Prosegue inchiesta su Bergamo: con Porcino clima pesante, trovati anche cellulari in carcere
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NOTIZIE Prosegue inchiesta su Bergamo: con Porcino clima pesante, trovati anche cellulari in carcere 20/06/2018 

Il giudice delle indagini preliminari si era limitato a chiedere di alcuni episodi dell’ordinanza, venerdì. I pm Maria Cristina Rota ed Emanuele Marchisio hanno invece allargato il raggio delle domande sul carcere di Bergamo, ieri. Il direttore sanitario Francesco Bertè e il comandante della Polizia Penitenziaria Antonio Ricciardelli, 59 e 57 anni, ai domiciliari, se lo saranno aspettato. Sono stati interrogati il primo da mezzogiorno alle 14.30 e il secondo dalle 15.30 alle 19. La presunta finta malattia dell’ex direttore Antonio Porcino, 65 anni, in cella a Parma, l’utilizzo dell’auto e del personale del carcere per motivi privati, i falsi nei registri dei colloqui. Oltre alle ipotesi a carico degli indagati, ai pm interessa capire anche molto altro. Conoscenze, personaggi, intrecci. In una parola sola la gestione del carcere che Porcino ha diretto per 33 anni oltre che svolgere la funzione di reggente del provveditorato della Lombardia competente su 18 istituti penitenziari.

Lente sui farmaci
Per gestione si intende tutto. Cose, persone, rapporti, presunti trattamenti di favore ad alcuni detenuti. Anche le medicine. Una delle verifiche della Procura è sull’utilizzo di farmaci destinati ai detenuti, che quindi sarebbero dovuti rimanere all’interno delle mura di cinta di via Gleno ma che, invece, è il sospetto, sarebbero finiti anche fuori. Se in casa Porcino è ancora da verificare.

Le segnalazioni
Ora che sul carcere di Bergamo soffia la bufera e che sono scattati sei arresti, c’è chi si è fatto avanti con la Procura. Qualcuno attraverso segnalazioni anonime, mentre qualcun altro ci ha messo la firma. Non sono molte persone, ma tutte hanno suggerito ai pm qualcosa che a loro dire non andava nella gestione Porcino. Che cosa, non è dato sapere, ma si tratterebbe di diversi aspetti del mondo parallelo del carcere.

«Risse sminuite»
Un altro aspetto che la Procura vuole chiarire è se alcuni episodi in carcere sono stati sottovalutati o se su altri, come le risse tra detenuti, si è sorvolato evitando di annotarli e dunque di far emergere i problemi.

«Direttore aggressivo»
Dagli interrogatori di ieri è emersa la figura di un direttore del carcere «aggressivo», uno che vuole decidere lui, che se non si faceva come voleva lui si inalberava facilmente. E, quindi, secondo gli indagati, in carcere c’era un clima pesante di lavoro. Una sorta di dominio di Porcino. Si sapeva, è la versione emersa, ma nessuno ha mai fatto nulla. Anzi, il direttore venne promosso come reggente al provveditorato.

Il direttore sanitario
Camicia azzurra, avvocati Rocco Lombardo ed Emilio Tanfulla accanto, il dottor Bertè è stato il primo a salire al secondo piano, nell’ufficio della pm Rota. Dentro, il collega Marchisio, carabinieri e finanza. I magistrati gli hanno chiesto dei suoi rapporti con Porcino, soprattutto. Nei confronti di Bertè viene ipotizzato il falso della malattia dell’ex direttore. È sua la firma sulla relazione relativa allo stato di ansia e depressione. Lui avvia la procedura, ma non è competente a decidere sui giorni di malattia, ha risposto. I magistrati gli hanno chiesto anche dei rapporti con altri personaggi, tra cui l’assessore regionale al Turismo Lara Magoni. La telefonata di un indagato che diceva di averla votata e aver scattato la foto era con Bertè. Il dottore ha detto di conoscerla e di avere avuto contatti con lei, ma non la frequentava. Gli è stato chiesto anche della gestione del carcere, dei rapporti con i detenuti. In parte ha risposto, ma ha anche fatto presente che in via Gleno lavora tre ore, nemmeno tutti i giorni, e che si divide tra due studi dentistici e la sua passione per la scrittura.

Il capo della guardie
Completo giacca e pantalone nero, Ricciardelli è rimasto in Procura fino a sera. Assistito dall’avvocato Roberto Giannì, ha ammesso che gli incontri del procuratore di Brescia Tommaso Buonanno con il figlio Gianmarco (non è più detenuto) erano durati più di quanto indicato nei registri dei colloqui. Avvenivano nella saletta degli incontri con avvocati e giudici «per preservare l’istituzione», ha giustificato. Anche il comandante della penitenziaria ha parlato della più generale gestione del carcere. Dell’ambiente: «Ero sotto pressione». Del lavoro, tanto. Anche per questo motivo, per emergenza, è stata assunta la dottoressa.

Liberi gli imprenditori
I pm avevano dato parere favorevole alla revoca degli arresti domiciliari, dopo il lungo interrogatorio di sabato. Il gip ha deciso: gli imprenditori di Urgnano, Mario Metalli e la figlia Veronica, sono tornati liberi. Sono coinvolti nell’inchiesta per aver pagato Porcino. Per avere la gestione dei distributori automatici nel carcere di Monza, ipotizza la procura. Perché l’ex direttore chiedeva denaro dal 2015, quando presero in gestione il bar del carcere di Bergamo, e dicendo no temeva di perdere il lavoro, è la spiegazione di Mario Metalli.

Controlli nelle celle
Non c’entra con l’inchiesta, ma colpisce che l’intervento sia arrivato ora. Il dipartimento dell’amministrazione penitenziaria ha affidato a una sessantina di suoi agenti il compito di controllare le celle del carcere di via Gleno. Una bonifica, alla ricerca di cose che i detenuti non potrebbero avere con sé. A supporto, ieri mattina, c’era anche una ventina di carabinieri. Qualcosa che non va è stato trovato: alcuni cellulari.

bergamo.corriere.it


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