Concluso lo sciopero della fame in carcere a Roma; 1500 detenuti erano stremati
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STORIA Concluso lo sciopero della fame in carcere a Roma; 1500 detenuti erano stremati 23/05/1973 

I reclusi hanno sospeso la protesta in seguito alle assicurazioni del ministro della Giustizia Gonella - Carcerazione preventiva, aumento delle pene ai recidivi e "pericolosità sociale" erano i motivi dell'agitazione - I familiari erano sfilati in corteo dinanzi a Palazzo Chigi.

I detenuti delle carceri romane hanno sospeso stasera lo sciopero della fame, iniziato 10 giorni fa a Regina Coeli e in atto da sei a Rebibbia. I reclusi, 280 al vecchio carcere di via della Lungara e 1180 in quello « modello » relegato in periferia vicino alla povera borgata di San Basilio, si sono messi d'accordo, dopo che i rispettivi direttori avevano mostrato loro un documento del ministero di Grazia e Giustizia in cui si affermava che, sia al Senato che alla Camera, le proposte di legge riguardanti l'ordinamento carcerario e la riforma del codice di procedura penale sarebbero state esaminate con sollecitudine.

I carcerati erano allo stremo delle forze ed è stato deciso di far passare un « rancio straordinario», visto che quello delle 19 lo avevano rifiutato. Alla protesta dei carcerati si erano uniti i familiari che già da ieri piantonavano gli ingressi delle prigioni. Oggi in cento e con vistosi cartelli sono sfilati in corteo fino a Palazzo Chigi, sede del governo, chiedendo una rapida risoluzione della drammatica vertenza. Una delegazione è stata ricevuta in piazza della Minerva da un funzionario della presidenza del Consiglio dei ministri. « Abbiamo sentito — hanno detto — solo assicurazioni generiche per cui continueremo ad appoggiare lo sciopero della fame dei nostri padri, dei nostri figli, dei nostri fratelli. Domani ritorneremo davanti al carcere e faremo un nuovo corteo ».

Le richieste dei detenuti di Regina Coeli e Rebibbia, rese note all'inizio della protesta in un messaggio al presidente della Camera, Pertini, al presidente del Senato Fanfani e al ministro di Grazia e Giustizia, Gonella, si articolano in tre punti fondamentali nel contesto del problema generale della riforma del codice di procedura penale. C'è, primo fra tutti, il problema della carcerazione preventiva: « Molti di noi — dicono nel documento — arrivano alla scadenza dei termini di carcerazione senza essere neppure rinviati a giudizio. Bisogna quindi stabilire norme necessarie per snellire la celebrazione dei "processi con detenuti " ».

Nel documento si chiede di abolire l'aumento delle pene per chi ha già subito una condanna. Il recidivo è escluso dai benefici di legge e la seconda condanna gli viene inflitta maggiorata di un sesto o della metà se il reato è della stessa natura del primo o se è stato commesso entro cinque anni dalla precedente condanna. Terzo argomento, messo in evidenza dai carcerati, è quello della « pericolosità », che non viene a cessare neppure a pena espiata. « E' un marchio infamante — scrivono — che ci impedisce dì reinserirci nella vita civile ».

Decisa la protesta, i detenuti avevano cominciato a respingere il cibo. Si erano poi rifiutati di uscire per l'« aria » e di scendere a parlare con i familiari. In un secondo momento allo sciopero avevano aderito anche i « lavoranti » (quei detenuti che hanno mansioni all'interno del carcere e che portano il mangiare nelle celle). Una risposta indiretta al documento dei reclusi era venuta dal ministro Gonella, che aveva inviato ai presidenti dei due rami del Parlamento due telegrammi per sollecitare l'iter delle leggi in materia, ancora da definire.

Al Senato, presso la commissione giustizia, sono attualmente pendenti il disegno di legge sulla riforma dell'ordinamento penitenziario e le modifiche al libro secondo del codice penale. Alla Camera devono essere presi in esame dalla commissione i disegni di legge delega per la riforma del codice di procedura penale, le modifiche al libro primo del codice penale. « Il ritardo della discussione di tali provvedimenti — dice Gonella — è tra l'altro motivo di ripetuto turbamento negli istituti penitenziali ».

Fanfani aveva risposto al ministro facendo presente che la commissione ha ultimato l'esame di alcuni provvedimenti in questione e ha iniziato quello per la riforma dell'ordinamento penitenziario, delegando a una sottocommissione la redazione del testo e degli articoli della legge, mentre è stata disposta un'indagine conoscitiva in materia. Pertini aveva assicurato di sollecitare la presidenza della commissione per l'esame dei disegni di legge.

La Stampa 23 maggio 1973


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