Si sgombrano le carceri a Torino. Ancora duecento asserragliati nel sesto braccio delle Nuove
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STORIA Si sgombrano le carceri a Torino. Ancora duecento asserragliati nel sesto braccio delle Nuove 15/04/1969 

Nella notte, dalle carceri torinesi sono stati trasferiti 340 dei 1080 detenuti - Destinazione: case di pena della Sardegna, del Sud Italia e del Piemonte - L'interno della prigione è distrutto - Dopo due giorni di furia la situazione pare sotto controllo della polizia (tremila uomini fra carabinieri e agenti).

E' incominciato lo sgombero delle «Nuove» devastate da tre giorni di rivolta. « L'edificio è inabitabile — ci dice il medico del carcere, dottor Oseglia —. Soltanto il centro clinico, la sezione penale e quella femminile sono quasi senza danni. Tutto il resto sembra distrutto da un bombardamento ».

Dei 1080 detenuti, 820 dovranno essere trasferiti. Circa cento sono stati portati ieri ai carceri di Fossano, Saluzzo, Alessandria, Mondovì. Altri 250 sono partiti su un treno sociale e in camion per le prigioni .del Sud. Gli ultimi saranno, portati oggi a Porto Azzurro, Pianosa, Volterra, San Giminiano, in Sardegna.

Dopo due giorni di furia, ieri la giornata è passata calma. Ma c'era una forte tensione. E non si può affermare che la ribellione sia stata domata. In parecchi «bracci» la polizia non è potuta entrare e pare che nel sesto «braccio» 200-250 detenuti intendano resistere. Hanno scorte d'acqua e di viveri. Avrebbero coltelli e pugnali, di sicuro hanno lunghe sbarre. Circa tremila carabinieri e poliziotti circondano l'edificio per evitare evasioni. Gli agenti sono arrivati da Milano, Genova, Alessandria e Firenze, dalla scuola allievi guardie carcerarie di Cairo Montenotte. I carabinieri sono del battaglione mobile e della scuola di Moncalieri.

Nelle strade c'è folla di curiosi, ci sono madri e mogli di detenuti che fischiano la polizia. Nel pomeriggio sono arrivati un centinaio di studenti maoisti ed anarchici, hanno fatto circolare manifestini nei quali esaltavano ì motivi che hanno portato i detenuti all'insurrezione. Hanno cercato di bloccare i camion che portavano via i prigionieri, hanno lanciato sassi contro gli automezzi e la polizia.

Alcuni scarcerati ci hanno detto che la ribellione violenta è stata voluta da una minoranza. Circa 300 persone decise a tutto. Tra i « falchi» e le «colombe» ci sono state discussioni e risse.

Ecco la cronaca delle ultime ore. La notte della domenica è arrossata dagli incendi, il fumo sale denso da alcuni «bracci» e magazzini del carcere. Si sa che una cinquantina dì detenuti cercano una via per l'evasione. Con le fotoelettriche e con i bengala la polizia illumina la zona a giorno. A scopo intimidatorio spara in aria raffiche di mitra. Ogni tanto, i colpi secchi delle «lacrimogene» lanciate attraverso i finestroni. «Maledetti — urlano dall'interno. — Non ci arrenderemo mai ».

Ore 0,30. C'è folla in strada: polizia, carabinieri, vigili e pompieri, che però non possono raggiungere i roghi con le loro lance. Nessuno può varcare i cancelli dei « bracci ». Arriva un gruppo di prostitute e parecchi detenuti le riconoscono, fanno ressa contro le sbarre di una finestra, le chiamano: « Emilia, Laura, venite a consolarci, perché domani ci picchieranno ».

Ore 1,10. Una cinquantina dei più scalmanati si impadroniscono del magazzino viveri e danno fuoco alla cappella, entrano nell'officina del carcere e distruggono tutto quello che possono. Ma prima cercano grosse lime e coltelli, fabbricano altre armi da taglio. Alcuno cercano di opporsi alle distruzioni, ma sono malmenati, devono rifugiarsi nelle loro celle, altri si barricano nell'infermeria.

Ore 1,30. Nessuno dorme, stanotte. Non c'è luce perché la corrente è stata tolta e tutte le lampadine sono state infrante, ma i falò illuminano i corridoi. Zaffate di gas lacrimogeno entrano ovunque, fanno piangere e tossire. Si tengono consigli di guerra. Da un paio d'ore si cerca di forare un muro presso il reparto femminile per evadere. I mattoni vengono lanciati attraverso le inferriate contro i poliziotti: «Prendete le caramelle». Dalla strada sì sentono urla di rissanti e, ogni tanto, il rumore di un crollo. Le porte di tutte le celle sono già state forzate, parecchi muri divisori abbattuti. Ore 6. Si occupa l'ufficio matricola, si incendiano parte dei fascicoli personali. Esplode una « lacrimogena » vicino all'infermeria e il vicedirettore del carcere, dott. Taldone, trascina fuori quattro detenuti tubercolotici che lacrimano e sono squassati dalla tosse. Un drappo con una croce rossa viene teso al finestrone dell'infermeria.

Ore 8. I fuochi si sono esauriti, non si sentono più grida né rumore di crolli. Il direttore del carcere, dott. Di Piazza, ha la sensazione che una parte dei detenuti intenda consegnarsi spontaneamente, ma che tema la reazione dei più violenti. Questi non intendono arrendersi, si sono fatti scorte di viveri, saccheggiando i magazzini alimentari, e d'acqua, spezzando le tubazioni. Senza alcuna. ragione, soltanto per vandalismo, hanno fatto a pezzi le fognature di terracotta.

