Il carcere domani, il nuovo ordinamento. La magistratura non lascerą pił il detenuto in balia del suo destino
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STORIA Il carcere domani, il nuovo ordinamento. La magistratura non lascerą pił il detenuto in balia del suo destino 16/05/1974 

E' previsto il regime di semilibertà, licenze premio, affidamento al servizio sociale fuori dell'istituto di pena e il lavoro sarà obbligatorio e retribuito.

« Il carcere svolge un penosissimo servizio sociale; per che lo possa assolvere bene gli occorre la collaborazione del pubblico. La giustizia non può agire in un vuoto sociale, specie in queste sue derivazioni ». Lo afferma un alto magistrato, il dott. Giuseppe Di Gennaro (in foto ndr), consulente delle Nazioni Unite per i problemi di difesa sociale, membro del comitato europeo dei problemi criminali e, nell'ambito del nostro ministero di Grazia e Giustizia, direttore del l'ufficio studi e ricerche. E' lui che ha dato l'impronta ai nuovo ordinamento penitenziario il quale, in forma di legge, è già stato approvato dal Senato ed è ora all'esame della Camera. E' una delle riforme che da tanto tempo i detenuti reclamano. La sua caratteristica principale, secondo Di Gennaro, è quella della giurisdizionalizzazione dell'esecuzione.

In passato il potere, una volta emessa la sentenza, era indifferente al trattamento che veniva usato al condannato. Ora non più: la magistratura seguirà il detenuto nelle sue ulteriori vicende, le regolerà avendo anche la facoltà d'intervenire, attraverso la persona del magistrato di sorveglianza, in maniera decisiva. Sono previste istituzioni nuove, di fondamentale importanza per i detenuti: il regime di semi-libertà, la licenza, la liberazione anticipata, l'affidamento in prova al servizio sociale, quello che in altri Paesi esiste da tempo ed è denominato «probation system ».

Entrano nel carcere, assieme al magistrato di sorveglianza, il quale assume una più vasta gamma di poteri rispetto a quelli che ha avuto finora il giudice di sorveglianza, delle figure nuove: gli educatori, gli assistenti sociali, gli assistenti volontari. Si cerca di dar vita al « trattamento », cioè la rieducazione, la risocializzazione di cui fin qui si è parlato ma solo in via teorica. Si applicheranno altri provvedimenti a favore dei detenuti: una remunerazione più vicina a quella esterna; la gratuità del mantenimento; la cassa per il soccorso alle vittime del delitto. La semilibertà consiste nella concessione al condannato (cioè colui che ha una pena definitiva) e all'internato (che sta scontando una misura di sicurezza) di trascorrere parte del giorno fuori dall'istituto per partecipare ad attività lavorative, istruttive o comunque utili al reinserimento sociale. La licenza può essere concessa al condannato ammesso al regime di semilibertà, in più riprese per un totale massimo di 45 giorni al l'anno; per gli internati invece può essere di sei mesi nel periodo immediatamente precedente la scadenza fissata per il riesame della pericolosità e, una volta all'anno, una licenza di trenta giorni.

Un abbuono

La liberazione anticipata consiste in un abbuono di pena di venti giorni per ciascun semestre di pena detentivi scontata. Dell'affidamento in prova al servizio sociale fuori dell'istituto può beneficiare chi ha una condanna non superiore ai due anni e mezzo (tre per chi ha un'età tra i 18 e i 21 anni e oltre i 70). Il lavoro sarà obbligatorio per i condannati e la mercede non potrà essere inferiore ai due terzi di quella fissata dai sindacati; una paga quindi che viene ad essere forse superiore a quella di un operaio esterno, considerato che il detenuto è spesato di tutto, dal vitto all'attrezzatura per il lavoro. Ma soltanto l'internato percepirà l'intera mercede: l'imputato e il condannato godranno solamente i sette decimi; gli altri tre decimi verranno versati alla cassa per il soccorso e l'assistenza alle vittime del delitto, una delle nuove istituzioni.

