Trecento poliziotti in un anno dimissionari dalla questura: lavoro duro e rende poco
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STORIA Trecento poliziotti in un anno dimissionari dalla questura: lavoro duro e rende poco 10/08/1973 

Inchiesta fra cento che se ne sono andati o se ne andranno tra breve: 93 per motivi economici, 4 per il regolamento troppo rigido, 2 per la pericolosità del servizio, uno per ragioni familiari - Paghe da 64 mila lire lorde (prima nomina) a 300 mila nette (maresciallo con famiglia al massimo della carriera) - "Per noi non vige lo statuto dei lavoratori?" - Mancano delle norme precise per i servizi di emergenza.

A fine dicembre saranno quasi trecento gli agenti della questura che hanno lasciato la divisa nel corso del '73. Non per motivi di anzianità o di salute. Tutti per « dimissioni volontarie ». Un'emorragia inarrestabile, che rischia di paralizzare uno dei servizi più Importanti dello Stato. Quello del poliziotti è un mestiere duro. Con carabinieri e guardie di finanza devono tutelare la legalità In ogni suo aspetto. II fatto che, nei tre corpi armati, le domande di proscioglimento abbiano sfiorato quest'anno il venti per cento dell'organico suscita allarme e richiede Interventi Immediati a tutti i livelli.

Quali sono le cause di questa improvvisa fuga da un lavoro che fino a qualche anno fa era considerato « sicuro e al riparo da ogni sorpresa »? « I colleghi più giovani — dicono alcuni marescialli della questura — se ne vanno dalla polizia dopo i primi tre anni di " rafferma ", cosi come i contadini se ne vanno dalle campagne. Lo fanno quando aprono gli occhi, quando vengono a contatto con la realtà della città. Vedono ragazzi della loro stessa età guadagnare meglio e con un lavoro di minore impegno orario e il più delle volte meno pericoloso. Si sentono fuori del tempo con un regolamento che impone disposizioni assurde e anche il " senso dello Stato " e " lo spirito di corpo " vengono meno. Siamo noi i primi a consigliare a questi giovani, che potrebbero essere nostri figli, di lasciare l'amministrazione non appena se ne presenti l'occasione ».

Parole schiette, pronunciate da uomini che da più di trent'anni sono nella polizia. Sottufficiali che hanno ottenuto encomi e medaglie, nella lotta contro la malavita. Perché tanta amarezza? C'è crisi nel corpo ultracentenario delle guardie di pubblica sicurezza? Generali e questori lo smentiscono. Le domande di congedo, dicono, ci sono sempre state e fanno parte di quella consueta routine che si verifica in qualunque azienda. Per ogni turno di arruolamento le richieste sono sempre In numero maggiore dei posti disponibili. « Chi se ne va — aggiunge un ufficiale dei carabinieri — lo fa perché ha scoperto di non essere adatto a questo lavoro, che richiede sacrificio e abnegazione. Bisogna capire il valore di una divisa, se no, è inutile indossarla ». Non cosi la pensano gli agenti.

Abbiamo intervistato cento « dimissionari ». Ne è venuto fuori un quadro preoccupante del morale che regna oggi tra le forze dell'ordine: 93 hanno risposto che il motivo principale per cui hanno lasciato la polizia è il trattamento economico, quattro hanno chiamato in causa il regolamento troppo rigido, due la pericolosità del mestiere, un altro — Infine — motivi familiari. Esaminiamo questi punti. Trattamento economico — E' pressoché uguale per i tre corpi armati dello Stato. Nel primo periodo di appartenenza alla polizia un agente riceve uno stipendio lordo di 64 mila lire mensili (pensionabili), che salgono a 118 attraverso alcune indennità. I poliziotti che vivono in caserma versano quasi mille lire al giorno per il mantenimento. Un appuntato con vent'annl di servizio, moglie e due figli, ha una paga base di 101 mila lire che, con gli extra per la famiglia e l'alloggio, sale a 217 mila lire nette. Per la pensione è conteggiato solo lo stipendio base. Un vicebrigadlere percepisce dalle 140 mila lire (prima nomina) a 240 mila (con vent'annl di servizio); un maresciallo, al massimo della carriera e con famiglia, sfiora le 300 mila lire. La stessa cifra riceve un commissario, più 50 mila lire mensili per gli straordinari.

