Sentenza dell'Europa a favore dei boss mafiosi: la CEDU contro l'ergastolo ostativo in Italia
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MAFIA 41-BIS Sentenza dell'Europa a favore dei boss mafiosi: la CEDU contro l'ergastolo ostativo in Italia 14/06/2019 

L'Italia deve rivedere la legge che regola l'ergastolo ostativo previsto dall'articolo 4-bis dell'Ordinamento Penitenziario, perché viola il diritto del condannato a non essere sottoposto a trattamenti inumani e degradanti. Così si è espressa la Corte europea dei diritti umani (CEDU) in una sentenza sul caso del detenuto Viola, in carcere dal 1992, condannato per associazione mafiosa, omicidi e rapimenti e sottoposto al regime speciale del 41-bis.

I giudici non negano la gravità dei reati commessi e la sentenza non implica nemmeno la liberazione di Viola a cui l'Italia deve versare però 6mila euro per i costi legali, ma contestano che il detenuto non può ottenere, come invece previsto per gli altri carcerati, alcun beneficio - permessi d’uscita, riduzione della pena, etc. - a meno che non collabori con la giustizia.

Con questa sentenza la CEDU svuota l'art 4 bis dell'ordinamento penitenziario, che prevede uno sbarramento automatico ai benefici penitenziari, alle misure alternative al carcere e alla liberazione condizionale, in assenza di collaborazione con la giustizia. La CEDU fa cadere la collaborazione con la giustizia ex art 58 ter o.p, come unico criterio di valutazione del ravvedimento del detenuto. I giudici di Strasburgo evidenziano che «la mancanza di collaborazione è equiparata a una presunzione irrefutabile di pericolosità per la società» e questo principio fa si che i tribunali nazionali non prendano in considerazione o rifiutino le richieste dei condannati all'ergastolo ostativo. Se l'Italia si adeguerà alla sentenza, anche i boss mafiosi condannati per le stragi e ai vertici della criminalità organizzata, in futuro potranno vedersi riconosciuti i permessi-premio previsti dalle Leggi e in qusto modo, vanificandodi fatto l'isolamento previsto dal 41-bis.

La Corte osserva che se “la collaborazione con la giustizia può offrire ai condannati all'ergastolo ostativo una strada per ottenere questi benefici», questa “strada” è però troppo stretta. Nella sentenza si osserva che la scelta di collaborare non è sempre “libera”, per esempio perché alcuni condannati hanno paura che questo metta in pericolo i loro familiari, e che «non si può presumere che ogni collaborazione con la giustizia implichi un vero pentimento e sia accompagnata dalla decisione di tagliare ogni legame con le associazioni per delinquere».

Presso la Corte di Strasburgo pendono già numerosi altri ricorsi contro l'ergastolo ostativo e dopo la condanna di oggi «potrebbero arrivarne molti altri», scrivono i giudici di Strasburgo nella sentenza. Il problema messo in luce oggi, per i magistrati, «è di natura strutturale» e richiede quindi, per essere risolto, un intervento, di preferenza legislativo, delle autorità. L'Italia dovrebbe quindi agire «con una riforma della reclusione a perpetuita' in modo da garantire la possibilità agli ergastolani di ottenere un riesame della pena». Questo, scrivono, «permetterebbe alle autorità di determinare se durante la pena già scontata il detenuto ha fatto progressi tali sul cammino della riabilitazione da renderne ingiustificabile il mantenimento in prigione».

Sulla legittimità dell'ergastolo ostativo, si pronuncierà anche la Corte Costituzionale il 22 ottobre prossimo, per la sospetta incostituzionalità dell’art. 4 bis per violazione degli art. 27, comma 3 e 117 Cost., in relazione all’art. 3 CEDU.

In assenza di ricorsi da parte della Repubblica Italiana, la sentenza sarà definitiva tra tre mesi.

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