Enrico Galvaligi, Generale dei Carabinieri responsabile delle carceri di massima sicurezza, ucciso dalle BR il 31 dicembre 1980
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CADUTI Enrico Galvaligi, Generale dei Carabinieri responsabile delle carceri di massima sicurezza, ucciso dalle BR il 31 dicembre 1980 31/12/2019 

Enrico Riziero Galvaligi, Generale di Brigata dell’Arma dei Carabinieri, nato a Solbiate Arno (VA) l’11 ottobre 1920 è stato ucciso a Roma il 31 dicembre 1980 da due terroristi delle Brigate Rosse.

E' l’ultimo giorno dell’anno, il 1980, sono le sette di sera. In una Roma che si prepara ai festeggiamenti, il generale dei Carabinieri Enrico Riziero Galvaligi torna dalla messa insieme alla moglie. Ad aspettarlo davanti al portone di casa ci sono due giovani fattorini. Devono consegnargli un cesto natalizio. L’involucro di cellophane avvolge otto bottiglie di vino, torrone, dolciumi. Il generale porta la mano alla tasca per cercare qualche spicciolo di mancia. Uno dei ragazzi gli spara, due, tre, cinque colpi. Il generale crolla a terra, due proiettili lo hanno colpito al cuore.

 

LA CARRIERA DI ENRICO RIZIERO GALVALIGI NEL DOPOGUERRA

Nel 1949 Enrico Riziero Galvaligi conobbe a Roma Carlo Alberto Dalla Chiesa, del quale diventò buon amico. Durante gli anni cinquanta, sessanta e settanta Galvaligi fu dislocato ad operare a Roma, a Palermo, a Torino e poi di nuovo a Roma, collaborando spesso col generale Dalla Chiesa e ricevendo continue promozioni di grado: capitano, maggiore, tenente colonnello, colonnello e infine generale di brigata.

Dalla Chiesa lo volle al suo fianco, nominandolo vicecomandante del Coordinamento dei Servizi di sicurezza per gli istituti di prevenzione e pena, incarico mantenuto poi alle dipendenze del generale Renato Risi, che aveva sostituito Dalla Chiesa nel comando. La sua mansione consisteva infatti nel coordinare la sorveglianza delle carceri di massima sicurezza dove erano detenuti i più pericolosi terroristi d'Italia, tra cui i penitenziari di Trani, Fossombrone, l'Asinara, Nuoro e Cuneo.

Il 12 dicembre era stato rapito un magistrato, Giovanni D’Urso, dirigente dell’amministrazione penitenziaria al ministero di Grazia e Giustizia. I sequestratori chiesero, come contropartita per il rilascio, la chiusura del carcere di massima sicurezza dell’Asinara. E la ottennero. Ma contemporaneamente esplose la rivolta in un altro carcere di massima sicurezza, quello di Trani, dove i terroristi detenuti sequestrarono diciotto Agenti di Custodia prima che gli uomini del Gruppo di Intervento Speciale dei Carabinieri (GIS: il nuovo reparto dei Carabinieri istituito dal Ministro dell'Interno Francesco Cossiga nel 1978) facessero irruzione. liberandoli.

I terroristi decisero quindi di vendicare quella sconfitta e di attaccare l'importanza simbolica dell'incarico che Galvaligi ricopriva.

Pochi giorni dopo, esattamente il 31 dicembre 1980, Galvaligi fu ucciso nell'androne del palazzo ove risiedeva a Roma, da due terroristi delle Brigate Rosse, Remo Pancelli e Pietro Vanzi, che si erano finti fattorini di un corriere espresso, arrivati a recapitare una strenna di Capodanno. Il comunicato di rivendicazione inviato successivamente ai giornali collegava l'assassinio al sequestro del giudice D'Urso, che venne finanche sospettato di aver indicato ai brigatisti il nome di Galvaligi quale mandante del blitz di Trani.

 

COMUNICATO N.7 DELLE BRIGATE ROSSE DEL 1 GENNAIO 1981

"La lotta dei proletari prigionieri continua. Il giorno 31-12-1980, alle ore 19.15, un nucleo armato della nostra Organizzazione ha giustiziato il generale dei carabinieri Enrico Galvaligi… Era il braccio destro di Dalla Chiesa da tempi molto lontani. Insieme al suo degno compare aveva organizzato l’Ufficio di coordinamento per i servizi di sicurezza nelle carceri e, in concreto, aveva realizzato e pianificato le modalità della strategia di guerra nel carcerario… Galvaligi rappresentava la continuità della linea dell’intervento dei carabinieri dentro il ministero di Grazia e giustizia e, proprio per questo, il boia D’Urso lo conosceva bene. Erano due facce della stessa medaglia. La battaglia iniziata con la cattura del boia D’Urso continua, e nel proseguimento di essa le Brigate rosse sono incondizionatamente al fianco dei Proletari in lotta".

