"Volevano che mi pentissi ma non mi pentirò mai. Ero disposto pure ad uccidermi". Lo ha detto il capoclan dei Casalesi Michele Zagaria questa mattina in videoconferenza dal carcere di Tolmezzo a margine del processo che lo vede accusato di associazione a delinquere di stampo mafioso ed in particolare per aver mandato messaggi dall'interno del carcere sia durante i colloqui con i familiari sia nel corso di un'udienza per omicidio, in corte d'Assise a Napoli.
Il boss detenuto al 41 bis, difeso dall'avvocato Paolo Di Furia, ha deposto dinanzi al tribunale di Napoli Nord, presidente Chiaromonte e al pubblico ministero della Dda di Napoli Maurizio Giordano.
Il boss, difeso dall'avvocato Paolo Di Furia, ha preso la parola in videoconferenza dal carcere spiegando come nel periodo finito nel mirino degli inquirenti dell'Antimafia fosse particolarmente "sotto pressione". "Mi volevano far pentire", ha riferito ma lui piuttosto avrebbe preferito farla finita. "Non mi pentirò mai".
Nel corso dell'udienza è stato sentito anche un ispettore della Polizia Penitenziaria che ha coordinato l'ascolto dei colloqui in carcere, in particolare quelli con i familiari. Nelle intercettazioni, secondo gli inquirenti, ci sono le prove che Zagaria avrebbe inoltrato messaggi all'esterno, come quando raccontò alla sorella un sogno in cui aveva immaginato "una lavatrice che bruciava". Il processo è stato così rinviato alla metà di gennaio.
Nel procedimento stralcio già terminato dinanzi alla Corte di Appello di Napoli sono state già condannate la sorella del boss, Beatrice Zagaria a tre anni di carcere, e le cognate a due anni.
Il magistrato Catello Maresca racconta come ha catturato Michele Zagaria: due puntate su Nove tv
Michele Zagaria in videoconferenza: nessuno mi farà mai pentire