Germana Stefanini: l'hanno attesa a casa sua, processata e assassinata
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STORIA Germana Stefanini: l'hanno attesa a casa sua, processata e assassinata 29/01/1983 

Quasi tutti i terroristi sono stati catturati, ma i pochi ancora in libertà continuano ad uccidere. Il gruppo che ieri ha assassinato la vigilatrice di Rebibbia, Germana Stefanini, è lo stesso che il tre dicembre scorso fece irruzione nello studio privato della dottoressa Giuseppina Galfo (anche lei lavorava a Rebibbia) e le sparò due colpi di pistola al capo dopo averla sottoposta ad un processo «sommario». In quella occasione le intenzioni omicide dei terroristi non ebbero seguito, perché la dottoressa riuscì, nonostante' le gravissime ferite, a sopravvivere.

Ieri i componenti del «Nucleo per il Potere Proletario Armato», questo il nome che si è dato il gruppo, non hanno voluto «correre rischi» e hanno crivellato di proiettili il petto e il capo della loro vittima. Secondo una prima ricostruzione fatta dagli inquirenti, i fatti si sarebbero svolti nel seguente modo. Germana Stefanini è uscita alle 14 da Rebibbia e si è recata a casa, in via Albimonte 15, nel quartiere Prenestino. Nell'alloggio, però, ha trovato i terroristi ad attenderla. I killers l'hanno legata e fotografata con una macchina Polaroid, poi l'hanno sottoposta ad un processo-farsa. La donna è stata quindi costretta a salire su un'auto e condotta chissà dove, forse fuori Roma oppure in un garage isolato. Qui l'hanno fatta entrare nel. bagagliaio di una «131» rubata proprio ieri mattina e l'hanno crivellata.

L'allarme è scattato solo alle 22,16 quando il centralinista del carcere di Rebibbia ha ricevuto una telefonata che annunciava il sequestro di Germana Stefanini. L'agente carcerario ha subito informato il «113» che ha inviato nella zona del carcere di Rebibbia alcune «Volanti». Quindici minuti dopo, una seconda telefonata è stata fatta al quotidiano «Paese Sera»; sempre una voce di uomo ha detto che era stata giustiziata «l'aguzzino, delle, carceri Stefanini Germana» informando che una foto era stata lasciata in un cestino di rifiuti in via dei Maroniti a pochi passi dalla sede del quotidiano. Dieci minuti più tardi una terza telefonata dello stesso tenore è stata fatta al quotidiano «Il Messaggero» al quale è stata fatta trovare una foto identica a quella lasciata a «Paese Sera», in un cestino di rifiuti in via dei Serviti di fronte all'ingresso secondario del giornale. Le due foto mostrano la vigilatrice seduta accanto ad un mobiletto con le braccia legate.

I terroristi hanno a questo punto anche fornito le indicazioni sul luogo dove era stato abbandonato il cadavere. Polizia e carabinieri sono accorsi in via Cesare Algranati. Qui hanno trovato la «131» normalmente parcheggiata a pettine insieme ad altre vetture. Hanno aperto il bagagliaio e hanno trovato il corpo della donna. Nella tarda serata, Carlo Stefanini, fratello della vittima, è rientrato nell'alloggio di via Albimonte che divideva con la sorella. Ha visto la casa completamente in disordine e ha pensato ad una irruzione di ladri. Si è quindi recato al commissariato Porta Maggiore per sporgere denuncia. Qui è stato informato di quanto era avvenuto alla sorella. Sempre nella tarda serata, gli inquirenti hanno accertato che i mobili che compaiono nelle fotografie scattate con la Polaroid sono effettiva mente gli stessi che si trovano nell'alloggio della vittima.

La Stampa 29 gennaio 1983

 

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