Non sarà più richiesto al detenuto che ha scontato la pena il rimborso per le spese di mantenimento, cosa che in passato accadeva raramente, ma che costituiva una continua minaccia per chi era stato dimesso e faticosamente cercava di reinserirsi nella vita normale. E' prevista una assistenza alle famiglie e ai detenuti nel periodo immediatamente precedente la dimissione e per un congruo periodo successivo. Sono istituiti anche dei consigli di aiuto sociale di cui fanno parte diverse autorità locali, con il compito, tra l'altro, di favorire l'avviamento al lavoro dei dimessi dagli istituti di pena e di assistere le vittime del delitto.

Le società moderne, secondo il dott. Di Gennaro, hanno abusato del carcere, imprigionando insieme il grande criminale e il piccolo truffatore. « Un errore. Stigmatizza più il carcere che la condanna. E buttare insieme individui di ogni risma non fa che accrescere la falange dei peggiori. Oggi si parla quindi di una strategia differenziata. Il carcere non è la panacea per tutto, la sua funzione deve essere ridotta all'assoluta necessità. Questi criteri sono recepiti dalla nuova legge che introduce le misure alternative come la licenza, la semilibertà, ecc. ».

Si riteneva un tempo che la delinquenza fosse correlata a una situazione patologica mentale. « I nostri studi ci consentono di affermare che non è assolutamente vero — afferma il dott. Di Gennaro. — Nel mondo ogni cento uomini criminali ci sono soltanto dieci donne criminali. Nei manicomi invece metà sono uomini e metà sono donne; quindi non c'è correlazione tra malattia mentale e criminalità. La criminalità è qualcosa di diverso, che non conosciamo ».

Le diagnosi

Oggi, spiega ancora l'esperto, non si è in grado di dimostrare che un individuo è criminale per un determinato fattore, per una certa causa. Mettendo a confronto diagnosi di individui criminali con diagnosi di individui non criminali ci si accorge che entrambi hanno certi tipi di carenze; e taluni sono delinquenti, altri no.

Il trattamento, altra importante innovazione dell'ordinamento, dovrebbe servire a modificare almeno la personalità dell'individuo. E' una istituzione recente, ma già quasi in crisi. Ricerche negli Stati Uniti dimostrano che il tasso di recidivismo fra individui che escono da istituti dove si è fatto il massimo sforzo per questo trattamento e il tasso di recidivismo fra gli altri gruppi dove non c'è stato trattamento è esattamente uguale. « Però non lo si può considerare inutile — dice Di Gennaro, — se ha elevato il livello di umanità, se ha fatto progredire l'individuo nel lavoro, nello studio. Non è stata la medicina criminologica, ma qualcosa di diverso che ha raggiunto dei sub obiettivi. Ora noi tenteremo un tipo di trattamento diverso nel quale si darà grande importanza alla partecipazione del pubblico. Tendiamo ad avvicinare la comunità al carcere e a portar fuori il detenuto il più possibile ». Se il pubblico veramente partecipa alla rieducazione dei detenuti, cadranno, secondo il criminologo, quegli stereotipi che buttano il criminale dall'altra parte, lo rendono definitivamente nemico della società, lo percepiscono come tale e lo fanno autopercepire nello stesso modo. Come avverrà questo contatto tra il pubblico e la popolazione carceraria? Attraverso gli educatori, gli assistenti sociali, gli assistenti volontari che « possono cooperare nelle attività culturali e ricreative dell'istituto sotto la guida del direttore.

Il direttore generale delle carceri dott. Altavista giudica il nuovo ordinamento « altamente positivo », ma è preoccupato per gli impegni che esso prevede e che devono essere affrontati. Dice: « I ruoli indicano un numero di 410 educatori e 400 assistenti sociali per circa 30 mila detenuti. Sono assolutamente insufficienti per svolgere una azione efficace. E non facciamoci delle illusioni sui volontari: dovremo fare attenzione che non si offrano unicamente allo scopo di portare in carcere certe loro idee politiche ». Il dott. Di Gennaro considera il nuovo ordinamento « una creazione del futuro ». Però aggiunge: « Correremo gravi rischi perché i detenuti ci considereranno subito debitori nei loro confronti e noi non sapremo improvvisare da un giorno all'altro tutto il meccanismo che l'ordinamento prevede ».

La Stampa 16 maaggio 1974


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