Detenuti e agenti si accusano per la lunga notte a Rebibbia
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STORIA Detenuti e agenti si accusano per la lunga notte a Rebibbia 18/07/1972 

I reclusi sostengono di essere stati aggrediti e picchiati in modo selvaggio per punizione e per vendetta - Le guardie replicano di essersi limitate a vincere con la forza l'opposizione di chi non voleva accettare il trasferimento a Regina Coeli.

I detenuti di Rebibbia sostengono di essere stati aggrediti e picchiati in modo selvaggio per punizione e per vendetta; gli agenti di custodia replicano di essersi limitati a vincere con la forza l'opposizione di chi non intendeva obbedire all'ordine di trasferirsi a Regina Coeli. Qualcosa di grave è avvenuto senza dubbio la notte di martedì scorso in quello che viene indicato come uno fra i più efficienti istituti penitenziari: ma le versioni sono cosi in contrasto fra loro che non è facile arrivare rapidamente alla verità.

Alle denunce per maltrattamenti e lesioni degli uni si contrappongono, infatti, quelle per resistenza ed oltraggio degli altri. I detenuti feriti sono 46 ef cioè tutti quelli trasferiti da un carcere all'altro; ma anche 20 agenti di custodia dichiarano di avere riportato forti contusioni. Il sostituito procuratore della Repubblica,. Antonio Furino, ha iniziato le indagini, ha interrogato tutti, ha disposto gli accertamenti medicolegali: domani, trasferisce gli atti al giudice istruttore perché il problema da risolvere è complesso, la situazione molto delicata. « Siamo stati sottoposti ad un pestaggio brutale — è la versione dei detenuti — organizzato in modo scientifico. Alle dieci di sera, gli agenti di custodia sono entrati nelle celle, hanno prelevato quelli di noi che erano indicati in un certo elenco, ci hanno radunati in un locale a pianterreno, ci hanno fatti spogliare e poi a turno ci hanno portati in un sotterraneo dove siamo stati picchiati con bastonate, calci, schiaffi. Poi siamo stati costretti a camminare in un corridoio fra due file di agenti che ci hanno continuato a bastonare. Finalmente siamo stati affidati, nel cortile, ai carabinieri che ci hanno portati a Regina Coeli ». Qualcuno aggiunge che il « trattamento » venne proseguito durante la notte anche nel vecchio carcere dove i detenuti furono chiusi nelle celle di punizione e bastonati ancora.

L'episodio, di cui si parlerà domani al Senato e alla Camera dove il ministro della Giustizia risponderà a talune interrogazioni, è da collegarsi alle proteste di alcuni detenuti che, domenica scorsa, sono rimasti l'intera giornata sui tetti di Rebibbia discendendo soltanto a sera quando la direzione ha accettato taluni miglioramenti nella organizzazione interna del carcere. Quarantotto ore dopo, il ministero della Giustizia dispose che i detenuti maggiormente distintisi nella manifestazione di protesta venissero trasferiti in altre carceri. L'ordine venne eseguito durante la notte.

Secondo la versione fornita dagli agenti di custodia al magistrato e sintetizzata nel rapporto-denuncia inviato dal direttore, dott. Castellano al ministero della Giustizia, i detenuti si ribellarono alla disposizione. « Fu necessario — questa la tesi degli agenti di custodia — procedere con la forza: i detenuti non volevano lasciare le celle ed allora furono presi di peso e trascinati in cortile dove, ammanettati, vennero consegna| fi ai carabinieri ».

Il giorno successivo l'avv. Marcello Petrelli venne avvertito che un suo cliente, Dante Micozzi, implicato nel traffico di droga al night « Number One », era stato trasferito a Regina Coeli. Andò a trovarlo e inizialmente gii venne negato il permesso di vederlo. Insistette e Dante Micozzi arrivò nell'ufficio dei colloqui camminando a fatica e con il volto tumefatto. « Siamo stati massacrati — raccontò Micozzi — ma forse sono in grado di riconoscere chi mi ha picchiato ». Da qui la denuncia che ha messo in moto la macchina della giustizia, seguita da iniziative analoghe assunte da altri detenuti. Contemporaneamente, però, il direttore del carcere denunciava i detenuti.

Chi dice il falso, chi dice il vero? Ai giornali è arrivata una lettera firmata da un gruppo di detenuti che non intende, ovviamente, farsi identificare. « E' stata una notte di terrore e di tregenda — si dice nella lettera — che ci riporta ai campi di concentramento nazisti. (...) I detenuti prescelti, dopo la prima scarica di botte e poi fatti passare per un corridoio di guardie carcerarie che colpiscono a randellate, fino a che ogni disgraziato non ha percorso l'intero corridoio. (...) ».

La Stampa 18 luglio 1972
 


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