Il boss Francesco Bonura, riferimento di Provenzano, dal 41bis ai domiciliari: i nomi degli altri mafiosi pubblicati da L'Espresso che potrebbero seguirlo
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MAFIA 41-BIS Il boss Francesco Bonura, riferimento di Provenzano, dal 41bis ai domiciliari: i nomi degli altri mafiosi pubblicati da L'Espresso che potrebbero seguirlo 22/04/2020 

I capimafia detenuti al 41bis cominciano in questi giorni di emergenza Coronavirus, uno dopo l'altro, a lasciare il carcere. In questo modo insieme al Covid19 inizia a circolare anche per le strade il virus dei mafiosi che non avrebbero dovuto lasciare la cella, per legge. Ed è una doppia pandemia che non possiamo permetterci.

Il giudice di sorveglianza del tribunale di Milano ha concesso gli arresti domiciliari al capomafia di Palermo Francesco Bonura, 78 anni, considerato uno dei boss più influenti, condannato definitivamente per associazione mafiosa a 23 anni. Il collaboratore di giustizia Tommaso Buscetta lo definiva un mafioso “valoroso”. È stato uno degli imputati del primo maxi processo a Cosa nostra dove è stato condannato.

Successivamente, avvicinatosi a Bernardo Provenzano, per i magistrati ha costituito un punto di riferimento mafioso per il controllo di lavori pubblici e l'imposizione del pizzo nel capoluogo siciliano. Uomo fidato dei boss palermitani, fra cui Nino Rotolo, ha gestito il racket, ed è stato uno dei più facoltosi costruttori della città, i cui beni per diversi milioni di euro sono stati confiscati. Negli anni Ottanta venne processato e assolto per 5 omicidi e una lupara bianca. Secondo l'accusa aveva eliminato i componenti di una banda di rapinatori che agivano senza il consenso di Cosa nostra. Venne fermato col suo guardaspalle e nell'auto venne trovata una pistola calibro 38 subito dopo due degli omicidi per cui venne rinviato a giudizio. Ma l'arma non era quella che aveva sparato e Bonura venne assolto per insufficienza di prove dalle accuse più gravi. Adesso era sottoposto al 41bis, il carcere "impermeabile".

Una circolare invita a segnalare detenuti malati e anziani per eventuali pene alternative. E la lista potrebbe comprendere l’intera Cupola di Cosa nostra

Il giudice di sorveglianza ha concesso gli arresti in casa sostenendo i motivi di salute per Bonura, sottolineando “siffatta situazione facoltizza” il magistrato “a provvedere con urgenza al differimento dell'esecuzione pena”. Ed escludendo il pericolo di fuga lo ha inviato a casa a Palermo, dove gli ha prescritto che "non potrà incontrare, senza alcuna ragione, pregiudicati" e inoltre, "lo autorizza" ad uscire da casa, ogni volta che occorrerà "per motivi di salute" anche dei familiari.

Il provvedimento fa seguito allo stato di emergenza in cui si trovano i penitenziari. E così per i mafiosi che stanno scontando la condanna, che per legge non possono usufruire di pene alternative, si aprono le porte del carcere. Su questo punto il 21 marzo scorso il Dap (l’amministrazione penitenziaria) ha inviato a tutti i direttori delle carceri una circolare in cui li invita a «comunicare con solerzia all’autorità giudiziaria, per eventuali determinazioni di competenza», il nominativo del detenuto, suggerendo la scarcerazione, se rientra fra le nove patologie indicate dai sanitari dell'amministrazione penitenziaria, ed inoltre, tutti i detenuti che superano i 70 anni, e con questa caratteristica sono 74 i boss che oggi sono al 41 bis. Fra loro si conta Leoluca Bagarella (che sta spingendo da tempo per avere gli arresti in casa) i Bellocco di Rosarno, Pippo Calò, Benedetto Capizzi, Antonino Cinà, Pasquale Condello, Raffaele Cutolo, Carmine Fasciani, Vincenzo Galatolo, Teresa Gallico, Raffaele Ganci, Tommaso Inzerillo, Salvatore Lo Piccolo, Piddu Madonia, Giuseppe Piromalli, Nino Rotolo, Benedetto Santapaola e Benedetto Spera.

Nelle scorse settimane, sempre per l'emergenza Covid19, è stato posto agli arresti domiciliari dai giudici della corte d'assise di Catanzaro, Vincenzino Iannazzo, 65 anni, ritenuto un boss della 'ndrangheta. Il suo stato di salute è incompatibile e in considerazione dell’attuale emergenza epidemilogica, con il carcere. Iannazzo, detto “il moretto”, è indicato come il capo del clan di Lamezia Terme (a luglio 2018 condannato anche in appello a 14 anni 6 mesi) e adesso torna a casa proprio nel cuore di Lamezia.

Sempre con la motivazione dell'incompatibilità carceraria, attende di andare a casa anche il capomafia Benedetto “Nitto” Santapaola, condannato definitivamente per diversi omicidi fra cui quello del giornalista e scrittore Giuseppe Fava, assassinato a Catania il 5 gennaio 1984.

Insomma, i mafiosi tornano a casa.

espresso.repubblica.it

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