Fausto Dionisi, Appuntato di Pubblica Sicurezza, ucciso durante tentativo di evasione dal carcere di Firenze il 20 gennaio 1978
Home > CADUTI

 

CADUTI Fausto Dionisi, Appuntato di Pubblica Sicurezza, ucciso durante tentativo di evasione dal carcere di Firenze il 20 gennaio 1978 22/01/2020 

Fausto Dionisi era un Appuntato della Polizia di Stato. E’ nato ad Acquapendente (Viterbo) il 6 ottobre 1954 ed è stato ucciso a Firenze il 20 gennaio 1978, durante un fallito tentativo di alcuni terroristi dell’organizzazione di estrema sinistra “Prima Linea” che volevano far evadere alcuni detenuti dal vecchio carcere delle Murate. Fausto Dionisi Lasciò la moglie, Mariella Magi, e una figlia di 2 anni e mezzo, Jessica..

Entrò in Polizia nel 1973 e, dopo aver frequentato le Scuole Allievi di Caserta e Bologna, prestò servizio presso il 7° Reparto Mobile presso la Questura di Firenze. Fu promosso per Merito Straordinario al grado di Appuntato.

L'OMICIDIO DI FAUSTO DIONISI E IL FERIMENTO DI DARIO ATZENI

Il 20 gennaio 1978, prima di mezzogiorno, una donna molto giovane suonò il campanello dell’alloggio di servizio adiacente al carcere delle Murate, in via delle casine 17, dove abitava il Maresciallo degli Agenti di Custodia, Comandante della struttura penitenziaria. Con uno stratagemma si fece aprire la porta dalla moglie del Maresciallo e, tenendola sotto la minaccia di una pistola, fece entrare altri due giovani, che subito cominciarono a segare le sbarre di una finestra che si affaccia sul cortile interno del carcere. Nel frattempo i due detenuti Renato Bandelli e Franco Jannotta terminarono un identico lavoro, cominciato di buon mattino: stavano finendo di segare le sbarre di una finestra della cella in cui erano rinchiusi. Il piano del commando era evidente: aprire una via di fuga ai due detenuti attraverso l’appartamento del Maresciallo, dopo aver divelto le sbarre della finestra che dava sul cortile. In quel frangente, una pattuglia della Volante, composta da tre Agenti di P.S., giunse davanti al carcere per una segnalazione della presenza nei pressi dell'istituto penitenziario di un autofurgone rubato. Il brogliaccio della Polizia cristallizza la tragedia: “Il signor Pisa ci segnala il proprio furgone Fiat 9850 rubatogli il 18/1/78 in via delle Casine con dei giovani a bordo.”

Sul posto, vennero inviale le Volanti 1 e 2. Giunse per prima la Volante 2, la quale appena avvicinatasi al furgone (che doveva servire per il trasporto dei detenuti evasi) venne fatta oggetto di colpi di arma da fuoco esplosi da due terroristi, uno armato di mitra e l’altro di pistola.

Fausto Dionisi, che occupava il sedile anteriore destro, fu colpito in pieno dalla raffica e perse la vita. L'agente Dario Atzeni, anch'esso colpito da quattro proiettili all'altezza dell'inguine, venne salvato dopo un intervento chirurgico. Il terzo membro della pattuglia, Oreste Cianciosi, illeso, rispose al fuoco dei terroristi, che riuscirono a coprirsi la fuga con il lancio di una bomba a mano che però non esplose.

I rilievi sulla scena dell'omicidio di Fausto Dionisi 20 gennaio 1978

LA RIVENDICAZIONE

La prima rivendicazione arrivò il 3 febbraio dello stesso anno al Nuovo Pignone, nel parcheggio dell’azienda dove un sorvegliante segnalava di aver rinvenuto numerosi esemplari di un ciclostilato siglato “Liberiamo i comunisti detenuti nei lager di Stato”. Il 21 dicembre del 1978 tre giovani armati “facevano irruzione nell’agenzia pubblicitaria Manzoni consegnando agli impiegati un volantino a firma Prima Linea, in cui la Digos riporta: “ci assumiamo tutte le responsabilità politiche e militari dell’attacco alle Murate e allo scontro a fuoco vincente in via delle Casine”.

GLI ARRESTI E LE CONDANNE DEGLI ESECUTORI

La Polizia l’11 giugno del 1980 riuscì ad arrestare una decina di attivisti di Prima Linea. Sette facevano parte del commando che tentò la liberazione di tre “compagni” detenuti all’allora carcere delle Murate, altri non furono mai presi.
Gli assassini che parteciparono all’omicidio di Dionisi vennero catturati e condannati a 30 anni di reclusione (poi ridotti a 25 in appello), ma ne scontarono in carcere solo 12 in applicazione della legge sulla dissociazione dal terrorismo e per altri benefici di legge.

Franco Coda, condannato per la morte di Fausto Dionisi, è stato dichiarato morto presunto.
La vedova Mariella Magi Dionisi, presidente dell’Associazione “Memoria” non si rassegna ed ha sempre invitato a continuare le ricerche per fare luce con certezza sul caso: “Dicono che sia morto ma io sono convinta che sia ancora vivo. Ecco perché è necessario continuare le ricerche, sia in Venezuela che negli altri Paesi in cui la sua presenza era stata segnalata. Solo quando mi porteranno la prova che è morto realmente allora ci crederò. Fino a quel momento penso che sia necessario continuare a cercarlo”.

Nel 2000, per alcuni dei condannati, fu avviata la pratica della “riabilitazione” presso il tribunale di Roma. Nonostante il parere contrario della famiglia della vittima, il tribunale cancellò le pene accessorie ai condannati, consentendone l'eleggibilità a cariche pubbliche. Uno dei condannati per l'omicidio, Sergio D'Elia, con l'imputazione di concorso morale (prevista dalla legislazione del tempo per chi era - o era ritenuto essere - a conoscenza di reati di terrorismo o ne aveva partecipato all'organizzazione), in quanto non prese parte materialmente all'operazione né era a conoscenza del fatto che sarebbe stato perpetrato un omicidio, è stato eletto nel 2006 deputato nelle liste della Rosa nel Pugno ottenendo l’incarico di Segretario della Camera dei Deputati nella XV Legislatura. Sergio D’Elia è da tempo esponente dei Partito Radicale e Segretario dell’Associazione “Nessuno Tocchi Caino” che si batte per l’abolizione dell’ergastolo ostativo e del 41-bis dell’ordinamento penitenziario.

INTITOLAZIONI

Il salone d’onore della Questura è dedicato alla memoria di Fausto Dionisi, così come una scuola d’infanzia a Varlungo; una via cittadina prospiciente la caserma Fadini, sede della Questura di Firenze, gli venne intestata nel 1991.

MEDAGLIA D’ORO AL VALOR CIVILE

Portatosi unitamente ad altri militari nei pressi di un carcere ove era stato segnalato un autofurgone rubato, notati alcuni individui in atteggiamento sospetto, li affrontava decisamente, al fine di identificarli. Colpito a morte dal proditorio ed improvviso fuoco dei malviventi immolava la vita ai più nobili ideali di giustizia ed alto senso del dovere. 20 gennaio 1978 - Firenze. Data conferimento 9 giugno 1979


Google News Penitenziaria.it SEGUICI ANCHE SU GOOGLE NEWS