Un'intervista con il guardasigilli socialista Zagari: i tre nodi della giustizia
Home > STORIA

 

STORIA Un'intervista con il guardasigilli socialista Zagari: i tre nodi della giustizia 09/09/1973 

Carceri: lo Stato dispone di 100 miliardi, ma rimangono inutilizzati perché la legge è inapplicabile - A che punto sono le riforme dei codici - I giudici sono sufficienti (uno ogni 8 mila cittadini) ma occorre utilizzarli meglio - Presto un concorso orale per 600 cancellieri - Si può parlare di apoliticità del giudice?

Il governo ha dato la precedenza ad alcuni temi dell'economia gravemente malata, perché erano i più urgenti (vale sempre la massima primum vivere), ma ora non può ritardare la risposta ad altri pressanti problemi, tra i quali la giustizia. Durante l'estate abbiamo avuto la rivolta nelle carceri, la cronaca è stata ricca di notizie che dimostrano quanto inadeguato sia il modo di amministrare la legge. Valgano tre esempi: due coniugi sono stati rinchiusi in prigione a Palermo, con a casa sei figli, perché non avevano pagato l'ultima cambiale dell'apparecchio televisivo e il difensore non era ricorso contro la condanna a 14 mesi; per contro è stato scarcerato per decorrenza dei termini un boss della mafia siciliana con una condanna all'ergastolo, annullata dalla Cassazione, e tuttora in attesa che si rifaccia il processo per omicidio. L'arresto di alcuni ragazzi di Tortona, per il furto di un melone (o di alcuni meloni, come ha precisato ieri il giudice) ci ha fatto toccare con mano quanto sia negativa l'esperienza dei nostri cosiddetti riformatori. Dei nodi della giustizia parlo con il guardasigilli, il socialista Mario Zagari, nel suo ufficio di via Arenula. Gli argomenti dell'intervista sono tre, la situazione carceraria, le riforme dei codici, il ruolo del giudice. Sino a quando non avremo carceri più moderne e soprattutto un migliore ordinamento penitenziario, rimarranno parole vuote l'umanizzazione della pena, la sua funzione « redentrice ».

La detenzione oggi quasi sempre è avvilimento e abbrutimento, sovente scuola di crimine. Nessuno dei 252 edifici adibiti a carcere risponde a criteri moderni, neppure Rebibbia, che è del 1953, poiché lo stesso costruttore, dopo le recenti sommosse, ha pubblicamente dichiarato che il progetto si basava su una concezione sbagliata. Per costruire nuove carceri dal 1969 lo Stato ha a disposizione 100 miliardi, ma rimangono inutilizzati perché la legge è inapplicabile. In questi anni non solo non si è realizzato nulla, ma per effetto congiunto della perdita di valore della lira e dell'aumento dei costi nel settore edile i 100 miliardi del 1969 ora valgono sessanta. Troppi organi debbono essere consultati per decidere una costruzione. Zagari intende unificare le varie responsabilità, consultando tutti quanti insieme al fine di ridurre la perdita di tempo. «Abbiamo i soldi ma sinora nessun Comune ci ha offerto un'area. E dire che nelle principali città le vecchie carceri sorgono su terreni dì grande valore, per cui sarebbe vantaggio per tutti ricostruire altrove. Soltanto la Regione Toscana ci ha fatto una proposta: ci darebbe un'area idonea ma in cambio chiede le isole Capraia e Gorgona. Le "Nuove" di Torino. "San Vittore" di Milano. "Regina Coeli" di Roma, "Ucciardone" di Palermo sono bubboni che vanno eliminati». Quando? «Non lo so. risponde onestamente, ma intendiamo ricuperare il tempo perduto, anche perché la pressione dell'opinione pubblica incalza».

Più ancora che il carcere, come locale, è la lentezza dei processi che esaspera detenuti e parenti, e offende la società. Alla fine di luglio 14 mila 774 persone erano detenute in attesa del giudizio di primo grado: di esse 5302 si trovavano in cella da meno di 4 mesi; 3949 da quattro a 12 mesi; 1887 da dodici a 18 mesi; 1733 da diciotto a 24 mesi; 1616 da ventiquattro a 36 mesi, e 287 da oltre 36 mesi. E' possibile che si debba attendere in prigione così a lungo (il limite è quattro anni) una sentenza? L'attesa non avrebbe conseguenze gravi se si sapesse a priori che tutti i detenuti saranno condannati a pene superiori al periodo di detenzione preventiva. Ma non è così. Secondo calcoli approssimativi, dal venti al 30 per cento vengono assolti oppure condannati a pene inferiori a quanto hanno già scontato. La soluzione del problema carcerario richiede anche custodi più numerosi e meglio qualificati e un ordinamento penitenziario aggiornato.

