Nelle case di rieducazione numerosi i figli dei poveri
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STORIA Nelle case di rieducazione numerosi i figli dei poveri 12/04/1972 

Su 309 minorenni, 17 su cento hanno il padre analfabeta e 45 su cento senza lavoro - Circa la metà appartengono a famiglie prolifiche - Il 37 per cento dei « disadattati » non ha neppure finito le elementari - Assurde e anacronistiche norme degli istituti - Censura sulla posta

Casa di rieducazione e carcere minorile, a Torino, hanno sede in un unico, vecchio edificio, il Ferrante Aporti. I disadattati, i discoli, i bisognosi di assistenza vicino ai rapinatori, agli omicidi, ai drogati. Una situazione paradossale, stridente che fa a pugni con i più elementari principi pedagogici ed educativi. « Le case di rieducazione per minorenni — dice l'articolo uno del regolamento approvato nel '39 — sono destinate ai minori che, per abitudini contralte o In dipendenza dello stato di abbandono in cui si trovano, dònno manifeste prove di traviamento ed apputono bisognosi di correzione morule ». Al 30 giugno 'Oli — secondo un'indagine autorizzata dal ministero — gli istituti di rieducazione in Italia erano 118 con 6278 minori ospitati; 40 gli istituti statali. 78 i convenzionati. 47 affidati ad enti religiosi. Su 32 istituti femminili, uno e statale, tutti gli altri convenzionati, 26 affidati a suore.

Amare conclusioni

Gli istituti sono distribuiti in 11 distretti, ognuno dovrebbe comprendere un centro di osservazione alcuni specialisti esaminano il ragazzo e indicano al tribunale i provvedimenti più adatti), un istituto di rieducazione, un riformatorio giudiziario per coloro che « si prevede commetteranno altri reati»), una prigione-scuola e una sezione di custodia (ragazzi In attesa di giudizio o condannati). La realtà è diversa. I centri di rieducazione o non esistono o sono mal distribuiti o si confondono. Il problema rieducativo spesso sostituisce quello assistenziale.

Il bambino non va a scuola (a volte perché non capisce quello che dice la maestra e gli altri non capiscono lui: l'unica sua lingua è il dialetto del Sud); oppure litiga con i genitori, soffre di turbe di carattere, la famiglia lo ha abbandonato, non ha parenti che si occupino di lui, chiede l'elemosina, commette i primi furti? Ha 80 probabilità su cento di finire in una casa di rieducazione. « Almeno un terzo dei ragazzi ricoverati — hanno constatato gli autori dell'Inchiesta autorizzata dal ministero — si trova rinchiuso in istituti inadeguati, con quantica di irregolari per condotta o per carattere, soltanto perché non hanno una casa in cui abitare o i genitori che li assistitilo ». Gli istituti danno un letto, cibo 3 volte al giorno, un briciolo di istruzione. Perché lamentarsi?

Sfogliamo i risultati di un'indagine su 309 minori (208 maschi, III lenimmo sottoposti a misure rieducative al Ferrante Aporti e a', Buon Pastore di corso Principe Eugenio. Troviamo anche qui, come per il carcere, le stesso radici: miseria e ignoranza, disadattamento e rifiuto sociale.

Provenienza regionale dei genitori. Il 58,6 per cento dal Sud e dalle isole; 23,4 per cento dal Piemonte e Valle d'Aosta; 6,1 da Torino città. Istruzione del capofamiglia. Analfabeti 17,1 per cento; con licenza elementare 24 per cento; con licenza media 3,2; con lu media superiore 1,3; un solo genitore (adottivo) con la laurea; di altri 128,1 per cento) non è stato possibile avere dati. Occupazione del capofamiglia. 40,4 per cento disoccupati o sottoccupati; 33 per cento salariati; 15,2 salariati presso grandi imprese; 6,1 artigiani ed impiegati; nessun dirigente industriale o funzionario pubblico; 0,3 per cento professionisti (genitori adottivi). Numero dei figli. Il 47 per cento delle famiglie dei ragazzi da rieducare conta più di 4 figli. Istruzione del minore. Il 37 per cento non ha terminato le scuole elementari; il 56,3 ha la licenza elementare; il 5,5 quella media; analfabeta l'1,3 per cento. Le conclusioni vengono da sé: nelle case di rieducazione (come più tardi nel carcere minorile) finiscono i figli dei poveri, degli immigrati, degli esclusi dalla scuola. La legge non prevede un'età minima per dichiarare « disadattato ii un giovane. Il bambino di 6-7 anni si può trovare, nell'istituto, vicino ai ragazzi di 18. Il ricovero viene ordinato dal tribunale del minorenni, su segnalazione di enti, privati, carabinieri o polizia. Che cosa trova il minore al momento di varcare la soglia di una casa di rieducazione? Il ragazzo, prescrive il regolamento, « viene presentato al censore il quale lo interroga e gli rivolge brevi parole di ammonizione e di incoraggiamento ». Dopo, il bagno, le « cure di nettezza », il a corredo » e il « vestiario uniforme ».

