Un milione e 400mila condanne spazzate via dalle banche dati delle Forze di Polizia: a rischio quelle prima del 1994
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NOTIZIE Un milione e 400mila condanne spazzate via dalle banche dati delle Forze di Polizia: a rischio quelle prima del 1994 06/04/2019 

Cancellate all'improvviso. Un milione e 400mila condanne dovrebbero sparire subito dalla banca dati delle forze di polizia, più nota come Sdi (sistema di indagine). Sono quelle penali o le decisioni di sorveglianza speciale per le persone "pericolose" emanate prima del 1994.

Il Dpr attuativo delle norme sulla privacy, destinato ai dati dello Sdi, prevede dopo 20 anni, nei casi più gravi 25, la cancellazione dei precedenti. Totale e irrecuperabile. Il regolamento è in corso di approvazione e pubblicazione. Secondo gli esperti del Viminale, in assenza di modifiche scatenerà problemi di ogni genere. La questione sta per finire sui tavoli del comandante generale dell'Arma, Gianni Nistri, del numero uno della Gdf, Giorgio Tonchi, e in particolare di Franco Gabrielli, al vertice del dipartimento Ps.

Lo Sdi è interforze ma collocato presso la direzione centrale Polizia criminale dove da venti giorni è arrivato Vittorio Rizzi. Tra gli addetti ai lavori si parla di una vera e propria "mutilazione" del valore della banca dati dove ogni giorno poliziotti, carabinieri e finanzieri immettono dati. Gli esempi di attuazione delle nuove norme sono agghiaccianti. Un uomo di mezza età si aggira con fare sospetto davanti a una scuola, gli agenti però non possono allontanarlo se non ci sono precedenti nello Sdi.

In realtà il soggetto da giovane aveva avuto una condanna per pedofilia ma dopo 25 anni è stata cancellata dagli archivi informatici del Viminale. Un incubo. L'oblio scatta in media ogni 20 anni, peri reati più gravi dopo 25. Incide sui processi, se il giudice chiede accertamenti sui soggetti coinvolti nei procedimenti. Falsa le autorizzazioni: il questore può rilasciare una licenza o il porto d'armi senza sapere fatti o reati ormai spariti.

Riduce l'azione di prevenzione e indagine. Per le diverse inchieste di stragi avvenute 30-40 anni fa e ancora aperte l'effetto "mutilazione" è evidente. Certo, le discussioni accese tra l'ufficio del Garante della privacy oggi diretto da Antonello Soro e il ministero dell'Interno guidato da Matteo Salvini durano da diversi lustri. Ma l'attuazione delle norme sulla riservatezza per lo Sdi, a detta di tutti doverosa e incontestabile, rischia di sbattere contro esigenze di sicurezza nazionale sottolineate e rilanciate da Salvini e il governo presieduto da Giuseppe Conte. Giuseppe Tiani, numero uno Siap (sindacato italiano appartenenti polizia) ha inviato una lunga nota al Viminale.

La cancellazione dei dati Sdi prospettata dal Dpr "denota come la tutela della privacy venga anteposta agli scopi istituzionali delle forze di polizia" scrive Tiani. Prendiamo il caso, il 20 marzo, di San Donato Milanese, la strage sventata, grazie alla prontezza dei carabinieri, di 51 ragazzi su uno scuolabus guidato dal senegalese, cittadino italiano dal 2004, Ousseynou Sy, che ha dato fuoco al mezzo.

Dopo le numerose polemiche per i precedenti penali di Sy non verificati dalla sua azienda, il ministero dell'Interno ha inviato a prefetti e questori di tutt'Italia una prima direttiva del capo di gabinetto, Matteo Piantedosi, e poi una seconda del prefetto Gabrielli. Per sottolineare l'assoluta necessità di fare ogni genere di verifiche in caso di controlli ai conduttori di mezzi pubblici, in particolare se trasporti di minori. Facile, dunque, ipotizzare l'esempio aberrante: un autista con precedenti cancellati dopo 20 0 25 anni può scorrazzare in libertà. Il rischio cresce a dismisura, il potere dei controlli ha le mani tagliate.

Quasi inutile aggiungere come a giovarsi per primi di un oblio abnorme sono i professionisti del crimine, soprattutto quello oggi più subdolo e devastante. Insospettabili colletti bianchi collusi con la criminalità organizzata, grandi evasori, riciclatori di montagne di denaro sporco, dirigenti corrotti pubblici e privati. Come ha detto qualcuno sconsolato al Viminale "di privacy si può morire".

Il Sole 24 Ore


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