Devastato il carcere di Trento: pił della metą delle celle distrutte dalla rivolta dei detenuti di ieri
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EVENTI CRITICI Devastato il carcere di Trento: pił della metą delle celle distrutte dalla rivolta dei detenuti di ieri 23/12/2018 

Quarantanove detenuti, i capi della rivolta, trasferiti d'urgenza per motivi disciplinari: è questa la prima risposta dell'amministrazione penitenziaria alla rivolta scoppiata ieri mattina nel carcere di Trento.

Un carcere modello, inaugurato appena sette anni fa: spazi per lo sport, la formazione professionale, celle spaziose, più domotica che secondini: e ieri devastato dai detenuti, tanto che la direzione ha chiesto di trovare un altro carcere per cento detenuti, oltre alla cinquantina cacciata per motivi disciplinari. La rivolta che ha devastato celle e spazi comuni è esplosa dopo la morte di un detenuto di origine tunisina, che si è impiccato di prima mattina.

Nel giro di pochi minuti la notizia del suicidio si è sparsa nell'intero carcere e centinaia di detenuti si sono scatenati, impadronendosi di interi reparti e asserragliandosi all'interno. La direttrice del carcere, Francesca Gioeni, si è reso conto rapidamente che la situazione era fuori controllo e che le forze della Polizia Penitenziaria non erano sufficienti a riprendere il controllo della struttura. Sul carcere sono confluiti a sirene spiegate rinforzi della penitenziaria e della celere. All'interno nel frattempo i detenuti si lasciavano andare a devastazioni e incendi, soprattutto appiccando il fuoco ai materassi.

Prefetto e questore hanno affiancato la direttrice Gioeni nella trattativa con i detenuti. Degli oltre duecento detenuti che avevano partecipato inizialmente alla rivolta, la maggior parte si è rassegnata a rientrare nelle celle, ma un gruppo di irriducibili ha rifiutato di arrendersi. In particolare i detenuti hanno fatto irruzione nella zona della lavanderia, dove una donna - dipendente di una ditta esterna - ha rischiato di trovarsi isolata con i ribelli, con i pericoli del caso, ma gli agenti sono riusciti a portarla all'esterno in tempo.

La trattativa si è protratta fino al pomeriggio, tra rivendicazioni collettive e decine di casi individuali raccontati dai detenuti. Intanto si cercava invano di dare una spiegazione al suicidio del giovane tunisino: l'uomo era in carcere per espiare una serie di condanne per traffico di droga, aveva chiesto la liberazione anticipata ed era in attesa dell'udienza, ma sarebbe comunque uscito nel maggio prossimo. Alla fine anche gli ultimi detenuti si sono arresi e in carcere è tornato la calma, ma sei agenti intossicati dal fumo son stati ricoverati. La Procura ha aperto una inchiesta sia sul suicidio che sulla rivolta. Un mese fa nello stesso carcere si era ucciso un detenuto nigeriano.

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Sul posto si sono subito recati 50 operatori delle forze dell’ordine insieme al Questore, il prefetto, e il governatore della Provincia di Trento Maurizio Fugatti (nella foto di lavocedeltrentino.it ndr) che ha monitorato la situazione fin dai primi istanti della rivolta.

Circa 300 detenuti hanno dato fuoco ad alcuni cassonetti e materassi creando una lunga scia di fumo vista da chilometri di distanza e hanno occupato un padiglione del carcere.

Sono state distrutte il 60% delle celle e degli spazi adibiti ai detenuti, oltre ai letti, alle telecamere di sorveglianza, a numerose porte a vetri, caloriferi e oggetti vari.

Nelle prossime ore saranno trasferiti circa 180 detenuti, anche se non sarà facile capire dove, visto che tutte le carceri italiane scoppiano.

Erano una cinquantina gli agenti pronti per intervenire che sono riusciti a bloccare il gruppo di rivoltosi che dopo aver scardinato una porta erano riusciti ad uscire sul prato del carcere che si affaccia sul muro di cinta. In quel momento la situazione era critica, e si è pensato ad un’evasione di massa.

Nel gruppo facevano parte anche dei criminali molto pericolosi.

lavocedeltrentino.it

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