Il ministro di Giustizia su Rebibbia: Gli agenti hanno fatto il loro dovere
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STORIA Il ministro di Giustizia su Rebibbia: Gli agenti hanno fatto il loro dovere 19/07/1972 

Gli incidenti del carcere romano discussi al Senato. L'on. Gonella (in foto ndr) ha risposto ad una serie di interrogazioni - La responsabilità sarebbe da attribuirsi soltanto ai detenuti che non accettavano il trasferimento a "Regina Codi" - "Non si potrà negare agli agenti il diritto di potersi difendere" - Prosegue l'indagine giudiziaria.

La responsabilità dei gravi incidenti avvenuti la notte di martedì scorso nel carcere di Rebibbia sarebbe da attribuirsi soltanto ai detenuti: ' niente "pestaggio" organizzato, ma semplice legittima difesa. Nel rispondere al Senato a una serie di interrogazioni, il ministro della Giustizia ha assunto in pratica la difesa d'ufficio degli agenti di custodia; sono stati aggrediti dai detenuti che non intendevano essere trasferiti nel carcere di Regina Coeli, hanno reagito. « Non si potrà negare agli agenti ai quali è affidato un ben duro compito — ha commentato l'on. Guido Gonella — ciò che non è negato ad alcun cittadino: il diritto di difendersi qualora sia aggredito specialmente mentre adempie il proprio dovere.

Non si capisce quale rappresaglia avrebbero dovuto esercitare gli agenti: perché? contro chi? non possono che desiderare l'ordine e la pace nel carcere ». Che fondamento hanno, allora, le notizie filtrate dal carcere ed il contenuto delle denunce presentate dai detenuti i quali si sono rivolti al procuratore della Repubblica sostenendo di essere stati picchiati, bastonati, feriti? Il ministro della Giustizia è stato categorico: nessuno. « Dai rapporti — ha sottolineato l'on. Gonella — risultano completamente destituite di fondamento quelle notizie secondo le quali sarebbero stati usati mezzi di coercizione come catene, fruste, riflettori abbaglianti. Fra l'altro, tali mezzi non sono neppure in dotazione né al corpo degli agenti di custodia né al carcere di Rebibbia. I rapporti stessi smentiscono nel modo più reciso l'affermazione, riportata da parte della stampa, secondo cui i detenuti sarebbero stati costretti a passare, abbagliati dai fari, in mezzo ad un corridoio di guardie per essere sottoposti a " pestaggio " con sgambetti e frustate verso i più solleciti a percorrere il corridoio stesso ». Il ministro, che ha dichiarato di attenersi « letteralmente » alle relazioni delle autorità carcerarie, ha detto che gli incidenti .avvenuti a Rebibbia sono da collegarsi allo sciopero organizzato domenica scorsa da oltre 200 detenuti i quali per protesta ruppero numerose vetrate, appiccarono fuoco ai materassi e si arrampicarono sulle terrazze. Il loro obiettivo era — come venne spiegato da una commissione di cinque reclusi a un magistrato della procura della Repubblica e ad alcuni giornalisti autorizzati ad entrare nel carcere — di ottenere al più presto:

1) la riforma dei codici e dell'ordinamento penitenziario;

2) il miglioramento del sistema con cui avvengono i colloqui fra detenuti e familiari; 3) l'apertura delle celle dopo le ore 15 per consentire a tutti i reclusi di comunicare fra loro liberamente; 4) la possibilità di lavorare e di seguire corsi di istruzione; 5) la distribuzione libera di tutti i giornali politici e di periodici; 6) l'abolizione della censura sui giornali per quanto riguarda la cronaca di Roma. L'assicurazione data dal magistrato di riferire alle autorità competenti — ha ricordato il ministro — indusse i detenuti a rientrare nelle celle. In ogni modo — ha sottolineato l'on. Gonella — le richieste non avevano alcun fondamento perché: Di corsi scolastici avranno regolarmente inizio nel mese di ottobre in analogia con quanto avviene nelle scuole statali; 2) i tavoli divisori nell'aula destinata ai colloqui di cui si è chiesta la soppressione rispondono « ad esigenze di ordine e di sicurezza nonché alla necessità di evitare contatti diretti fra le parti, contatti che potrebbero provocare, come talvolta è avvenuto, episodi di violenza e di recente si è lamentato un uxoricidio »;

3) per l'ammissione della stampa in carcere si è sempre seguito un criterio di «massima liberalizzazione».

L'episodio di domenica scorsa che era stato preceduto da un incidente analogo nel mese di maggio indusse la direzione del carcere a disporre il trasferimento di alcuni detenuti al fine — ha spiegato il ministro — «di allontanare coloro che, ricorrendo alla violenza, continuavano a turbare l'ordine dell'istituto ». L'operazione di trasferire 45 detenuti venne fissata per il giorno 11 luglio alle ore 22 « per ragioni di ordine interno ed esterno — ha osservato l'on. Gonella — in considerazione della persistente tensione nell'ambiente dei detenuti e della opportunità di evitare assembramenti pericolosi fuori dal carcere. (...) Nel corso del trasferimento, i detenuti hanno opposto una resistenza sempre più violenta agli agenti i quali, essendo, come è noto, disarmati e sprovvisti di qualunque mezzo di offesa, sono stati costretti a chiedere aiuto ad altri agenti di custodia. Sono accorsi allora piccoli nuclei di agenti muniti di sfollagente per ristabilire l'ordine. Perché — ha commentato il ministro della Giustizia — avrebbero dovuto ricorrere alla forza se non fossero stati nella necessità di difendersi da atti di forza? ».

A sostegno della versione fornita dalla direzione del carcere, il ministro della Giustizia ha fornito alcuni dettagli: gli agenti di custodia feriti negli incidenti sono 30 : ( lesioni guaribili fra tre e sette giorni) di cui tre sono stati i ricoverati all'ospedale militare del Celio per fratture; i detenuti rimasti contusi sono stati invece soltanto cinque con lesioni guaribili fra tre o cinque giorni. « Comunque ' — ha concluso l'on. Guido Gonella — un'indagine giudiziaria è in corso e non mancheremo di riferire al Parlamento le sue conclusioni per le eventuali determinazioni. Desideriamo solo la verità, nell'interesse stesso dell'amministrazione giudiziaria e de gli agenti di custodia».

Mentre il ministro rispondeva a Palazzo Madama alle interrogazioni dei senatori, il sostituto procuratore della Repubblica, Antonio Furino, proseguiva nel carcere di Rebibbia la sua indagine interrogando gli agenti di custodia e il direttore, dott. Castellano, e disponendo altri controlli medico-legali per accertare la fondatezza delle accuse formulate da alcuni detenuti. Uno, Bruno Ruggieri, che sostiene di essere stato picchiato nella notte di martedì scorso, ha denunciato al sanitario di avere difficoltà nel respirare e di avere « lancinanti dolori alle reni ».

Le spiegazioni del ministro hanno lasciato insoddisfatti quasi tutti senatori interroganti perché « episodi come quello di Rebibbia disonorano il Paese » mentre il sen. Martinazzoli (dc) ha invitato l'on. Gonella a seguire la istruttoria penale per valutarne le conclusioni.

La Stampa 19 luglio 1972


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