Corte Costituzionale: gli avvocati non potranno pił scioperare se in udienza ci sono degli imputati detenuti
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SENTENZE E PROCESSI Corte Costituzionale: gli avvocati non potranno pił scioperare se in udienza ci sono degli imputati detenuti 28/07/2018 

Gli avvocati non potranno più scioperare ed astenersi dalle udienze in cui vi sono degli imputati detenuti. Lo ha stabilito la Corte Costituzionale, sottolineando che soltanto il legislatore può intervenire in una materia che incide sulla libertà personale e stabilire la durata della custodia cautelare.

Fino ad oggi i legali agivano in funzione di un codice di autoregolamentazione delle astensioni dalle udienze, adottato il 4 aprile 2007 dall'Organismo unitario dell'Avvocatura e da altre associazioni quali Ucpi, Anfi, Anf, Aiga e Uncc e considerato idoneo dalla Commissione di garanzia sugli scioperi. Ed era grazie a questo codice che si era stabilito che i legali potessero astenersi dal lavoro, anche in presenza di detenuti, ma con il loro consenso esplicito.


Quando l'imputato non si opponeva allo sciopero del proprio legale, il processo veniva rinviato e i termini di custodia cautelare venivano sospesi, con il conseguente allungamento del periodo di restrizione della libertà personale, sia pure entro i limiti di durata complessiva prevista dalla legge.

La questione era stata sollevata lo scorso anno dal giudice Francesco Caruso, presidente della Corte che sta gestendo il maxiprocesso "Aemilia", a Reggio Emilia: lo scorso anno aveva deciso di andare avanti con le udienze nonostante lo sciopero dei legali. Una decisione che era stata impugnata da alcuni avvocati arrivati a sostenere la tesi secondo cui il processo, a partire dall'udienza incriminata, andava completamente annullato e rifatto.

Da qui la richiesta di parere alla Consulta da parte del giudice Caruso che aveva sostenuto come l'imputato, a causa delle astensioni, "subisse restrizioni della libertà personale per motivi diversi da quelli espressamente considerati dalla legge". La decisione della Corte (relatore Giovanni Amoroso) mette una pietra tombale sulla questione bocciando i legali.

La sentenza depositata ieri si fonda sull'articolo 13 della Costituzione, in base al quale "soltanto il legislatore può intervenire in una materia che incide sulla libertà personale e stabilire la durata della custodia cautelare". Ed è per questo che esiste una illegittimità costituzionale dell'articolo 2 bis nella parte in cui consente (o meglio non preclude) che il codice di autoregolamentazione interferisca con la disciplina legale dei limiti della custodia cautelare e dunque della libertà degli imputati.

"Quella della Consulta è una sentenza oscura: non si capisce se ha allargato la possibilità degli avvocati di astenersi dalle udienze, a prescindere dalla volontà degli imputati, o se invece l'ha esclusa quando ci sono imputati detenuti". A criticare la pronunzia è l'avvocato ed ex parlamentare Gaetano Pecorella, che davanti alla Consulta ha sostenuto le ragioni dell'Unione delle Camere penali, di cui è stato presidente.

repubblica.it


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