Carceri e coronavirus: chi non ha capito l'emergenza si faccia da parte
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NOTIZIE Carceri e coronavirus: chi non ha capito l'emergenza si faccia da parte 29/03/2020 

Oggi anche il Santo Padre ha chiesto di intervenire sulla questione delle carceri. Si sono già espressi magistrati, avvocati, sindacati della Polizia Penitenziaria, garanti e associazioni di varia natura ed estrazione. Negli ultimi giorni abbiamo assistito a rivolte in tutte le carceri d’Italia. Abbiamo contato 14 detenuti morti nei tumulti. Assistito a fughe di massa di detenuti e alla devastazione di penitenziari con danni accertati per milioni di euro. Visto in tv agenti della Polizia Penitenziaria feriti o sequestrati da delinquenti che poi sono evasi. Appreso di detenuti positivi al covid 19 lasciati nelle celle come se nulla fosse, agenti infettati e in qualche caso deceduti per effetto del contagio.

Che cosa si sta aspettando?

Non c’è bisogno di avere capacità politiche, cultura, lungimiranza e sapienza (ingredienti indispensabili del buon politico, come ben detto in un articolo del Riformista dal titolo “A rischio rovina/ Il dramma di avere un Paese in mano agli sconosciuti di Piero Sansonetti, per capire che si deve intervenire “ieri”, perché oggi già è troppo tardi.

Mi sembra davvero assurdo che a distanza di due mesi dalla dichiarazione dell’emergenza sanitaria non esista ancora un piano strategico sulla questione carceraria.

Bisogna nominare subito un comitato tecnico o un commissario per l’emergenza. Ma soprattutto si devono prevedere poteri speciali di intervento. Non c’è bisogno di indulti o di amnistie, ma di un po’ di buon senso e di lungimiranza.

Le misure previste dagli artt. 83 e 123 del D.l. del 18 marzo (il cosiddetto “Cura Italia”), aldilà del titolo, non curano proprio niente.

Le misure non hanno avuto l’impatto “sperato” come molti di noi prevedevano. Pochi detenuti stanno uscendo dal carcere, peraltro, senza un ordine o una strategia chiara. Dal penitenziario di Milano Opera è stato liberato il primo ex detenuto al 41 bis. E molti anche ergastolani aspirano alla detenzione domiciliare. Ma il problema del sovraffollamento resta. Chi conosce l’ambito carcerario sa che anche scarcerando 20 mila detenuti le condizioni sostanzialmente non muterebbero. E noi rischiamo di fare la fine della Colombia. Bisogna agire subito, con un piano straordinario per le carceri, su alcuni profili tecnici.

Me ne vengono subito in mente alcuni che riguardano:

Ambito organizzativo/sanitario

1. Prioritaria è la tutela delle vite umane ( personale della Polizia Penitenziaria e platea dei reclusi) attraverso presidi sanitari idonei; tra questi la necessità di avviare immediatamente un piano di test massivi con tamponi su tutta la popolazione carceraria, anche ricorrendo a laboratori privati esterni (che hanno già in più Regioni dichiarato la propria disponibilità);

2. Si devono prevedere misure organizzative generali, con piani di rimodulazione della dislocazione dei detenuti su tutto il territorio nazionale; verificando anche la possibilità di riutilizzare Istituti dismessi come Pianosa o l’Asinara; nell’ambito di tale intervento bisogna prevedere specifiche misure per i detenuti in regime di 41 bis ed alta sicurezza;

3. Bisogna poi prevedere misure organizzative interne con presidi medici adeguati ( i cosiddetti Centri Diagnostici Terapeutici o CDT) e sezioni detentive dove poter trasportare e curare i detenuti dichiarati positivi al virus, nonché strutture idonee alla quarantena con isolamento per i casi asintomatici. Analoga previsione deve valere per il personale della Polizia Penitenziaria.

Fronte di ordine pubblico

1. Sul piano, invece, della necessità di ripristinare e di garantire l’ordine pubblico, occorre riportare la disciplina nelle carceri attraverso la previsione di specifici delitti di danneggiamento e sommossa, e la previsione di aggravanti speciali per i reati (resistenza, lesioni, etc.) se commessi ai danni della Polizia Penitenziaria e all’interno di Istituti di detenzione e pena;

2. Bisogna individuare specifici protocolli di sicurezza distinti per tipologia di detenuti;

3. Si devono prevedere incentivi e premi (già previsti nel settore) per il personale di Polizia Penitenziaria per l’attuazione di specifici protocolli di gestione dell’ordine interno alle strutture carcerarie.

Amministrazione penitenziaria. Il ministro Guardasigilli Bonafede con il capo del Dap Basentini e un poliziotto della penitenziaria

La storia ci insegna che il carcere è spia del disagio sociale e spesso ciò che accade in carcere anticipa gli eventi esterni. Questo dovrebbe spingere ad intervenire con ancora maggiore tempestività ed efficacia.Vi prego, ve lo chiedo da uomo di diritto, individuate soggetti tecnicamente attrezzati e date loro i poteri necessari per intervenire prima che sia troppo tardi.

Catello Maresca - www.juorno.it


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