Via manganelli e pistole, si a corsi di non-violenza: ecco come Liberi e Uguali vuole ridurre i poliziotti
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NOTIZIE Via manganelli e pistole, si a corsi di non-violenza: ecco come Liberi e Uguali vuole ridurre i poliziotti 29/04/2018 

 

Non contano un fico secco ma cercano di fare danni. I pericolosi estremisti e razzisti anti-italiani di Liberi e Uguali vogliono disarmare le forze dell’ordine. La proposta delirante dell’estremista Loredana De Petris: via manganelli e pistole e corsi di non violenza per gli agenti. Così i terroristi dei centri sociali e gli immigrati possono massacrarli e ucciderli in assoluta tranquillità.

 

Celerino, posa il manganello e assumi la classica posizione di meditazione vipassana. Vedrai che così sconfiggerai il crimine. Con la sola forza del pensiero. O almeno questa è l’ idea della senatrice Loredana De Petris, di Liberi e uguali. Che ideona: disarmare gli agenti e iscriverli a corsi di formazione sulla pratica della nonviolenza. Il tutto è contenuto in un disegno di legge appena depositato nell’ archivio del Senato della Repubblica. Funziona – assicura De Petris – in altri Paesi già succede.

Le forza dell’ ordine vengono formate anche alla conoscenza e all’ uso delle risorse della nonviolenza. In Italia, informa la senatrice, ci sono rilevanti esperienze formative locali, ad esempio a Milano e a Palermo, riportate dalle pubblicazioni della professoressa Marianella Sclavi del Politecnico e dal professore Andrea Cozzo, dell’ ateneo palermitano. Ora si tratta di rendere il tutto obbligatorio per legge.

Che cosa significa polizia nonviolenta? Mahatma Gandhi voleva abolire l’ esercito, ma, bontà sua, riteneva necessaria la presenza di poliziotti per mantenere l’ ordine pubblico. Muniti di divise, sì, ma non di pistole. Le armi, secondo questa teoria, devono essere l’ eccezione assoluta. I disordini di piazza o le minacce dei malintenzionati vanno sedati a mani nude. Con la “collaborazione”.

Da diversi anni, scrive l’ esponente di Liberi e uguali nella relazione abbinata al suo disegno di legge, assistiamo a «episodi esecrabili che nel linguaggio dei media vengono indicati come “morti di Stato”. Sono storie di fermati dalle forze dell’ ordine e successivamente deceduti». De Petris fa i nomi di Stefano Cucchi, Federico Aldrovandi, Giuseppe Uva, Michele Ferrulli, Carlo Saturno. Sono casi, prosegue, che non avrebbero avuto «un esito fatale con opportune misure di prevenzione ed educazione alla nonviolenza».

I poteri delle forze dell’ ordine sono stabiliti dalla legge. Ma, accusa la senatrice eletta con Pietro Grasso, fioccano i casi di abusi. Si va «dai semplici pestaggi alla violenza durante manifestazioni ed eventi sportivi, sino a veri e propri casi di omicidi”. In alcune situazioni, precisa De Petris, la responsabilità è in capo a «singole individualità, quelle che i media chiamano “mele marce”, in altri casi si è trattato di vere e proprie operazioni illegali che hanno goduto dell’ appoggio esterno di alti funzionari dello Stato e della classe politica»

Colpa dell’ addestramento, accusa la parlamentare di sinistra, che prende dei pacifici cittadini e li abbrutisce. «È una forma di educazione – dice, – che tende a disumanizzare e a considerare pericolosi per l’ ordine sociale gli antagonisti, i ribelli, gli emarginati, i carcerati…». De Petris si sofferma sul caso dei No Tav: «Il movimento che più di tutti ha dovuto fare i conti con la violenza delle forze dell’ ordine in diverse occasioni». Ma non sono solo loro ad aver assaggiato il sapore del tonfa: «Molti lavoratori e studenti scesi in piazza a manifestare hanno dovuto subire violenti pestaggi e cariche inusitate».

La ragione di questa “violenza”, secondo l’ esponente di Leu, sta nell’ ignoranza delle nostre divise. Che mancano di «una consolidata e consapevole cultura dei diritti civili». Per rimediare a questa carenza è necessario e urgente «dotare le forze dell’ ordine delle cognizioni e degli strumenti che l’ ormai vasto campo di ricerche e di esperienze della nonviolenza mette a disposizione, poiché in situazioni critiche ciò può fare la differenza e finanche contribuire a salvare delle vite».

Il disegno di legge prevede quattro articoli. In cui si chiede di avviare il personale di pubblica sicurezza alla cultura del satyagraha, introducendo «le metodologie didattiche più idonee ad elevare la conoscenza e l’ uso dei valori, delle tecniche, delle modalità di servizio e delle strategie della nonviolenza». È fatto infine obbligo al governo di presentare al Parlamento una relazione annuale per riferire sullo stato di avanzamento del percorso. E per verificare quanto “gandhiane” siano diventate le nostre forze dell’ ordine.

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