Ore 9,30. Uscendo dal carcere, il questore dott. Guida ci dice: <t Là dentro non c'è più niente che funzioni, se non in misura minima. Noi abbiamo garantito la sicurezza esterna: in modo assoluto nessuno può evadere. Non c'è altro che attendere le decisioni a livello ministeriale ».

Ore 10. Ci dice il procuratore della Repubblica dott. La Marca: « Se tra i detenuti ci sono feriti, ciò è dovuto alle risse tra le varie " correnti " del rivoltosi. Ho l'impressione che la situazione tenda a sbloccarsi, si ha un senso di riflessione generale ».

Ore 11. Da Roma giunge la notizia che il ministero di Grazia e Giustizia ha deciso di sgomberare le Nuove entro due giorni « anche con mezzi straordinari ». Si afferma che lo sfollamento avverrà con « vagoni volanti ». (Ma ciò risulterà poi inesatto: i detenuti saranno portati via con autocarri, pullman e treni).

Ore 12. La notizia del trasferimento si è sparsa in città e parecchie donne — madri e mogli del carcerati — sono venute alle Nuove; minacciose, urlano Insulti alla polizia. Anche i detenuti vengono a sapere del provvedimento. Alcuni si rassegnano, anzi sembrano perfino contenti di uscire da questa situazione. Altri sono rabbiosi: « Ci dovranno ammazzare tutti, ma non ce ne andremo ».

Ore 13. Tra la folla davanti al carcere circola il manifestino del « Movimento studentesco ». Vi si legge tra l'altro che « con grande maturità politica i detenuti hanno organizzato un comitato di base, che ha elaborato e ciclostilato una serie di rivendicazioni ». E poi: « I detenuti non sono soltanto rapinatori, ladri e sfruttatori, ma appartengono quasi tutti agli strati sociali che i padroni hanno condannato alla vita più misera e disperata ».

Ore 16. Padre Mario, uno dei cappellani delle Nuove, ci dice: « Il carcere non è più abitabile. Con mezzi di fortuna abbiamo preparato una minestra per gli ammalati. Attraverso ie sbarre abbiamo dato pane e formaggio agli altri ». I viveri saccheggiati sono tenuti come scorta. Ore 15. Parliamo con cinque scarcerati, per fine pena o in libertà provvisoria. Confermano le distruzioni. Tutti dicono che i vandalismi sono opera di una minoranza. « Rompevano per il gusto di rompere ». Affermano che una minoranza violenta impone la propria volontà: « Con il terrore, con randelli e sbarre. Chi proponeva la resa, veniva pestato ». 

Ore 16,30. Arrivano gli studenti maoisti. Della loro manifestazione diclamo a parte.

Ore 17. Dice il Questore: « Fra poco s'inizia l'operazione di sfollamento. Per ora ci preoccupiamo di quelli che accettano o addirittura sollecitano il trasferimento. Se ci sono " casi difficili " li affronteremo domani ».

Ore 17,30. Dal portone di corso Vittorio esce un camion dell'eserctto con i primi evacuati. Sono, una decina, ammanettati. Altrettanti ' carabinièri li scortano. Vanno a Fpssano., Poi esce un pullman diretto a Saluzzo e gli studenti lanciano sassi contro i vetri e contro l carabinieri. Nel corridoio ingombro di macerie dell'ufficio matricola, affluiscono detenuti che chiedono di essere trasferiti. Hanno pacchi con la loro roba. Aspettano. Il procuratore della Repubblica dott. La Marca ci dice: « L'operazione di sgombero avviene lentamente, ma ciò è dovuto alla necessità di ammanettare i detenuti, registrare i loro nomi, munirli di un pacco viveri e vestiario. Sono partiti tranquillamente anche alcuni promotori dell'agitazione. In seguito saranno esaminate le responsabilità di ognuno. Non colpiremo alla cieca. Ma se emergono reati, saranno perseguiti ».

Ore 20. Vengono incendiati due scantinati del terzo braccio, dove vi sono materassi e attrezzi di lavoro. Intervengono due squadre di vigili del fuoco. L'operazione di sgombero continua sema incidenti fino a mezzanotte. Con automezzi, i carcerati vengono trasferiti a Porta Nuova, proseguono su vagoni speciali.

Ore 23,45, Parte una colonna di 19 pullman e cellulari, con 235 detenuti, tutti incatenati. E' preceduta e seguita da camion e motociclette, di carabinieri. Una folla di familiari cerca di sbarrare il corso per bloccarla, ma non è molto decisa, si ritira. La colonna va a Genova, dove è stata noleggiata una nave traghetto, il « Corsica », che stamane alle 5 trasporterà i detenuti nelle carceri della Sardegna. Poi l'operazione di sgombero è sospesa. Sono stati trasferiti 340 detenuti. Le partenze ricominciano alle 6 di stamane. La notte continua nella' calma (i pompieri verso le 3 avevano spento il fuoco nello scantinato). Ma vi è una incognita: nel sesto braccio oltre 200 detenuti Ieri a tarda ora erano ancora decisi a resistere. Ma c'era discordia tra loro ,vi erano segni di scoraggiamento. Le Nuove stanno svuotandosi. Vi resteranno 260 persone: quelli della sezione infermeria e della sezione femminile .Secondo una prima e ottimistica valutazione, i danni superano li centinaio di milioni.

La Stampa, 15 aprile 1969


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