Il giudice D’Urso fu liberato il 15 gennaio, con modalità che ricordavano in modo sinistro il rinvenimento del cadavere di Moro: fu trovato, incatenato, in un’auto parcheggiata nei pressi del ministero di Grazia e Giustizia.

Al pari del sequestro e dell’omicidio del Vice Brigadiere degli Agenti di Custodia Raffaele Cinotti (ucciso il 7 aprile 1981), l’omicidio del generale Galvaligi si collocò in un momento caratterizzato da atteggiamenti di particolare violenza eversiva contro chi, a vario titolo, operava all’interno del sistema carcerario. Le “Brigate Rosse” avevano deciso di aprire il “fronte carceri” per “organizzare la liberazione dei proletari prigionieri” e smantellare il circuito penitenziario di rigore che lo Stato aveva deciso di adottare per i terroristi. I processi accerteranno che il fatto era stato organizzato e compiuto da esponenti del gruppo terroristico che lo aveva rivendicato.

Le esequie furono dapprima celebrate in forma pubblica il 2 gennaio 1981 presso la basilica dei Santi XII Apostoli di Roma, officiante l'ordinario militare d'Italia Mario Schierano, alla presenza delle massime autorità politiche e militari dello Stato (tra gli altri il presidente della Repubblica Sandro Pertini, i presidenti delle camere Nilde Jotti e Amintore Fanfani, il vicepremier Arnaldo Forlani e il capo di stato maggiore della difesa Giovanni Torrisi); il rito privato si tenne invece l'indomani alla chiesa dei Santi Pietro e Paolo di Brinzio, officiante il vescovo di Como Teresio Ferraroni e alla presenza dello stesso generale Dalla Chiesa. La salma fu poi tumulata nel locale cimitero, in un colombario concesso perpetuamente dal comune; nello stesso loculo venne poi sepolta anche la moglie Federica, morta nel 2011.

 

INCARICHI MILITARI

Suo padre, Paolo, era un operaio e aveva sposato una donna di Brinzio. Dopo essersi diplomato all'Istituto Magistrale di Varese, Riziero decise di intraprendere la carriera militare nel 1939. Tre anni più tardi, all'età di 22 anni, entrò a far parte dell'Arma dei Carabinieri.

Durante la Seconda guerra mondiale combatté in Grecia, dove in maniera eroica salvò la vita ad un comandante dei Carabinieri. Dopo l'8 settembre 1943, decise di non aderire alla Repubblica Sociale e fu quindi arrestato dai tedeschi e trasferito nel carcere di Trieste.

Riuscì fortunatamente a fuggire dalla prigione pochi giorni prima della deportazione in Germania, ritornando quindi nella zona delle Prealpi Varesine, dove iniziò ad operare come partigiano.

Stabilitosi a Brinzio, Riziero conobbe Federica Bergami, una donna di origini bolognesi, sfollata dall'Emilia con i suoi familiari, che sposò nel dopoguerra. Da lei avrà un figlio, Paolo, anch'egli divenuto in seguito carabiniere.

 

MEDAGLIA D'ORO AL VALOR CIVILE ALLA MEMORIA

“Addetto all’Ufficio di Coordinamento dei Servizi di Sicurezza degli Istituti di Prevenzione e Pena, in un momento caratterizzato dal riacutizzarsi della violenza contro l’intero sistema carcerario da parte della criminalità eversiva organizzata, perseverava, nonostante le ripetute minacce a lui rivolte, nella propria missione con assoluta dedizione e sprezzo del pericolo, in difesa delle istituzioni e nell’interesse della comunità. Nel corso di proditoria imboscata, tesa con estrema efferatezza da gruppo di terroristi, veniva trucidato con numerosi colpi d’arma da fuoco esplosigli da distanza ravvicinata, sublimando col supremo sacrificio una vita spesa al servizio della collettività.” Roma,31 dicembre 1980.

 

MEDAGLIA D'ARGENTO AL VALOR MILITARE

“Durante un’azione di rastrellamento contro ribelli armati in terreno difficile e insidioso, cui aveva chiesto di partecipare volontariamente, sorpreso con pochi uomini dall’imboscata di un nucleo avversario, si spingeva innanzi da solo arditamente, riuscendo ad uccidere il capo della banda che tentava di sopraffarlo. Nell’aspro conflitto che ne seguì dimostrava intrepido valore, dando valido apporto, con l’aiuto di rinforzi sopraggiunti, alla sconfitta dei ribelli costretti alla fuga dopo aver subito ulteriori perdite.” Licavizza Media di Chiapovano (Gorizia), 30 aprile 1943.

In data 18 ottobre 2016 la Caserma sede del Comando Provinciale Carabinieri di Gorizia assume il nominativo di: "Enrico Riziero GALVALIGI"


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