«Gli agenti di custodia, dice Zagari, sono pochi e lo sono sempre di più a mano a mano che si possa da un sistema custodiate a un sistema conviviale. In Olanda ci sono più agenti che detenuti». Il lavoro di agente è ingrato (finiscono per essere anch'essi prigionieri) e pericoloso: di conseguenza si incontrano difficoltà di reclutamento. La legge sull'ordinamento penitenziario è al Senato e deve passare alla Camera. Volendo potrebbe essere pronta in pochi mesi. Essa, tra l'altro, prevede un regime di semilibertà (nell'ambito del Consiglio d'Europa soltanto Italia e Turchia non lo hanno ancora introdotto, e l'Onu di continuo ci sollecita ad approvarlo) e una nuova disciplina della liberazione anticipata. Passando all'argomento riforme (anche l'ordinamento penitenziario è una riforma) Zagari ricorda a che punto sono le innovazioni dei codici.

Il Senato ha approvato la riforma del primo libro del codice penale; il voto della Camera è probabile entro l'anno. Per il codice di procedura penale si è in attesa della legge delega; i lavori preparatori sono a buon punto. E' stata approvata la nuova normativa per le controversie individuali di lavoro, che rende più agile il processo. Il ministro non ritiene che si possa parlare oggi di una riforma integrale del codice civile: le esperienze degli altri Paesi suggeriscono che sia preferibile procedere per «blocchi». Anche noi siamo su questa strada: la Camera ha approvato un'ampia riforma del diritto di famiglia, che attualmente è all'esame del Senato. Urgente appare una nuova disciplina della società per azioni, e «sarebbe prova di provincialismo politico e culturale non tenere il massimo conto di quanto è stato fatto nella Comunità europea». Zagari infine parla del terzo argomento: la magistratura. «Non è vero che i giudici siano insufficienti: sono in rapporto di uno ogni 8 mila cittadini, rapporto più favorevole che in tanti altri Paesi. Occorre invece utilizzarli meglio, perché ci sono preture e tribunali dove non c'è quasi i nulla da fare, e preture e tribunali dove l'arretrato aumenta a dismisura». Ma se non mancano i giudici, mancano i cancellieri. Con la legge sull'esodo il passato governo prevedeva che se ne sarebbero andati in pensione 700/800, invece se ne sono andati duemila. Avverte Zagari: «Presto bandiremo con decito legge un concorso orale (solo colloquio, niente scritti per fare più in fretta) per 600 cancellieri. Ma per quanto le operazioni siano sollecite, i nuovi assunti non potranno entrare in servizio che nei primi mesi del 1974». (E intanto una più lenta giustizia aumenterà il periodo di detenzione preventiva dei carcerati e in compenso accrescerà il numero dei veri colpevoli che usciranno per decorrenza di termini).

Oggi il diritto è in crisi e lo prova anche il contrasto sulla funzione del giudice. Dice Zagari: «Cresce la domanda dì giustizia da parte dei cittadini e cambia la qualifica di questa domanda: sempre più spesso i cittadini si rivolgono al giudice non soltanto per la tutela di un interesse individuale, ma per ottenere il riconoscimento e la garanzia di interessi di carattere squisitamente sociale. Questo implica un notevole mutamento della funzione del giudice». Al congresso forense di Perugia un buon numero di avvocati ha applaudito Alfredo De Marsico, l'ultimo guardasigilli del regime fascista, allorché difendendo quel periodo affermò che allora la magistratura (a suo giudizio) seppe essere immune da deviazioni politiche, mentre adesso la politicizzazione «è la tabe che corrompe e che devia la giustizia». Quegli applausi significano che tra gli avvocati ci sono molti nostalgici? Zagari: «Significano che in una parte dell'ordine forense c'è ancora pigrizia ad adattarsi al nuovo ordine ». Si può francamente parlare di apoliticità del giudice? La politicizzazione disgrega la giustizia? Zagari: «La Costituzione ha voluto indipendente il giudice, e questa indipendenza ha la contropartita nel suo sforzo per l'imparzialità. Senza questo limite non sarebbe concepibile il giudice indipendente. Soprattutto deve avere la certezza del diritto. Ma qui bisogna intenderci. Finché il diritto ebbe uno scopo esclusivamente protettivo, il giudice aveva il compito di garantire i singoli e la collettività contro l'abuso e la sopraffazione: oggi che il diritto modifica la sua funzione — sia pure entro una fedele soggezione alla legge — spetta anche al giudice dare una concreta attuazione alle dichiarazioni programmatiche in materia sociale ed economica». Per completare il suo pensiero il ministro cita quanto scrisse nel 1972 Bonifacio, presidente della Corte Costituzionale: non potrà essere un buon giudice chi non sa cogliere i segni di una nuova realtà che faticosamente si fa strada sulle rovine della realtà di ieri.

La Stampa 9 settembre 1973


Google News Penitenziaria.it SEGUICI ANCHE SU GOOGLE NEWS