Ferrara, ispettore della Polizia Penitenziaria accusato di spaccio e percosse
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NOTIZIE Ferrara, ispettore della Polizia Penitenziaria accusato di spaccio e percosse 30/04/2018 

Ferrara, 30 aprile 2018- Le accuse sono pesanti e infamanti: concorso in spaccio di droga e botte a un detenuto. Il tutto perché si sarebbe adoperato per fare entrare droga nel carcere di massima sicurezza dell’Arginone.

 E lui, l’ispettore R.T, da oltre 30 anni nel penitenziario ci lavora. «E ora – sbotta il poliziotto e segretario provinciale del Sappe – mi trovo a dovermi difendere da questi addebiti assurdi, che macchiano la mia persona e professionalità. Tutto avrei pensato, ma mai un’accusa di spaccio».

 L’avviso di garanzia, firmato dal pm Isabella Cavallari dopo l’indagine della squadra Mobile, gli è stato notificato alla fine del mese scorso e le bordate portano la data dell’1 febbraio quando la polizia arrestò Wafaa El Boujany, una marocchina di 26 anni che, nella sala colloqui dell’Arginone, quel giorno venne pizzicata a passare una stecca di 24 grammi di hashish al marito Amin El Madoun, già detenuto per spaccio. Quando intervennero gli agenti della Penitenziaria, il fumo era già stato occultato nelle mutande dell’uomo, poi denunciato, mentre la donna ammanettata.

 

E l’ispettore T.  cosa c’entra con questa storia? Presto detto. Secondo le indagini, avrebbe avuto un ruolo ben preciso assieme a un suo confidente, un detenuto italiano. Tutto era partito da un’indagine interna al carcere per una serie di ‘voci’ sull’arrivo di droga, così la dirigenza decise di fare un blitz con i cani ma senza risultati. «T. – spiega l’avvocato D. L. – si era attivato attraverso il suo confidente per ottenere informazioni e cercare di interrompere il flusso del narcotico dall’esterno. Dopo aver acquisito notizie e individuato lo scambio, lo riferì immediatamente al suo comandante e, quello stesso giorno, avvenne l’arresto della marocchina. Ma l’aver fatto il suo lavoro in maniera del tutto egregia, contribuendo a risolvere il problema, evidentemente non è piaciuto e si è trovato pure indagato».

 

Per l’accusa, infatti, T. avrebbe sollecitato il suo confidente a spingere i suoi familiari, del tutto inconsapevoli, a versare mille euro alla marocchina per acquistare la droga da portare al marito in cella. Cosa che avrebbe fatto il confidente italiano, dicendo falsamente – stando agli atti di polizia e procura – ai suoi parenti che il denaro serviva per un avvocato. La droga così venne acquistata e portata a El Boujany. Ma le accuse non finiscono qui. Tronca viene chiamato in causa anche per lesioni personali nei confronti di El Madoun, «costretto con violenza» a rivelargli i nomi di spacciatori. E non riuscendoci, l’avrebbe picchiato provocandogli un ematoma sul volto.

 

«Siamo fiduciosi – continua il legale – nella magistratura e convinti che farà emergere l’assoluta innocenza dell’ispettore, che meriterebbe un elogio per aver contribuito a interrompere l’accesso in carcere della droga, manifestando una non comune professionalità e dedizione al servizio».

 

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