Futuro incerto

Nell'istituto i ragazzi giocano, frequentano !a scuola o corsi professionali. La scuola, secondo il legislatore « deve Innanzitutto far ben conoscere al minorenne quale sia stato l'errore da lui commesso disertando lu viu del dovere e. come egli possa ancora tornare degnameli : fra i buoni cittadini ». Attività sussidiarie: previste proiezioni cinematografiche, audizioni radiofoniche » e, autorizzate dal ministero, anche visite a musei, gallerie, a « importanti stabilimenti od opifici.

Obbligatorio « l'insegnamento del canto corale. I musicanti compongono un corpo bandistico che suona nei giorni festivi ». Negli istituti femminili « l'istruzione professionale è volta essenzialmente all'insegnamento dei lavori donneschi, sartoria, cucito, ricamo, ecc. ». Controllata anche la posta. " La corrispondenza che i minorenni desiderano spedire e quella che ad essi è indirizzata, sono esaminate dal censore che vi appone ti suo visto ". Il censore deve sottoporre all'esame del direttore la corrispondenza che contiene elementi speciali di giudizio o di apprezzamento a che consiglino provvedimenti nell'interesse dell'educazione del minore». D'obbligo la preghiera serale.

Prima di andare a letto stando ciascuno al proprio posto, i minorenni che non risultano appartenenti a un culto diverso, recitano la preghiera del culto cattolico: un Pater un'Ave e un Gloria ».

Un insieme di norme assurde. Un regolamento anacronistico, miope e repressivo, basato sul paternalismo, sull'autoritarismo e sulle punizioni. Tra queste c'è l'isolamento da 1 a 5 giorni, che si sconta « In camere aventi ciascun lato di lunghezza non inferiore a 3 metri ». I ragazzi, oltre che dagli agenti di custodia, sono assistiti da educatori, psichiatri e psicologi che periodicamente si riuniscono per esaminare ipotesi di lavoro sul singolo minore. Il futuro dei giovani « Internati » dipende soprattutto dall'opera di questi educatori. Ma sono troppo pochi rispetto alle necessità. " In Italia, il numero degli assistenti sociali che dovrebbero seguire e recuperare i nostri minori — ha scritto il dott. Gian Paolo Meucci, presidente del tribunale per i minorenni della Toscana — sono complessivamente pari a quelli operanti nella sola Ginevra ". Qual è il tipo di rieducazione al Ferrante Aporti? In parte, e se non altro come intenzione, si cerca di rimediare agli innumerevoli difetti del « regolamento -Dice il dirigente Andrea Bacci - Noi rifiutiamo i rapporti autoritari, il paternalismo, le punizioni severe. Cerchiamo di dare al ragazzo la massima libertà, di farlo agire autonomamente, di responsabilizzarlo. Purché chiudere cancelli e porte? Certo, alcuni sono fuggiti e noi siamo andati a cercarli. L'importante è dargli fiducia. Se si riesce a fargli superare le prime crisi, a fargli dimenticare le esperienze vissute, talvolta terribili, i ragazzi si riconquistano. Gli irrecuperabili sono molto meno di quanto si creda, spesso sono un'Invenzione della nostra cattiva volontà ».

La Stampa 12 aprile 1972

 


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