Al carcere dell'Ucciardone di Palermo Gli studenti gettano cibi ai 22 detenuti in rivolta
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STORIA Al carcere dell'Ucciardone di Palermo Gli studenti gettano cibi ai 22 detenuti in rivolta 22/10/1973 

La polizia ha circondato la zona, ma i giovani riescono ad avvicinarsi Le autorità sperano che, nonostante gli aiuti, i carcerati si arrendano per fame - Dai tetti si risponde: "Abbiamo acqua e zucchero a volontà". Sui tetti della terza sezione del carcere dell'Ucciardone prosegue per il settimo giorno consecutivo la protesta dei 22 giovani detenuti che, dal primo pomeriggio di lunedi, si rifiutano di tornare giù.

Da tre giorni i manifestanti non ricevono cibo, ma affermano di avere acqua e zucchero e di poter resistere ancora una settimana. Gruppi di giovani extraparlamentari continuano a sostare in via Francesco Crispi e in piazza Giacchery, a una trentina di metri in linea d'aria dal cornicione sul quale sono i reclusi, portando cartelli con scritte di solidarietà e scandendo slogan. Il traffico nella zona è molto difficile. Una ragazza, aderente a un gruppo extraparlamentare di sinistra è stata fermata, e subito dopo rilasciata, per aver lanciato verso il cornicione alcune scatolette di carne e mele che però i reclusi non sono riusciti a prendere al volo. Il padre di un ragazzo di 16 anni anche aderente a una formazione extraparlamentare, ieri sera, in piazza Giacchery, si è rivolto a un funzionario di polizia in servizio per chiedergli di invitare suo figlio a tornare a casa. Il funzionario gli ha fatto presente di non poter intervenire e l'uomo, dopo aver esortato ancora una volta e invano il figlio a rincasare con lui, se n'è andato dalla piazza dove ancora stamani sono alcune centinaia di studenti e operai.

Dal tetto i detenuti continuano a lanciare in strada pezzi di tegole che si infrangono sul selciato e le cui schegge sfiorano passanti e automobili in transito. «E' stata una cosa terribile vedere lassù mio fratello» ha detto ai cronisti Giuseppina Gibotta di 19 anni — sorella di Ciro Gibotta di 20, di Pomigliano d'Arco (Napoli), uno dei reclusi che partecipano alla protesta, venuta con la madre a seguire da vicino la manifestazione. «Ora che ci metteranno sul giornale — ha detto Antonietta Violante Gibotta, madre del giovane — chissà cosa diranno di noi in paese».

Ciro Gibotta è in attesa di giudizio da un anno e mezzo, dopo essere stato arrestato per reati comuni. E' stato trasferito all'Ucciardone nel gennaio scorso dopo le proteste avvenute nelle carceri di Poggioreale. Agli striscioni esposti dai detenuti sul tetto del carcere — dove la scorsa notte sono stati di nuovo accesi piccoli falò di carta straccia — se ne sono aggiunti molti altri. Uno dice: «Ucciardone inferno dei vivi». Al sostituto procuratore della Repubblica Domenico Signorino, che in questi giorni ha tentato senza successo di farli desistere, i giovani detenuti hanno ribadito le loro richieste: trasferimento immediato negli istituti di pena di provenienza per potere incontrare più spesso i parenti e rapido disbrigo dei procedimenti che li riguardano.

La Stampa 22 ottobre 1973


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