Per gli agenti non esiste orario di lavoro. Normalmente fanno 42 ore settimanali, lavorando sei giorni su sette, ma il servizio può essere protratto senza limiti e senza che la paga aumenti. La scorsa settimana un agente della polizia scientifica è stato costretto a fare 72 ore e, poiché protestava, l'hanno minacciato di trasferimento.

Dicono i poliziotti: « Se lo Statuto dei lavoratori sostiene che, a parità di prestazione, ci deve essere lo stesso trattamento economico, perché agli altri dipendenti statali vengono pagati gli straordinari e a noi no? Perché i vigili urbani hanno uno stipendio iniziale quasi triplo di quello di una guardia o di un carabiniere? ». In questura si afferma: « Da tempo l vari governi hanno promesso di prendere in esame il nostro trattamento economico. Ma poiché non abbiamo rappresentanti sindacali, tutto resta allo stato di promessa. Oggi lo stipendio non ci permette più di tirare avanti, chi ha moglie e figli fa i salti mortali per arrivare a fine mese ».

Regolamento militare

Camera e Senato hanno approvato pochi mesi fa una legge che consente al militari il matrimonio a 26 anni. Prima bisognava aspettare fino a 28. E' questo un passo avanti, per eliminare norme sempre più anacronistiche. La polizia moderna ha esigenze che contrastano con regolamenti vecchi di un secolo. Più di una volta gli ufficiali hanno punito agenti perché, nelle foto pubblicate su « La Stampa », apparivano con la divisa in disordine. Ignorando che erano stati ripresi subito dopo l'inseguimento di un rapinatore, dopo la lotta con un ladro o mentre soccorrevano un ferito. Non durante una parata.

Parliamo con un giovane agente che ha presentato le dimissioni e se ne andrà fra 90 giorni. Si sfoga: « Chi fa servizio alla Mobile talvolta si sente un burattino. I funzionari lo invitano a farsi crescere i capelli per passare inosservato tra gli hippy, i colonnelli lo puniscono perché li deve portare corti. Viviamo in caserma, dove la mensa ha orari da collegio. Chi non arriva a cena per le 21 resta senza mangiare. Ma ì ritardi sono dovuti al servizio, appostamenti e pedinamenti, per esempio. Quando si fa il turno di notte è impossibile dormire durante il giorno. Gli ufficiali rifiutano di mettere nelle stesse stanze agenti con lo stesso orario ».

Pericolosità del servizio

La delinquenza si fa sempre più agguerrita. Ci dicono gli agenti dimissionari: « Non è questo che et spaventa, anche se in un anno abbiamo avuto più di 200 feriti. Ma la mancanza di disposizioni precise nei casi di emergenza. Per i giornali e l'opinione pubblica noi abbiamo sempre torto. Se segnalano rapinatori in banca, corriamo sul posto con il terrore di trovarli ancora negli uffici. Come dovremmo comportarci? Sparare, con il rischio di colpire passanti o clienti? Lasciarli fuggire? Oppure fermarci cento metri prima e attendere, via radio, le istruzioni del procuratore della Repubblica? ». Cosi la Mobile si dissangua.

Venuti dalla campagna, dal poveri paesi del Sud, nella speranza di una vita diversa, di uno stipendio decoroso, del prestigio della divisa, gli agenti se ne vanno, uno dopo l'altro delusi. Anche per questo lo Stato rischia di perdere la lotta contro la malavita.

La Stampa 10 agosto 1973


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