art. 33 l. 104/1992).

3. Quanto all’invocata applicabilità della Circolare n. 253970/2006, con conseguente stabilizzazione del trasferimento per il decorso del quinquennio dalla sua adozione, anche tale doglianza è da respingere, trattandosi di disciplina regolamentare ampiamente superata - oltreché dalla successiva Circolare n.457551 – dalle disposizioni successivamente intervenute di rango primario (l.183/2010) con cui si pone – per quanto sopra visto - in termini di irrimediabile incompatibilità.

4. Né infine possono assumere rilievo, in questa sede, le osservazioni in ordine alle dotazioni organiche delle sedi di Bari e Bologna: tali dati, per quanto astrattamente rilevanti, non possono, pregiudicare la legittimità del provvedimento adottato, per cui, si ribadisce, in ragione delle considerazioni sopra esposte, consta, in termini di sufficienza motivazionale, il venir meno del presupposto previsto dalle legge ai sensi del combinato disposto di cui ai commi 3,5 e 7bis della l.104/1992. Tali dati, potranno, nel caso, rilevare ai fin di ulteriori istanze di trasferimento e, comunque, in sede di diversa e nuova istruttoria.

5. Quanto infine alla ritenuta illegittimità dell’operato dell’Amministrazione che avrebbe omesso di richiedere il prescritto nulla osta dell’associazione sindacale ex art.22, comma 1, l. 300/70 si osserva come le garanzie previste da tale disposizione normativa, non siano applicabili al caso di specie: in primis, in quanto esse non possono ritenersi operative con riferimento a situazioni connotate ab origine da un elevato grado di temporaneità, com’è, all’indomani della novella di cui alla l.183/2010, l’istituto del trasferimento ex art. 33 comma 5 l.104/1992; inoltre, in quanto il trasferimento ex art. 33, comma 5 è destinato, per sua natura, a concludersi al momento del venir meno delle esigenze assistenziali, in ragione di un fattore esterno all’attività lavorativa e, per quanto qui di interesse, privo di qualsivoglia collegamento con lo svolgimento dell’attività sindacale del dipendente: l’interesse che la norma mira a tutelare attraverso il rilascio del nulla osta - evitando condotte discriminatorie e repressive da parte del datore di lavoro - è, pertanto, ampiamente salvaguardato dal rilievo oggettivo di circostanze su cui né il lavoratore né il datore di lavoro hanno il potere di incidere, salvo gli strumentali obblighi di comunicazione e controllo.

Una diversa lettura finirebbe, invero, per svuotare di precettività il disposto di cui al comma 7bis dell’art. 33 l.104/1992, aprendo le porte, peraltro, ad un utilizzo strumentale della normativa.

Alle luce delle considerazioni ora esposte, il ricorso è infondato.

6. Sussistono giusti motivi per compensare le spese di giudizio in ragione delle oscillazioni che si registrano in giurisprudenza sulla questione, eminentemente interpretativa, sottoposta al Collegio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Compensa le spese.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’art.22, comma 8 D.lg.s. 196/2003, manda alla Segreteria di procedere, in qualsiasi ipotesi di diffusione del presente provvedimento, all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi dato idoneo a rivelare lo stato di salute delle parti o di persone comunque ivi citate.

Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 17 ottobre 2018 con l'intervento dei magistrati:

Angelo Scafuri, Presidente

Desirèe Zonno, Consigliere

Valeria Nicoletta Flammini, Referendario, Estensore



L'ESTENSORE Valeria Nicoletta 

IL PRESIDENTE Flammini Angelo Scafuri


Google News Penitenziaria.it SEGUICI ANCHE SU GOOGLE NEWS